1990, Helmut Kohl durante la campagna elettorale nell'ex Germania Est (LaPresse)

Il gigante "corrotto" e detestato dagli sciocchi che ci ha lasciato l'Europa

Giuliano Ferrara

Ha riunificato la Germania con un capolavoro dell'arte dello stato. Lo hanno crocifisso, ma ha taciuto fino all'ultimo. Kohl è nostro padre in molti modi diversi

Non so se interessino i dettagli politici, in epoca di moralismi farlocchi, ma Helmut Kohl ha riunificato la Germania. La cosa ha un certo valore, si connette alla completa riconciliazione politica con la Francia espressa da una stretta di mano sui campi di battaglia di Verdun, esprime e compie una vocazione nazionale notoria fin dai tempi di Otto von Bismarck, e prima ancora, ma si inserisce nell’avanzamento del più grande e fatale progetto di integrazione sovranazionale mai concepito in occidente, l’Unione europea. Dunque questa figura gigantesca ha avuto un rango mondiale e ha preso parte costruendo il futuro del mondo alla fine della Guerra Fredda, drammatico prolungamento in nuove forme delle guerre mondiali del Novecento.

 

Ecco, Kohl era tutto quello che gli sciocchi detestano. Un faticone della politica di partito, un tedesco grasso e mangione, torreggiante nei suoi quasi due metri, brusco e scostante, colloquiale e antipatico. Era un professionista, un membro autorevole e scorbutico delle élite, un maschiaccio capace di tenere testa a Margaret Thatcher, di imporre la sua agenda trasformando la chiacchiera retorica della Ostpolitik in un patto di ferro garantito da americani e sovietici, allora all’ultimo respiro, per rifare Germania ed Europa su basi democratico-liberali, riscattando una nazione perduta, la Germania dell’est, da uno stato di bancarotta socialista e di abbrutimento culturale e antropologico, testimoniato dalle opere di Christa Wolff e di Heiner Mueller. Gli abitanti della Repubblica democratica della Stasi e delle vite degli altri ebbero i marchi dell’ovest in rapporto di uno a uno, e Kohl ebbe con la Bundesrepublik la gloria difficilmente deperibile di un capolavoro dell’arte dello stato.

 

Inoltre, ed è un fatto saliente se si pensi a quante sciocchezze si dicono sul tema, Kohl era quel che si dice un “corrotto”. Trafficò per incanalare finanziamenti ingenti, prodotti da affari ben regolati sulla base del rapporto tra poteri (Mitterrand era della partita), in conti esteri e segreti. Per di più dalla sua bocca non è mai uscita una parola sulle origini e gli attori del complesso scambio di denari utili alle campagne elettorali e alla politica della sua amata Cdu. Lo hanno crocifisso per questo, ma l’uomo di stato ha taciuto fino all’ultimo. Una tragedia personale, con perdita della reputazione e perfino della carica di presidente d’onore del suo partito, che si è ripercossa, dopo la disfatta elettorale del 1998 contro Gerhard Schroeder, alla fine di sedici lunghi anni di regno sul paese e venticinque sul partito, in una vita estrema funestata dall’ostracismo, dalla malattia e dalla perdita della moglie malata. Il gigantismo di una grande storia politica si annida in simili particolari. Siamo figli di quel che Kohl ha saputo immaginare, dei tempi che ha saputo imporre alla politica europea e mondiale, delle scelte a ridosso della caduta del muro di Berlino, e siamo il prodotto, con la nostra brava moneta, degli accordi di Maastricht e della prefigurazione del futuro che Kohl ha scritto, insieme con Mitterrand, negli anni cruciali di rifondazione del nostro habitat statale e politico. Siamo la progenie di un istinto di calcolo, di un senso dell’amicizia e della necessità storica nei rapporti tra i popoli, Kohl è nostro padre in molti modi diversi, ed era uno delle élite, un uomo di partito, un uomo di stato di quelli che oggi ci sogniamo, e un corrotto, se vogliamo stare alle stupidaggini e alle aggettivazioni poco sottili dei bacchettoni che non hanno mai combinato nulla nelle loro vite.

 

Giulio Andreotti era un uomo intelligente, su questo non ci sono dubbi, e aveva una sua expertise in fatto di geopolitica, essendo sempre stato un uomo del Vaticano oltre che della Democrazia cristiana degasperiana e postdegasperiana: me lo ricordo quando disse in un parco romano che amava tanto la Germania – ed eravamo lì, nel mezzo degli eventi – che di Germanie preferiva averne due. Splendida battuta. Più splendido ancora il gesto sovrano della grande politica che ci diede un solo Kohl e una sola Germania come pegno per l’Europa.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.