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In Cina il nuovo modello di famiglia perfetta era illegale fino a due anni fa

Eugenio Cau

Ipocrisia dopo decenni di politica del figlio unico

Roma. Il governo cinese è così terrorizzato dall’idea di un tracollo demografico imminente che potrebbe pagare le coppie per avere un secondo figlio. Lo ha detto pochi giorni fa Wang Peian, viceministro della Salute nazionale e della pianificazione famigliare a un seminario sul welfare sociale. Secondo Wang, il principale problema che impedisce alle giovani coppie cinesi di procreare e avere un secondo figlio, a quasi tre anni dall’allentamento della politica del figlio unico e a un anno e mezzo dall’adozione ufficiale della politica dei due figli, è economico: crescere un bambino in Cina è costoso, le famiglie non hanno i mezzi e il tempo per permettersene due. Per questo il governo sta pensando di pagare i genitori di due bambini, attraverso sussidi indiretti o con dei premi di natalità: generi il secondo pupo e ti arriva il bonifico.

 

Quella di Wang, per ora, è solo una proposta, ma è il culmine di una campagna per la natalità che è tanto più tragica quanto è vicina nel tempo alle campagne di aborti e sterilizzazioni forzate che fino a pochissimi anni fa erano ancora in vigore in tutta la Cina. Decenni di soprusi, un’intera generazione di venti-trentenni costretta a non avere fratelli, una propaganda martellante che ormai ha messo radici nell’immaginazione dei cinesi, fatta di famiglie rigorosamente mononucleari composte da tre membri: madre, padre e figlio unico. Tutto questo è stato spazzato via in appena un paio d’anni, quando i demografi si sono accorti – lo avevano fatto da almeno un decennio, ma i burocrati comunisti hanno rimandato il problema fino a che non è stato troppo tardi – che la bilancia demografica cinese è già fuori equilibrio, la popolazione in età da lavoro inizierà a calare già nei prossimi anni, e l’aumento spropositato degli anziani creerà dissesti alle casse dello stato.

 

Così, una nuova mitologia sostituisce quella vecchia, incurante di anni di propaganda, e nell’immaginario dei suoi cittadini il governo tenta di creare un nuovo modello di famiglia perfetta, composto non più da tre, ma da quattro membri. Nelle ultime settimane, per esempio, i media di stato cinesi hanno dato discreto spazio a una ricerca, pubblicata inizialmente dall’agenzia di stampa Xinhua e successivamente da altri, come il China Daily, secondo cui le famiglie più felici sono quelle con due figli. Non un figlio, non certo tre, ché è ancora illegale farne così tanti, ma due: il numero perfetto della felicità genitoriale. La ricerca, fatta su un campione di poco meno di cinquemila genitori, in gran parti madri residenti nella provincia meridionale del Guangdong, enumera i piaceri della genitorialità multipla: vedere i due fratellini che giocano tra loro, avere finalmente la soddisfazione di generare un maschietto e una femminuccia. Se i figli sono due, dicono le mamme intervistate, i papà si occupano molto di più della prole. Certo, le difficoltà economiche raddoppiano, ma “la gioia spirituale portata dall’avere un secondo bambino mette in secondo piano i problemi economici per la maggior parte dei cinesi”, dice uno dei ricercatori. La famiglia a quattro era sostanzialmente illegale solo un paio di anni fa in Cina, ma oggi è promossa a prototipo perfetto, e questa, probabilmente, è una prova ulteriore dell’utilitarismo spietato con cui il governo mette a punto le sue politiche demografiche.

 

Questi cambi repentini di politica, anche se attesi da tempo, generano anche delle contraddizioni tragiche. Pochi giorni fa il sito cinese Sixth Tone ha pubblicato un’inchiesta in cui mostra come in molti villaggi rurali del paese esistano ancora delle quote di sterilizzazione rese obbligatorie dai governi locali. In certi minuscoli villaggi dello Yunnan, se i sindaci non raggiungono una quota di sterilizzazioni si vedono tagliare le finanze pubbliche dalle amministrazioni sopra di loro. Sono casi isolati, opera di piccoli mandarini locali “vecchio stile”, ma sono prova che la politica del figlio unico, a oltre quarant’anni dalla sua iniziale applicazione, ancora non ha smesso di fare danni.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.