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In Francia la Brexit diventa il banco di prova decisivo per il Front National

Redazione

Le divisioni a destra e sinistra su cosa fare dopo la vittoria del "leave" nel Regno Unito fomentano le speranze di Le Pen.

 

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"E' la vittoria della libertà". Marine Le Pen stamattina presto ha esultato alla notizia della vittoria della Brexit e ha rilanciato l'idea di un referendum simile anche in Francia. Nel paese l'attenzione generale si è concentrata subito sulla presidente del Front National (Fn), parente stretto con qualche distinguo dell'Ukip di Nigel Farage. Il tormentone delle ultime ore è la "Frexit", la proposta che Marine ripropone da anni, almeno dal 2013, ma che da stamattina è tornata su tutti i principali giornali francesi. La vittoria del "leave" nel Regno Unito è un banco di prova per il Fn per testare davvero quale sarà la reazione del mondo dell'economia e della finanza al divorzio di un paese membro dell'Ue. Un anno fa, l'ipotesi poi tramontata della Grexit aveva già posto il problema delle conseguenze dell'uscita di Atene. Ora, dicono gli opinionisti, è il momento della verità per i nazionalisti francesi: se il terremoto dell'economia e della finanza britannica che molti temono non dovesse verificarsi, il Fn potrebbe trarne giovamento dal punto di vista dei consensi. Già stamattina Le Pen ha assicurato che "l'isteria dei mercati" non la spaventa. E Florian Philippot, alto esponente del partito, ha tranquillizzato tutti dicendo che una riproposizione francese del referendum sull'Ue è "possibile" senza che questa generi "un'apocalisse". All'indomani del voto nel Regno Unito, il Fn sembra il partito con le idee più chiare sul da farsi. Il programma, nei piani ribaditi più volte da Philippot negli ultimi anni, prevede una vittoria alle presidenziali e la convocazione di un referendum sulla Frexit entro sei mesi dall'insediamento. La prospettiva è difficile (lo scorso aprile i sondaggi dicevano che il 61 per cento dei francesi giudica il Fn una minaccia per la democrazia), ma secondo Olivier Faye del Monde, l'intenzione di Le Pen dopo la Brexit è di "puntare ancora di più sull'euroscetticismo".

 

La frammentazione politica a destra e a sinistra permette d'altronde di sognare. Alain Juppé dell'Ump parla di "choc storico per la Gran Bretagna" e dice che la vittoria del "leave" è il risultato della politica di allargamento dell'Ue che "va fermata” (con un chiaro riferimento alla Turchia). Bruno Le Maire dei Repubblicani si dice invece favorevole a un referendum, per "un'Europa con frontiere chiare, determinate, stabili, che non includono la Turchia". Ma il presidente del suo stesso partito, Nicolas Sarkozy, resta più cauto, pur proponendo una "revisione dei trattati" per ristabilire il controllo alle frontiere e bloccare l'allargamento. "Ma l'Europa a 27 non può più funzionare alla stessa maniera di quando era a 28 e la questione di una sua rifondazione è urgente", ha sottolineato l'ex presidente francese. A sinistra le divisioni seguono la stessa geometria variabile. Il presidente della Repubblica, François Hollande, ha definito la Brexit una "scelta dolorosa", ma ha rassicurato che "l'Europa è una grande idea", e che la Francia lavorerà "per assicurare sicurezza, investimenti, crescita dell'impiego, armonizzazione fiscale e sociale". Ma se la "rifondazione europea" è la parola chiave dei socialisti, l'ala più radicale rimette in dubbio l'adesione francese all'Ue, accusata di rappresentare una mera unione dei mercati. Così, mentre Jean-Luc Mélanchon del Partito di sinistra propone di “recedere dai trattati", l'esponente dei Verdi Cécile Cuflot parla di "Europa confiscata dai tecnocrati e dai liberali".

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