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Abbandonato anche dai suoi, adesso Trump deve giocare in difesa

Il profluvio di abbandoni, smarcamenti sdegnati, spalle voltate e “disendorsement”, conseguenze del video in cui il Donald Trump di undici anni fa dice l’indicibile su una donna (e su tutte le donne), dimostra che forse nemmeno lui è completamente al di là del bene e del male. Questa volta non servirà
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New York. Il profluvio di abbandoni, smarcamenti sdegnati, spalle voltate e “disendorsement”, conseguenze del video in cui il Donald Trump di undici anni fa dice l’indicibile su una donna (e su tutte le donne), dimostra che forse nemmeno lui è completamente al di là del bene e del male. Finora aveva trasformato ogni boutade in un’arma politica raddoppiando la posta sul piatto, è andato all’attacco quando chiunque avrebbe ripiegato in difesa, si è lanciato oltre l’ostacolo quando qualunque senso della strategia avrebbe consigliato di abbassare l’asticella, ha sfruttato la logica delle sue famose “iperboli verosimili” per dire ciò che il politicamente corretto suggeriva di tacere a proposito di immigrazione, islam, globalizzazione, Cina, dichiarazioni dei redditi e via discorrendo. Il principio di non contraddizione e il senso del decoro sembravano non avere cittadinanza nell’iperspazio di Trump, fino alla comparsa di quel video esplosivo.
 
L’intraducibile e inqualificabile “grab by the pussy” è il picco negativo di tre minuti di commenti da caserma fatti nel 2005 sull’autobus di una trasmissione televisiva, con ammissione esplicita degli istinti predatori di un candidato-celebrity che si è formato alla scuola dello Studio 54. A un certo punto della carriera si è detto grato e stupito di non aver mai contratto malattie veneree. La sua linea difensiva è: “Non ho mai detto che sono perfetto”, ma questo è il primo caso in cui la sua campagna non può cavarsela andando un’altra volta all’attacco, facendo l’ennesimo “all in”. Questa volta tocca andare a passo di gambero per affrontare questa “october surprise” arrivata giusto 48 ore prima del secondo dibattito televisivo, quello in cui Trump era obbligato alla riscossa.
 
E’ la prima volta che un candidato alla vicepresidenza si dice “offeso” dalle parole del suo compagno di ticket, rifiutandosi di difenderlo e offrendo preghiere per la sua famiglia. Il primo evento elettorale congiunto con l’inviperito Paul Ryan è saltato appena lo scandalo si è fatto largo, e Trump ha affidato il compito a Pence, il quale poi si è a sua volta ritirato da un circostanza che sarebbe stata foriera d’imbarazzi. Una pezzo dell’establishment repubblicano ha ritirato il suo appoggio a Trump, chiedendo addirittura l’abbandono della campagna. L’ultimo a mollare il candidato è stato John McCain. Anche Melania, che al tempo del video era da poco diventata la terza signora Trump, ha detto di essere offesa dalle parole del marito, anche se lo ha perdonato. Il perdono, spera, è anche quello che l’America accorderà a Trump. L’ammissione di colpa è una immensa novità per la fedelissima moglie, che quando accusavano Trump di sessismo e tendenze predatorie senza fare una piega lo ha rappresentato come poco meno di un’icona femminista. Di fronte al disgregarsi della campagna, Trump questa volta deve giocare in difesa: “Non mi ritirerò mai”, ha detto. Qualche mese fa avrebbe detto che l’inciampo apparentemente sfavorevole gli avrebbe portato ancora più voti.
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