Una manifestazione a Caracas contro l'insediamento della Costituente (foto LaPresse)

Maduro fa insediare il suo anti Parlamento e completa il regime

Maurizio Stefanini

Anche il Papa prende posizione contro la Costituente, ma il regime venezuelano va avanti come un bulldozer

Roma. L’Assemblea nazionale Costituente di Nicolás Maduro si è insediata nel Palazzo federale legislativo di Caracas, la sede del Parlamento legittimamente eletto e controllato dall’opposizione. Davanti a un gruppo di militanti in t-shirt rossa che il regime ha portato per l’occasione da tutto il paese, la Guardia nazionale bolivariana ha sfondato la porta del Salone ellittico: “enclave” di proprietà dell’esecutivo nel Palazzo federale legislativo, che permette di insediare i costituenti senza ancora arrivare allo scontro finale con l’Assemblea nazionale. L’opposizione ha iniziato a manifestare fin dal momento dell’insediamento, e ha annunciato grandi azioni di protesta.

Dopo le condanne di circa quaranta paesi che hanno dichiarato di non riconoscere il voto; dopo le dure prese di posizione dell’Unione europea e del Mercosur; dopo le sanzioni degli Stati Uniti; e, soprattutto, dopo lo scandalo della società incaricata di gestire il voto costituente, che a sorpresa ha confessato di aver collaborato a un colossale imbroglio, il regime ha deciso di proseguire con l’esautoramento del Parlamento venezuelano e l’instaurazione della nuova Costituente nata dal voto falsato di una settimana fa. Anche il Vaticano è intervenuto con un comunicato della Segreteria di stato che, per il linguaggio cauto della Santa Sede, suona come una presa di posizione risoluta: “Si evitino o si sospendano le iniziative in corso come la nuova Costituente che, anziché favorire la riconciliazione e la pace, fomentano un clima di tensione e di scontro e ipotecano il futuro”.

Dopo la confessione di brogli della società incaricata della gestione del voto, l’Assemblea nazionale (quella legittima) aveva richiesto alla Procuratrice generale di aprire un’indagine, e Luisa Ortega ha ordinato la sospensione dell’insediamento. Ma il tutto, appunto, è servito solo a ritardare la cerimonia. Il tempo di far deliberare al Tribunale supremo di giustizia controllato dal regime la nullità della sospensione. “Stanno facendo passare tutto per il Tsj, abbia competenza o no”, ha detto al Foglio Jennifer López, portavoce del vicepresidente dell’Assemblea nazionale Freddy Guevara.

 

Nel frattempo Antonio Ledezma, ex sindaco di Caracas e tra i leader dell’opposizione, è stato riportato ai domiciliari dopo l’arresto di qualche giorno fa. Resta in carcere Leopoldo López, così come il violinista Willuy Arteaga, mentre gli altri oppositori si rifugiano in ambasciate straniere.

 

Insomma, Maduro va avanti come un bulldozer, malgrado l’esortazione papale e malgrado l’ormai completo screditamento seguito alla già citata rivelazione di mercoledì. “Per lo meno un milione di elettori è stato aggiunto al conteggio finale” aveva denunciato Antonio Múgica a nome della società Smartmatic, parlando in conferenza stampa a Londra. La sua storia è emblematica della caduta in disgrazia del regime chavista, e merita di essere ricordata.

 

Classe 1974, ingegnere con la mania del voto elettronico, Múgica entrò in contatto all’inizio degli anni Duemila con Hugo Chávez, con cui condivideva il pallino di usare le moderne tecnologie per attuare l’antico ideale della democrazia diretta. Appena trentenne, Múgica ebbe la sua grande occasione al referendum revocatorio del 2004, con un appalto da 128 milioni di dollari per fornire un sistema di voto automatizzato, le macchine per votare e i relativi supporti. Da allora, tutte le elezioni in Venezuela sono state gestite da lui.

 

Dall’opposizione Múgica ne ha ricavato reiterate accuse di imbroglione. Dal governo, soldi a palate: 60 milioni solo per l’ultimo voto costituente. La Smartmatic si è così trasformata in un impero multinazionale che ha avuto un ruolo nell’organizzazione delle elezioni in 15 paesi, non solo vicini al chavismo come Ecuador, Brasile o Argentina, ma anche Cile, Messico, Armenia, Uganda, Zambia, Sierra Leone, Filippine, Estonia, Belgio, Regno Unito e perfino gli Stati Uniti. In quest’ultimo caso, la Smartmatic si è aggiudicata un contratto durante la celebrazione delle primarie repubblicane dell’anno scorso.

 

Dopo aver gestito il voto di domenica, però, martedì Múgica ha fatto uscire dal Venezuela una ventina di dirigenti dell’impresa, e mercoledì ha fatto l’annuncio bomba. “Un robusto sistema automatico di votazione permette di sapere, senza il minimo dubbio, che nelle elezioni dell’Assemblea nazionale costituente c’è stata manipolazione del dato di partecipazione”, ha detto. “Un controllo permetterebbe di conoscere la cifra esatta di partecipazione, ma la differenza tra la quantità annunciata e quella che risulta dal sistema è per lo meno di un milione di elettori”. Il milione di voti che farebbero precipitare l’affluenza da otto milioni di voti a sette. Secondo l’opposizione, però, i votanti effettivi sarebbero stati meno di tre milioni.

Il regime venezuelano ha tuttavia dimostrato che poco contano i conteggi dell’affluenza all’ultimo voto, e poco conta l’attinenza alla legge. Con l’insediamento della Costituente al posto del Parlamento legittimamente eletto, il regime di Caracas perde ogni parvenza di democrazia. E dire che tutto era nato con un sogno rousseauiano di voto online, potere al popolo e democrazia diretta.

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