Due poliziotti a Bruxelles, davanti al museo ebraico

Mentre la Ue marchia Israele

Perché gli ebrei scappano da Bruxelles

Giulio Meotti
Bruxelles è impegnata in una guerra diplomatica a Israele, con la marchiatura e il boicottaggio dei prodotti degli insediamenti ebraici (l’appello del Foglio contro questa decisione ha già raccolto cinquemila firme).

Roma. Bruxelles è impegnata in una guerra diplomatica a Israele, con la marchiatura e il boicottaggio dei prodotti degli insediamenti ebraici (l’appello del Foglio contro questa decisione ha già raccolto cinquemila firme). Domenica il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha escluso l’Unione europea dai negoziati con i palestinesi. Intanto, dalla capitale della Ue gli ebrei se ne stanno andando.

 

Lunedì il Telegraph ha raccontato la drammatica storia di Betty Dan, storica leader della comunità ebraica di Bruxelles, dove ha diretto la radio comunitaria, che ha deciso di fare le valigie e lasciare il paese alla volta di Israele. “Fino a qualche anno fa erano i pensionati a partire”, ha detto Dan. “Oggi sono le coppie con figli, vendono casa e lasciano tutto. Hanno paura”. La settimana scorsa, mentre l’esercito cingeva d’assedio la capitale temendo un attacco “imminente” dopo i massacri di Parigi, la Grande sinagoga di Bruxelles è rimasta chiusa per la prima volta in settant’anni. Non accadeva dalla fine dell’occupazione nazista. “La gente oggi prega a casa”, ha detto Avraham Guigui, rabbino capo della città. “Non c’è futuro per gli ebrei in Europa”. Una campagna sui social network porta il titolo “Io sono belga, io sono ebreo. Devo andarmene?”. Una comunità ancora cospicua con 40 mila iscritti.

 

Sara Brajbart-Zajtman, filosofa e attivista che ha lanciato la campagna virale, denuncia: “Le scuole sono barricate, bambini ebrei subiscono abusi nel cortile della ricreazione, uccidono le persone perché ebrei. Questo è ciò che ha fatto Hitler…”.

 

In un anno ci sono stati 130 attacchi antisemiti in Belgio, il doppio dell’anno precedente (il più grave è l’attacco al Museo ebraico di Bruxelles, che causò quattro morti). “Non avrei mai pensato di dover nascondere il quotidiano ebraico nel metrò”, ha detto Betty Dan. Intanto ci si prepara all’eventualità di un attentato. Zaka, l’organizzazione israeliana che interviene dopo una catastrofe o un attentato, alcuni giorni fa ha simulato proprio a Bruxelles un attacco terroristico con decine di morti.

 

La più antica scuola ebraica della capitale belga, intitolata al grande pensatore medievale Maimonide, ha chiuso per gli attacchi antisemiti e la mancanza di studenti. Il trenta per cento della popolazione di Bruxelles (un milione) è musulmano e diventerà maggioranza fra tre generazioni. Il quotidiano De Morgen ha pubblicato i risultati di un sondaggio tra i giovani musulmani nelle scuole superiori di Bruxelles: “La metà può essere definita  antisemita, un tasso molto alto”, ha detto Mark Elchardus, sociologo della Vrije Universiteit Brussel.

 

Non è un caso che l’ambasciatore degli Stati Uniti in Belgio abbia incolpato Israele per l’antisemitismo tra i musulmani. Howard Gutman ha detto che “si dovrebbe distinguere tra l’antisemitismo tradizionale, che dovrebbe essere condannato, e l’odio dei musulmani verso gli ebrei, che deriva dal conflitto in corso tra Israele e i palestinesi”.

 

A fomentare questo grande sospetto nei confronti di Israele e degli ebrei è stato proprio il sindaco di Molenbeek, il sobborgo epicentro oggi della campagna jihadista in Europa, dove viveva anche Mehdi Nemmouche, il terrorista che ha realizzato la strage al Museo ebraico della capitale belga. Si tratta di Philippe Moureaux, socialista e primo cittadino di Molenbeek dal 1992 al 2012. Un ventennato che lo ha portato a essere chiamato “il fondatore di Molenbeek”.

 

[**Video_box_2**]“Mi rattrista come gli ebrei oggi neghino ai musulmani il diritto alla diversità”, ha detto Moureaux. “Molti hanno interesse a dividerci” ha detto poi Moureaux dopo l’attentato a Charlie Hebdo. “Stanno cercando di creare l’odio per gli arabi qui in occidente, al fine di giustificare le politiche dello stato di Israele”. Lo scorso weekend, il capo dell’esercito di Israele, generale Gadi Eisenkot, ha compiuto una visita lampo proprio a Bruxelles. Per parlare anche della sicurezza degli ebrei della capitale dell’Unione europea. Dove ormai ci sono più niqab islamici che kippah ebraiche.

 

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.