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Ucciso il blogger che alle Maldive criticava l'islam radicale

Stefano Basilico

E’ stato trovato morto dal padre nel suo appartamento di Malé, ucciso con sedici coltellate al petto, al viso e alla gola. I problemi dell'arcipelago con l'estremismo islamico

Yameen Rasheed era un blogger maldiviano di 29 anni, noto nel paese per i suoi commenti satirici e critici dell’islam radicale. E’ stato trovato morto dal padre nel suo appartamento di Malé, ucciso con sedici coltellate al petto, al viso e alla gola. Il suo blog, “The Daily Panic”, si presenta come “l’unico sito di notizie delle Maldive” e “l’ultimo bastione di integrità giornalistica rimasto” nelle isole. Rasheed era anche coordinatore della campagna “Find Moyameehaa”, con lo scopo di ritrovare il giovane giornalista Ahmed Rilwan, scomparso nel 2014 e critico verso il governo e la crescente radicalizzazione nel paese. Entrambi i giovani erano stati oggetto di minacce da parte degli ambienti estremisti islamici. Rasheed aveva riportato gli abusi sul web alla polizia, che però non ha fatto nulla, e ha cercato di essere più attento nei suoi movimenti. La sua fidanzata, Celine Peroni, ha raccontato al New York Times che il blogger tornava a casa in taxi la sera e cercava di incontrarsi in luoghi con telecamere a circuito chiuso.

 

Il paradiso turistico, fuori dai resort di lusso, è caratterizzato dall’instabilità politica. Le Maldive sono una democrazia pluralista dal 2008. Fino ad allora, per un trentennio, un Parlamento senza partiti ha eletto ininterrottamente Presidente Maumoon Abdul Gayoom. Il suo successore, Mohamed Nasheed, venne sollevato con un golpe da polizia e sostenitori di Gayoom, e sostituito da un collaboratore dell’ex Presidente. Abdulla Yameen, Capo di Stato dal 2013, è il fratellastro di Gayoom. Ancora oggi la trasparenza è un miraggio e la legislazione ha molti elementi in comune con la Sharia. Nel 2012 vennero uccisi un blogger sufi censurato in passato, Hilath, e un deputato moderato, Afrasheem Ali. Nonostante le piste seguite dalla polizia portino altrove, secondo amici e collaboratori la responsabilità è di gruppi estremisti islamici.

 

La posizione geografica delle Maldive contribuisce alla loro instabilità politica: essendo nel cuore dell’Oceano Indiano sono storicamente nella sfera di influenza di Nuova Delhi, ma hanno ultimamente attratto l’interesse della Cina e dell’Arabia Saudita. Pechino punta a fare dell’arcipelago un punto di passaggio nella sua “Via della seta marittima”, mentre i sauditi si sono de facto comprati l’atollo di Faafu, con un progetto residenziale da 10 miliardi di dollari. Yameen nel 2015 ha tolto all’azienda indiana GMR l’appalto per la riqualificazione dell’aeroporto, girandolo ai cinesi in seguito alla visita di Xi Jinping e facendo infuriare Narendra Modi.

 

Proprio l’attivismo di Riyad nell’arcipelago è visto come una delle cause della crescente radicalizzazione del paese, in cui l’Islam era vissuto in maniera secolare e raramente le donne indossavano il velo. Il Principe Salman Bin Abdul Azeez durante un viaggio a Malé nel 2014 donò un milione di dollari al Ministero Islamico per finanziare moschee e scuole islamiche. I frutti del radicalismo hanno iniziato a crescere presto: si stima che i foreign fighters partiti dalle Maldive per combattere in Siria e Iraq siano tra i 50 e i 200, che su una popolazione di 400.000 sono una delle percentuali più alte al di fuori del Medio Oriente.

 

Il paradiso si sta trasformando in inferno, ma l’occidente che brinda asserragliato nei villaggi vacanze finge di non accorgersene.

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