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editoriali

Altri Gualtieri cercansi al sud

Redazione

Per gestire i rifiuti in Italia mancano almeno 30 fra termovalorizzatori e impianti. E i viaggi per smaltirli all'estero pesano sulle bollette, soprattutto delle famiglie meridionali 

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Della sindrome nimby (not in my backyard) non si ammalano solamente i cittadini con i loro comitati ma anche le istituzioni. Per anni ne è stato colpito il Campidoglio, che con il suo immobilismo sulla gestione dei rifiuti ha trascinato Roma nell’emergenza. Così, ora che il sindaco Roberto Gualtieri ha detto di voler costruire un termovalorizzatore nella capitale, l’annuncio appare quasi coraggioso. Il motivo è che Gualtieri ha deciso di fare ciò che molti altri amministratori non fanno, benché ne avrebbero molti motivi. Dei rifiuti che ogni anno l’Italia esporta, il 36 per cento produce energia nei termovalorizzatori di altri paesi. Il deficit impiantistico pesa in particolare sul centro-sud, dove più del 60 per cento dei rifiuti urbani residui finisce in discarica e si ricorre alle spedizioni fuori regione per chiudere il ciclo.

 

I costi di questi viaggi sono la principale causa della spesa più alta che pagano le famiglie, con una media di 359 euro all’anno contro i 282 euro del nord Italia. I numeri sono stati presentati ieri dalla Fondazione Utilitatis, che ha pubblicato il Green Book 2022 realizzato in collaborazione con Ispra. Gli impianti che mancano per raggiungere gli obiettivi europei di riciclo e riduzione delle discariche sono almeno 30 fra termovalorizzatori e recupero dell’organico (da cui si può ottenere biometano, oro verde di questi tempi). I sindaci della Sicilia e della Puglia, ma anche della Calabria e della Sardegna, così come i presidenti di regione che sulla materia hanno la competenza, potrebbero seguire l’esempio di Gualtieri e rendersi conto che l’unica alternativa all’immobilismo è pagare di più per gestire peggio i rifiuti. Più che di coraggio, ci sarebbe bisogno di buon senso

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