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Editoriali

L’Opec non guarda a occidente

Redazione

I sauditi ignorano l’appello di Biden, che mette mano alle riserve di greggio

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La decisione di Biden di rilasciare una parte delle scorte strategiche di petrolio custodite nei depositi Usa potrebbe aiutarlo a recuperare terreno in vista delle elezioni di midterm facendo scendere i prezzi della benzina dalla soglia psicologica dei 4 dollari al gallone. Ma da sola, probabilmente, non sarà sufficiente a evitare il rischio di uno choc dei prezzi dell’oro nero. È la diagnosi degli analisti del settore, mai così consultati da mezzo secolo a questa parte perché, numeri alla mano, anche ai tempi dei chip e del digitale, il greggio è ancora un’arma politica formidabile, capace di scatenare i dèmoni dell’inflazione. Da ieri, sull’onda della decisione Usa, senza precedenti per durata e quantità (180 milioni di barili spalmati su sei mesi) gli Usa hanno messo a disposizione del mercato un milione di barili al giorno che servono a compensare in parte i 3,5 milioni di barili di petrolio russo che mancano all’appello dal 24 di febbraio, anche per effetto della decisione di alcune Big Oil, come Shell o Exxon, di non ritirare più la merce e non investire più nell’Artico, con grave danno per l’industria locale.

 

Un altro contributo per colmare il gap potrebbe arrivare domani dalla riunione dell’Aie, l’Agenzia internazionale dell’energia. Ma il contributo più atteso, quello dell’Opec+, si è rivelato una mezza delusione. Il cartello ha deciso di limitare ai 400 mila barili già annunciati l’aumento della produzione post Covid. La richiesta americana di aumentare le estrazioni è andata delusa: Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, i due soli paesi che possono aumentare rapidamente la produzione, non hanno risposto all’appello. Un po’ perché i produttori, sauditi in testa, non apprezzano la politica dell’occidente, che da una parte demonizza le  fonti fossili e dall’altro chiede aiuto nel momento del bisogno. Un po’ perché Riad è convinta che gli Usa, alla ricerca di un accordo con l’Iran, non si stiano impegnando a dovere contro i raid dei ribelli yemeniti. E un po’ perché anche dalle parti del Golfo Vladimir Putin gode di amicizie insospettabili.

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