La pista di collaudo della fabbrica di Togliatti (foto LaPresse)

Reportage da Togliatti, occasione persa in Russia

Marta Allevato
L’unica città russa con un nome italiano, Togliatti, da dove la Fiat ha motorizzato l’Unione sovietica, è anche la zona in cui l’Italia non ha più nessuna presenza industriale. Oggi sono altri i paesi europei che qui stanno sfruttando la politica d’incentivi agli investimenti esteri perseguita dalle autorità locali.

Togliatti. L’unica città russa con un nome italiano, Togliatti, da dove la Fiat ha motorizzato l’Unione sovietica, è anche la zona in cui l’Italia non ha più nessuna presenza industriale. Nonostante le sanzioni e la generale crisi economica che vive la Federazione, sono altri i paesi europei che qui stanno sfruttando la politica d’incentivi agli investimenti esteri perseguita dalle autorità locali, sulla scia della più ampia spinta alla localizzazione promossa dal governo russo. Siamo nella regione di Samara. Protagonista è il fiume Volga, che taglia la sterminata steppa, interrotta solo dalle colline Zigulì. Proprio questo nome qui rievoca ancora il ricordo dell’Italia: così si chiamava il primo modello di auto, sfornato nel 1970 dalle catene di montaggio della casa automobilistica AvtoVaz, create dal nulla quattro anni prima dalla Fiat di Vittorio Valletta, nell’antica Stavropol sul Volga, ribattezzata appunto col nome del segretario del Partito Comunista italiano. Un’impresa di grande audacia, in piena Guerra Fredda, che vide l’Italia imporsi su concorrenti come Ford e Renault e di cui a Togliatti si festeggia in questi giorni il 50° anniversario.

 


La fabbrica Fiat a Togliatti


 

“Quella visione pionieristica manca oggi al nostro business in Russia”, racconta al Foglio il console onorario di Samara, Gianguido Breddo, ricordando come, da quando è tornata in questo paese, Fiat-Chrysler non abbia più una presenza incisiva. “Le opportunità che la Federazione e questa regione offrono agli stranieri vengono colte con più intraprendenza da altri competitor”, fa notare Breddo. All’AvtoVaz - che oggi copre il 57 per cento del parco auto del paese ed esporta verso Cis, Egitto e Ue – d’italiano oggi rimane solo una foto con Gianni Agnelli all’ingresso degli uffici dell’immenso stabilimento nel quartiere Avtozavodsky. La capitale dell’automotive russa è in mano alla Renault-Nissan, che sogna di conquistare anche fette di mercato lasciate libere dai concorrenti stranieri, usciti in seguito al crollo delle vendite nel settore. Agli occhi di un imprenditore come Giorgio Verduci, la cui Autocomponent Engineering-2 fornisce componenti plastici per i maggiori produttori di auto russi, la Vaz è il simbolo dell’occasione persa del business italiano. Chimico tecnologo, Verduci è arrivato a Togliatti negli anni ’70 e non se n’è più andato, diventando testimone dell’evoluzione dell’industria automobilistica del paese.

 

“Senza una programmazione sicura di ritorno dei suoi soldi, Fiat-Chrysler non fa nessun investimento e in Russia non ha più realizzato nulla”, incalza l’imprenditore. Verduci ammette che “l’ambasciata a Mosca si sta muovendo con intensità per promuovere gli investimenti italiani, ma lo Stato non sostiene ancora in modo sufficiente chi vuole fare business, così gli italiani si muovono per lo più su iniziativa personale”. Si tratta di un modello d’imprenditorialità poco applicabile alla Russia di oggi, che non punta solo a importare tecnologia e know-how, ma a creare joint-venture e attrarre capitali stranieri. “Nonostante gli sforzi delle nostre istituzioni in Russia per proporre agli imprenditori di passare dal Made in Italy al Made with Italy, rischiamo di perdere il treno”, aggiunge Breddo, portando l’esempio di Parmalat (della francese Lactalis), che ha preceduto una “grossa ditta lattiero-casearia italiana” nell’acquisto di un impianto di produzione latte nella regione.

 

A vincere qui è la corazzata francese: istituzioni, mondo dell’impresa e un soft power fatto anche dalla fitta rete dei centri di cultura Alliance Francaise si muovono compatti e in stretto coordinamento, a fronte del frammentato mondo dell’associazionismo d’impresa italiano. Negli 80 chilometri che separano Samara e Togliatti, sono sparsi tre punti vendita Castorama, cinque Auchan e altrettanti Leroy Merlin, che ha progetti di espandersi ulteriormente. “Il più grande investitore nella regione è Renault-Nissan: tra il 2011 e il 2014, ha investito 1,6 miliardi di euro nella modernizzazione dello stabilimento”, spiega al Foglio Aleksandr Kobenko, ministro dello Sviluppo economico e degli investimenti della regione di Samara, snocciolando nomi e cifre della presenza di aziende a capitale straniero: oltre 450, tra cui GM-AvtoVaz (russo-americana), la russo-francese GC Elektroshchit-TM Samara, la russo-francese Tarkett (produzione di rivestimenti per pavimenti), la filiale della russo-britannica Coca-Cola Inchcap Hbc Eurasia, la russo-americana Pepsi International Bottlers e la russo-francese Danone-Volga che ha comprato per 23 milioni di euro la Samara-Latko.

