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Editoriali

Perché sì Mes

Redazione

Tutti i lati positivi della riforma del Fondo salva stati (oltre i tatticismi politici). L'Italia mostrerebbe solamente di non saper rispettare la parola data

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Il dibattito sul Mes è ormai senza capo né coda. Nel momento in cui il giornale va in stampa – perché le posizioni delle forze politiche potrebbero cambiare ripetutamente anche nel corso della notte – ci ritroviamo con due partiti a favore (il Pd e Iv), due partiti contro (Lega e FdI), un partito a favore della riforma del Mes ma contro il Mes sanitario (il M5s) e un partito contro la riforma del Mes ma a favore del Mes sanitario (Forza Italia).

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Il dibattito sul Mes è ormai senza capo né coda. Nel momento in cui il giornale va in stampa – perché le posizioni delle forze politiche potrebbero cambiare ripetutamente anche nel corso della notte – ci ritroviamo con due partiti a favore (il Pd e Iv), due partiti contro (Lega e FdI), un partito a favore della riforma del Mes ma contro il Mes sanitario (il M5s) e un partito contro la riforma del Mes ma a favore del Mes sanitario (Forza Italia).

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La posizione assunta da questi ultimi due partiti non ha alcuna logica se non quella dell’essere determinata dalla tenuta della propria coalizione di appartenenza, di governo per il M5s e di opposizione per FI. L’esito paradossale è che Luigi Di Maio, che si è presentato alle elezioni per abolire il Mes, da ministro degli Esteri firmerà il nuovo trattato; mentre Silvio Berlusconi, il cui governo nel 2011 ha contrattato e firmato (con il ministro Tremonti) il trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, ora si oppone a una sua riforma migliorativa.

 

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Al di là dei tatticismi dei partiti, è però il caso di capire cosa comporta nel merito la riforma del Mes. L’innovazione più importante, a parte alcuni aspetti più tecnici, è sicuramente l’introduzione del “backstop” al Fondo di risoluzione unico, una rete di protezione comune in caso di crisi bancaria che è un elemento fondamentale dell’Unione bancaria. Si tratta sicuramente di un passo in avanti, richiesto anche dall’Italia, che – soprattutto in una crisi come questa – rende le banche meno sensibili al rischio domestico. Oltre alle cose positive in caso di riforma, bisogna valutare anche i lati negativi nel caso in cui l’Italia si rifiutasse di firmare. Non solo mancherebbe il backstop, ma l’Italia – unico paese contrario nell’Eurozona dopo anni di negoziati – manderebbe due pessimi segnali: ai partner europei e ai mercati. Non solo l’Italia mostrerebbe di non saper mantenere la parola data, ma arresterebbe quel processo europeo di condivisione dei rischi che ha subìto un’accelerazione con la crisi pandemica.

 

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