Sondaggi choc, dibattiti evitati, che accade alla campagna della May?
A Londra il Labour rimonta (e si fa vedere in tv), i Tory entrano in modalità panico. Un esperto di dati ci spiega a cosa badare
Milano. Jeremy Corbyn, leader del Labour inglese, sente che è cambiata l’aria, che quel che un mese fa era improbabile ora diventa plausibile: il voto dell’8 giugno non è sinonimo di annientamento. Così Corbyn fa l’impensabile e si presenta al dibattito tv della Bbc cui aveva detto no, mai ci andrò, e, non pago, dice alla sua rivale nonché premier inglese Theresa May: vieni anche tu. La May, che dalle tornate televisive di questa settimana è uscita maluccio, si è così trovata nella posizione di dover dire di no, e di essere l’unica leader a non partecipare al dibattito elettorale con tutti i candidati – al suo posto ci sarà il ministro dell’Interno Amber Rudd. L’imbarazzo del premier non è sfuggito a nessuno e così ieri pareva, a leggere i commenti, che ormai May abbia perduto le elezioni, soprattutto se all’“imboscata” sul dibattito si aggiunge il sondaggio condotto da YouGov che sostiene l’indicibile, cioè che non soltanto il sogno di dominio dei Tory è infranto, ma che addirittura perderanno seggi, e avranno una maggioranza così risicata che ci sarà il “Parlamento bloccato”.
L'ultimo sondaggio condotto da YouGov
Piano, dice al Foglio Matt Singh, “prima bisogna guardare bene i dettagli del sondaggio, certamente è in controtendenza rispetto a tutte le altre rilevazioni”. Singh è diventato da qualche settimana analista elettorale per il Financial Times ed è famoso nel mondo del “data crunch” perché nel 2015 era l’unico a dire che i Tory avrebbero vinto e non ci sarebbe stato il pareggio che prevedevano tutti gli altri: aveva ragione insomma, e anche se l’immagine dei sondaggisti non si è comunque riabilitata, Singh oggi è molto seguito e probabilmente anche molto sotto pressione. Per questo non fa azzardi, studia i dettagli, ma spiega che buona parte della rimonta laburista è stata dettata “dai giovani e dalle persone che non hanno mai votato”, che sono quindi poco calcolabili, ma sono anche “meno affidabili, perché spesso parlano di intenzioni di voto, in realtà poi non si presentano a votare”.
Il fatto però che questi inaffidabili-incalcolabili siano ora “cruciali” giustificano le grandi preoccupazioni dei conservatori, che sono entrati nella modalità “panico” e ai cartelli elettorali dove prima c’era soltanto il nome del premier stanno mettendo anche “Tory”: l’asset più forte, la May con la sua popolarità e la sua leadership rigida ma ordinata, sembra che non basti più, e che anzi sia diventato portatore di debolezza.