La gran rivoluzione dell'università inglese tutta merito e responsabilità
Milano. Il Libro bianco sull’istruzione presentato lunedì in Inghilterra ridefinisce, scrive il Guardian, gli ultimi cent’anni di rapporti tra le università, lo stato, i professori e gli studenti. Il governo conservatore di David Cameron lavora da tempo a questa rivoluzione, perché l’eccellenza britannica va a braccetto con il suo sistema universitario, che in questi anni ha iniziato a mostrare qualche rigidità di troppo. Soprattutto: un quinto dei laureati non trova lavori adeguati al titolo di studio; circa due terzi degli studenti dicono che il corso di laurea è stato inferiore alle aspettative; le aziende si lamentano del fatto che dalle università non escono potenziali dipendenti sufficientemente preparati e, secondo il Chartered Institute of Personnel and Development, più della metà dei laureati ha un’occupazione per la quale la laurea non serviva nemmeno (ci si è indebitati per niente, insomma, e la possibilità che il debito sia ripagato s’abbassa).
Per far sì che la competizione sia equa, il Libro bianco prevede l’istituzione di due organi: devono essere anche gli studenti “a guidare il cambiamento”, secondo quella “rivoluzione della trasparenza e della responsabilità” che è stata introdotta nel dibattito conservatore da Steve Hilton, ex guru a piedi scalzi di Cameron. Ci sarà un Office for Students, che permetterà agli studenti di valutare l’operato dei professori sulla base di regole prestabilite in modo da evitare che l’organo si trasformi, in poco tempo, in un ufficio reclami per gli studenti e ancor più per i loro apprensivi genitori. Questo ufficio lavorerà assieme al Teaching Excellence Framework, un meccanismo che permette di stilare una classifica di eccellenza per i corsi, i professori e gli atenei. Se due operazioni trasparenza si devono confrontare, è più probabile che i dati sfornati siano attendibili, che capricci, nepotismi e baroni si ritrovino esclusi, e che il prezzo del prodotto sia quello giusto.