 

Si tratta di comparti in cui l’Italia ha il suo peso e che vengono conquistati da altri attori internazionali. “L’Italia è al quarto posto per l’importazione di merci nella regione di Samara, per lo più con macchinari e prodotti plastici, cioè quelle merci che hanno il maggiore potenziale per progetti d’investimento congiunti in loco. – fa notare Kobenko - Francia, Germania, Spagna e altri paesi stanno gradualmente occupando la nicchia della produzione di merci, in cui è forte il vostro paese. Nel settore della componentistica auto, per esempio, al momento lavora una sola joint-venture con italiani, mentre la quantità di aziende miste con francesi e tedeschi viaggia su numeri a due cifre”. L’unico grande progetto d’investimento italiano nella regione di Samara, quello della Barbaro Group, che aveva acquistato la compagnia di navigazione Prime Shipping, è stato chiuso con la vendita della società a Rosneft.

 


La fabbrica Fiat a Togliatti


 

Togliatti è una delle 319 monogorod russe, gli insediamenti voluti dall’Urss dipendenti interamente da un’unica grande realtà industriale e che ora necessitano di ammodernarsi per passare a un modello economico più efficiente. La regione sta puntando molto sugli investimenti esteri e il fiore all’occhiello di questa politica è la Zona economica speciale (Zes) di Togliatti: un bacino di 71,2 milioni di potenziali consumatori nel raggio di mille chilometri, come spiega il direttore generale della Zes, Aleksei Pakhomenko. Ad accelerare la sua istituzione, nel 2010, fu proprio l’interesse di un’azienda italiana, la Pirelli, che doveva costruire qui una propria fabbrica. “Si erano già firmati gli accordi e all’ultimo si è sfilata, ma si è trattato di un cambio di strategia e invece che costruire un impianto nuovo, hanno acquistato quelli della Sibur (a Kirov e Voronezh)”, osserva Pakhomenko secondo il quale, “la crisi in Russia è solo di passaggio e oggi continuano a svilupparsi progetti”.

 

Tutte le speranze sono riposte nella politica dell’importozamesheniye, la sostituzione delle importazioni, lanciata dopo il varo delle sanzioni occidentali e che punta alla localizzazione dei partner stranieri. “E’ evidente che questo apre grandi possibilità per le aziende estere, perché non abbiamo abbastanza competenze per svilupparci in un ampio spettro di produzioni; - ammette Pakhomenko - possiamo o perdere molto tempo nel formare queste competenze o entrare in joint-venture con società che già le hanno”. Nella Zes si concentrano gli investimenti per tutto quello che riguarda la produzione di componenti per autovetture. Tra agevolazioni fiscali e doganali, il costo ridotto della manodopera e gli incentivi statali, Pakhomenko calcola che in tutto “si risparmia almeno il 30 per cento sul capitale iniziale d’investimento”. Le aziende residenti finora sono 17, di cui 13 straniere per lo più americane, turche e spagnole.

 

“Se si riescono a usare in modo efficiente i vantaggi offerti dalla regione e le forme di sostegno previste dallo Stato, i progetti d’investimento saranno di successo e con il minimo rischio”, assicura il ministro Kobenko, secondo il quale la situazione attuale nella regione “non corrisponde al potenziale che vi è nella cooperazione con l’Italia”. “Tutto quello che gli italiani vogliono esportare possono farlo qui, ma in modo più economico: auto, abbigliamento, agroalimentare”, invita il sindaco di Togliatti Serghei Andreev. Agli stranieri che vogliono lavorare con la Russia, il governo risponde di lavorare in Russia, soprattutto nei settori colpiti da sanzioni e contro-sanzioni. In questo riassestamento del business, le autorità italiane sono impegnate nel presentare alle aziende tutte le opportunità del mercato, ma si scontrano con la natura stessa della nostra presenza nel paese, fatta di piccole e medie imprese, con pochi grandi gruppi industriali, e ancora focalizzata sull'esportazione piuttosto che sull'investimento produttivo.

 

Le società che con successo stanno affrontando la crisi economica - che con la svalutazione del rublo ha penalizzato gli importatori - sono Cremonini e Ferrero, entrambe con loro stabilimenti in loco. “La città di Togliatti ha due genitori: l’Italia e l’Unione sovietica”, tiene a sottolineare il sindaco Andreev. Alle celebrazioni per l’anniversario dell’accordo con la Fiat, organizzate questa settimana dalla AvtoVav, tra proiezioni di filmati d’epoca e fuochi d’artificio, non parteciperanno però né delegazioni da Torino, né delle istituzioni italiane.

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