Il premier ungherese Viktor Orban (foto LaPresse)

“Viktator” Orban è la grande nemesi delle élite europee

Giulio Meotti
Storia del premier ungherese, l'ultimo rimasto a parlare di “cristianità” minacciata, e del suo muro culturale.

Roma. Per Foreign Affairs, è “il Putin ungherese”. Il presidente della commissione europea, Jean Claude Juncker, lo chiama “Viktator” Orban, quasi un dittatore. Il giornalista di al Jazeera Ahmed Mansour gli dà di “razzista crociato”. Il premier ungherese va avanti, intanto, nella costruzione del muro al confine serbo (ufficiali del governo ungherese sono in Israele per imparare come si fanno le barriere). Ma c’è un altro muro che Orban ha alzato ed è culturale. Fatte salve le doverose cautele su un certo sapore autoritario che da sempre vena la politica dell’Europa orientale, la sfida di Orban è soprattutto all’europeismo ideologico. E’ la nemesi delle élite europee, e non soltanto sul fronte immigrati.

 

Conservatore con laurea a Oxford, Orban ha sempre avuto un grande rapporto con la Germania e i tedeschi dell’Ovest sono sempre stati grati all’Ungheria per averli aiutati ad abbattere il Muro di Berlino. Di fronte alla politica pro immigrazione di Angela Merkel, Orban oggi si sente orfano. Nessun altro, in Europa, parla di “cristianità” minacciata. Lo fa Orban alla testa della “Visegrad-4”, l’alleanza composta da Repubblica Ceca, Polonia, Bulgaria e Slovacchia, i paesi che vogliono distinguere fra migranti cristiani e musulmani. Anche da Cipro il ministro dell’Interno, Socratis Hasikos, ha detto che “vogliamo migranti cristiano-ortodossi”. Orban in questo gode dell’appoggio dei vescovi ungheresi. “Papa Francesco ha torto e i rifugiati ci invadono”, ha scandito il vescovo Laszlo Kiss-Rigo, responsabile dell’Ungheria meridionale: “E’ un’invasione, vengono qui al grido di Allahu Akbar (Allah è il più Grande, ndr), ci vogliono conquistare”, accusa il prelato al Washington Post. Kiss-Rigo si schiera con Orban: “Sono totalmente d’accordo con il primo ministro”, i rifugiati minacciano i “valori universali, cristiani” dell’Europa. Anche il vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Budapest, monsignor János Székelyh, ha avuto parole positive per il muro di Orban, perché “con una difesa fisica il processo d’immigrazione illegale si ferma. E’ una soluzione forte ma efficace”.

 

L’Ungheria non è un paese particolarmente fervente dopo mezzo secolo di regime comunista. “Ma i tentativi di Orban di farne un baluardo cristiano contro un attacco musulmano toccano una corda profonda nella psiche nazionale”, ha detto l’analista Botond Feledy. La riottosità di Orban verso il centralismo risale al 1989, quando l’allora studente Viktor, ai funerali di Imre Nagy e dei martiri dell’insurrezione del 1956, ebbe il coraggio di chiedere il ritiro degli invasori sovietici. “Era molto pericoloso, il regime era ancora in piedi, le truppe sovietiche ancora nel paese e nessuno sapeva come sarebbe finita”, ha scritto Gabor Fodor, che aiutò Orban a vergare quel discorso.

 

Figlio di un devoto comunista e di una madre calvinista, Orban ha una moglie cattolicissima e cinque figli. Ha portato l’Ungheria dentro la Nato e si dice avversario del “linguaggio politicamente corretto accettato all’ovest e che ci costringe a tabù inutili”. A chi gli domanda se sia un reazionario, lui risponde: “Sono un uomo civilizzato, mangio con la forchetta e il coltello, ma non siamo simpaticoni del mainstream”. Per lui la Commissione europea è una sorta di Politburo. “Non ci siamo sottomessi a Vienna nel 1848, ci siamo sollevati contro Mosca nel 1956 e nel 1990 e oggi non permetteremo a Bruxelles di decidere per noi”, ripete Orban. Un muro all’insegna del carattere “kuruc”, l’insurrezione anti asburgica del principe Francesco II e che ispirò la musica di Berlioz. I suoi discorsi Orban li condisce sempre di riferimenti storici, come quando chiede agli ungheresi di comportarsi con lo stesso coraggio mostrato dai loro antenati “nella guerra contro gli eserciti ottomani”. Nella Costituzione voluta da Orban è sparita la “Repubblica d’Ungheria” per lasciare il posto alla sola “Ungheria”, ma è comparso ben altro riferimento: “Dio benedica gli ungheresi”. Una Costituzione unica in Europa che, accanto ai noti e duri riferimenti nazionalistici, tutela la “vita dal concepimento” e dice che i matrimoni possono avere luogo solo tra uomo e donna.

 

[**Video_box_2**]La più importante festa nazionale ungherese celebra la conversione del paese al cristianesimo, che risale a più di mille anni fa. Orban ha sempre fatto forza su questa vocazione cristiana, introducendo in costituzione “il ruolo del cristianesimo nel preservare la nazione” e promuovendo, per la prima volta dopo la caduta del comunismo, l’educazione religiosa nelle scuole. Davvero una nemesi per i laiconi di Bruxelles.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.