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EDITORIALI

Macron, il re dell’Europa

Redazione

Dal Libano alla Bielorussia: la politica estera Ue  ha una regia. E l’Italia?

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Ieri la leader dell’opposizione bielorussa, Svjatlana Tikhanovskaja, ha chiesto al presidente francese Emmanuel Macron di porsi come mediatore nella crisi politica di Minsk, dove i cittadini manifestano ormai da cinquanta giorni contro il dittatore Aljaksandr Lukashenka che la scorsa settimana, con un’inaugurazione segreta, ha dato inizio al suo sesto mandato. Per la Tikhanovskaja, che durante le elezioni del 9 agosto ha sfidato il presidente e che è stata costretta a rifugiarsi in Lituania dopo le minacce del regime, Macron potrebbe essere la persona giusta sia perché è conosciuto come mediatore nelle crisi internazionali sia perché ha la possibilità di influenzare Vladimir Putin, il presidente russo che continua a essere uno dei principali alleati di Lukashenka. Tikhanovskaja ha chiesto di incontrare il capo dell’Eliseo durante la sua visita in Lituania (si incontreranno oggi) e in  un’intervista all’Afp ha aggiunto: “Questo è il momento in cui la Bielorussia ha bisogno di più aiuto per avviare il dialogo … preferiremmo risolvere questo problema da soli, ma vediamo che tutte le atrocità continuano e il popolo bielorusso sta soffrendo”. Durante il suo esilio a Vilnius, la leader dell’opposizione bielorussa ha incontrate molte delegazioni internazionali, ma il fatto che abbia suggerito Macron come possibile mediatore indica che lo sforzo francese di proiettare un’immagine internazionale dell’Ue, il suo sforzo nel convogliare le energie dell’Unione verso la ricerca di un’autonomia strategica – questo sarà anche l’argomento del vertice di giovedì e venerdì – non è più soltanto una proposta: Macron è diventato l’immagine internazionale dell’Unione europea, non si tira mai indietro e ha già detto che Lukashenka dovrebbe dimettersi, ha espresso grande ammirazione per i manifestanti bielorussi e il dittatore, irritato dalle sue parole, ha risposto che anche Macron allora dovrebbe dimettersi e non dovrebbe pensare ad aiutare l’opposizione soltanto per una particolare e personale simpatia per Tikhanovskaja.

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Ieri la leader dell’opposizione bielorussa, Svjatlana Tikhanovskaja, ha chiesto al presidente francese Emmanuel Macron di porsi come mediatore nella crisi politica di Minsk, dove i cittadini manifestano ormai da cinquanta giorni contro il dittatore Aljaksandr Lukashenka che la scorsa settimana, con un’inaugurazione segreta, ha dato inizio al suo sesto mandato. Per la Tikhanovskaja, che durante le elezioni del 9 agosto ha sfidato il presidente e che è stata costretta a rifugiarsi in Lituania dopo le minacce del regime, Macron potrebbe essere la persona giusta sia perché è conosciuto come mediatore nelle crisi internazionali sia perché ha la possibilità di influenzare Vladimir Putin, il presidente russo che continua a essere uno dei principali alleati di Lukashenka. Tikhanovskaja ha chiesto di incontrare il capo dell’Eliseo durante la sua visita in Lituania (si incontreranno oggi) e in  un’intervista all’Afp ha aggiunto: “Questo è il momento in cui la Bielorussia ha bisogno di più aiuto per avviare il dialogo … preferiremmo risolvere questo problema da soli, ma vediamo che tutte le atrocità continuano e il popolo bielorusso sta soffrendo”. Durante il suo esilio a Vilnius, la leader dell’opposizione bielorussa ha incontrate molte delegazioni internazionali, ma il fatto che abbia suggerito Macron come possibile mediatore indica che lo sforzo francese di proiettare un’immagine internazionale dell’Ue, il suo sforzo nel convogliare le energie dell’Unione verso la ricerca di un’autonomia strategica – questo sarà anche l’argomento del vertice di giovedì e venerdì – non è più soltanto una proposta: Macron è diventato l’immagine internazionale dell’Unione europea, non si tira mai indietro e ha già detto che Lukashenka dovrebbe dimettersi, ha espresso grande ammirazione per i manifestanti bielorussi e il dittatore, irritato dalle sue parole, ha risposto che anche Macron allora dovrebbe dimettersi e non dovrebbe pensare ad aiutare l’opposizione soltanto per una particolare e personale simpatia per Tikhanovskaja.

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Dopo l’esplosione nel porto di Beirut, Macron è stato il primo capo di stato ad andare in Libano, è stato accolto dai cittadini con entusiasmo e speranza e lo scorso fine settimana, quando il primo ministro incaricato Mustapha Adib si è dimesso perché non è riuscito a formare un governo, il presidente francese  si è arrabbiato molto e ha usato parole molto dure. Adib aveva ricevuto il sostegno di tutti i partiti in Libano e i negoziati sono saltati per colpa di Hezbollah, il gruppo armato che controlla la vita politica del paese, che voleva per sé il ministero delle Finanze. Macron ha detto che decine di persone stanno abbattendo un paese perché rimangono aggrappate ai loro privilegi, ha parlato di “un tradimento collettivo” e sempre riferendosi a Hezbollah ha detto: “Non può pretendere di essere al tempo stesso un esercito in guerra contro Israele, una milizia scatenata contro i civili in Siria e un partito rispettabile in Libano. Sono loro adesso a dover dimostrare che rispettano i libanesi, in questi giorni stanno dando prova del contrario”. Macron ha anche annunciato che entro fine ottobre verrà organizzata una conferenza con l’Onu. 

 

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L’impegno nel  proiettare una volontà europea sulle questioni internazionali è diventato uno dei temi più cari al motore franco-tedesco. Oltre a Macron, anche Angela Merkel è sempre più impegnata nelle questioni globali, lo abbiamo visto  con l’avvelenamento dell’attivista russo Alexei Navalny, che la cancelliera è anche andata a trovare in ospedale senza farlo sapere a nessuno. Francia e Germania stanno ricucendo con attenzione e dedizione alcuni dei temi che saranno fondamentali per il futuro dell’Unione europea, il Recovery fund nasce da quell’impegno congiunto e non è detto che uno sforzo simile non riesca anche a determinare la nascita di una politica estera europea. Macron e Merkel dettano l’agenda  non soltanto perché sono i leader di due tra le più importanti economie dell’Ue, ma anche perché hanno un’idea di Europa, del suo posizionamento, delle sue missioni, dei suoi valori e delle sue ambizioni. L’Italia, che in questo motore ha più volte tentato di introdursi, di trasformare la coppia in un gioco a tre, ha  perso la sua voce. La guida franco-tedesca è forte, fa sperare in un’Unione europea più determinata e ambiziosa, ma l’Italia, per sua incapacità, è ormai rimasta ai margini a guardare. E’ accaduto con molti dossier, e sta accadendo anche con la politica estera e l’autonomia strategica – uno dei temi più importanti per l’Ue del futuro. 

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