L’incubo tedesco di diventare la nuova meta del radicalismo islamico
Roma. Heinz Buschkowsky, storico sindaco socialdemocratico di Neukölln, enorme distretto di Berlino (325 mila abitanti) l’aveva detto un anno fa, dimettendosi dalla carica con dodici mesi d’anticipo: “Bande criminali arabe hanno il controllo di intere strade, studenti di quinta elementare che non sanno neanche parlare tedesco”. A Berlino, la capitale. Troppo anche per un tipo come lui, che della Spd è da sempre un peso massimo. Osservava i portoni delle scuole, dove gruppi di uomini distribuivano alle ragazze volantini in cui le si invitava a coprirsi da testa a piedi, lasciando visibili solo viso e mani. Guardava e, forse, preconizzava per Neukölln un destino alla Saint Denis, l’enorme banlieue nord parigina dove è pericoloso passeggiare anche la domenica a mezzogiorno nei dintorni della basilica.
Ahmad Mansour, psicologo arabo israeliano trapiantato in Germania e divenuto uno dei grandi esperti di islam, l’ha scritto: attenzione che ci stiamo perdendo i giovani musulmani, i figli dei figli di quanti, dal Dopoguerra in poi, hanno scelto il cuore d’Europa per costruirsi una vita e una famiglia. Nascono e crescono un po’ ovunque i ghetti, zone di nessuno che spesso sfuggono al controllo dello stato. L’emergenza migratoria, con i profughi accolti nel paese, ha solo acuito una tendenza visibile da tempo, ma che non aveva mai rappresenato un’emergenza come quella odierna. Anzi, ci s’era spinti anche a sostenere – come aveva fatto Angela Merkel – che “l’islam appartiene alla Germania” e che – parole del cardinale arcivescovo di Colonia, Rainer Maria Woelki – “chi dice sì ai campanili deve dire sì anche ai minareti”.
Proprio in questi giorni è tornato alla ribalta il destino della King Fahd Academy, la grande scuola di Bonn inaugurata nel 1995, sostenuta dai soldi di Riad e intitolata all’allora sovrano wahaabita. Tedesco e inglese sono considerate lingue straniere e dopo gli attentati dell’11 settembre del 2001 le autorità avevano anche sospettato che tra le sue aule si annidassero sostenitori di al Qaida. Nel 2003, si incitava alla guerra santa contro i non musulmani e nei testi si esalta chi combatte gli infedeli. Ha rischiato la chiusura, ma alla fine di un negoziato tra l’amministrazione locale e i sauditi, ha potuto continuare a lavorare senza revisione dei programmi di studio. Ora tutto torna in discussione.