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Cosa accade (anche alla politica) quando la giungla di Calais è smantellata

Mauro Zanon
E’ iniziato lo sgombero del campo profughi più grande di Francia, il simbolo della crisi migratoria che pesa sull’Europa. Ma la ripartizione dei migranti non sarà però così semplice come la presenta il ministro Cazeneuve.
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Parigi. E’ iniziato ieri lo sgombero della “giungla” di Calais, il campo profughi più grande di Francia, che negli ultimi diciotto mesi è diventato il simbolo della crisi migratoria che pesa sull’Europa. L’operazione, inedita per la Francia, potrebbe durare almeno una settimana, ma non è da escludere un ulteriore prolungamento a causa delle resistenze di alcuni gruppi di migranti, che nella notte tra domenica e lunedì sono già stati protagonisti di scontri con le forze dell’ordine. Sono 1.250 gli agenti di polizia mobilitati per garantire la sicurezza della maxi evacuazione cominciata ieri mattina attorno alle 6,15, circa 6.500 i migranti che lasceranno la città del nord della Francia per essere sistemati nei 450 Centri di accoglienza e orientamento (Cao) sparsi su tutto il territorio (creati lo scorso anno per far sì che i migranti di Calais presentassero la richiesta d’asilo), e 190 mila euro il costo giornaliero per il loro mantenimento, secondo quanto indicato dal ministero dell’Interno (la gestione dei centri costa 25 euro al giorno per ogni migrante, ha precisato ieri l’Opinion).

 

I primi sessanta autobus giunti nel campo di Calais – quarantacinque sono previsti oggi, quaranta mercoledì – hanno trasportato i migranti in un centro di accoglienza e orientamento situato in Borgogna. “Tutto si sta svolgendo in un clima di tranquillità e la situazione è sotto controllo”, ha dichiarato il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve. Tuttavia, stando alle dichiarazioni di Christian Salomé, presidente dell’associazione L’auberge des migrants, sarebbero almeno duemila le persone che “non vogliono partire”, perché vogliono raggiungere l’Inghilterra. “Sono molto preoccupato per il fine settimana – ha detto Salomé – quando resteranno soltanto le persone che non vogliono partire”. Versione confermata anche da Pierre Henry, direttore di France Terre d’Asile: “C’è un certo numero di resistenze”. Tra i recalcitranti ci sarebbero soprattutto numerosi migranti afghani, mentre i loro omologhi del Sudan e dell’Eritrea sarebbero i più impazienti di abbandonare  Calais e di essere installati in un altro centro.

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“Dovranno costringerci a partire con le maniere forti. Noi vogliamo andare in Gran Bretagna”, ha detto all’Afp un migrante afghano. Tra i 6.486 migranti candidati alla partenza, 1.291 sono minorenni. I candidati, che verranno distribuiti nei Cao di 11 regioni (Ile-de-France e Corsica sono le uniche escluse dalla ripartizione) vengono divisi in quattro file: maggiorenni soli, famiglie, persone vulnerabili e minorenni non accompagnati. La scelta della destinazione si effettua in un hangar di 3.000 metri quadrati. Ogni migrante ha la possibilità di scegliere tra le due destinazioni proposte e illustrate sulla mappa geografica dai funzionari dell’Ufficio francese dell’immigrazione e dell’integrazione. Una volta effettuata la scelta, i migranti ricevono il braccialetto del colore corrispondente alla regione in cui verranno sistemati, e dopo un’ultima sosta in una tenda del medesimo colore salgono sui rispettivi autobus. Tra i minorenni registrati, una piccola parte verrà inviata nel Regno Unito, tutti gli altri, invece, saranno distribuiti tra il centro di accoglienza provvisorio (Cap) di Calais, costituito da container, e il centro Jules Ferry.

 

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La ripartizione dei migranti negli 84 dipartimenti metropolitani scelti dal governo socialista non sarà però così semplice come la presenta il ministro Cazeneuve. Tra i comuni coinvolti nell’accoglienza, sindaci, consiglieri e abitanti stessi si stanno ribellando all’“imposizione dall’alto” di una quota migranti: c’è chi chiede un referendum popolare, come a Allex, a Champtercier e a Béziers, con il sulfureo Robert Ménard; c’è chi manifesta davanti alle chiese contro l’installazione dei centri, rispondendo all’appello del Front national che denuncia le “accoglienze forzate a spese dei contribuenti”; c’è infine chi si dimette assieme a tutta la sua giunta, come il sindaco di Saint-Bauzille-de-Putois, Michel Issert, per protestare contro il “diktat” del governo socialista, che impone in un comune di piccole dimensioni come il suo, 1.800 abitanti, un numero “sproporzionato” di migranti, 87. Lo smantellamento di Calais, che il presidente Hollande conta di utilizzare per scopi elettorali, ha fatto però urlare l’opposizione neogollista, Les Rébublicains (Lr), e il Front national che denunciano all’unisono un’“operazione arrivata con colpevole ritardo”, e la mancata selezione tra “i veri richiedenti asilo e i migranti economici”. Attacca Lionel Luca di Lr: “Sgombero della giungla di Calais, o come trasformare 6.000 migranti che vogliono andare in Gran Bretagna in 6.000 immigrati in più in Francia”.

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