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Editoriali

Cattedre vuote nelle scuole del Nord

Redazione

Salari uguali, costo della vita diverso. Così i docenti non vanno dove servono. Le giuste osservazioni di Sala e Gori

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Nella scuola ogni anno si ripropone il problema delle cattedre vuote. E sembra paradossale che accada anche quest’anno dopo che il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha annunciato l’assunzione a tempo indeterminato di 85 mila nuovi insegnanti.

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Nella scuola ogni anno si ripropone il problema delle cattedre vuote. E sembra paradossale che accada anche quest’anno dopo che il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha annunciato l’assunzione a tempo indeterminato di 85 mila nuovi insegnanti.

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Si rischia, stando ad alcune stime preliminari dei sindacati, che oltre i due terzi delle cattedre (60 mila) non verranno coperte. Il punto non è tanto quello delle assunzioni che mancano, ma del metodo di reclutamento. Ogni anno, infatti, in questo periodo si ripropone il problema della carenza di docenti nelle scuole del nord Italia, quelle tra l’altro più colpite dall’epidemia. Da un lato aumentano le richieste di trasferimento dal nord verso il sud, a partire da regioni come la Lombardia, e dall’altro mancano le domande per insegnare nel settentrione.

 

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Insomma, i docenti non vogliono andare a insegnare al nord. E questo dato oggettivo è corroborato da anni di retorica contro le “deportazioni” (le chiamano proprio così) e la “precarietà esistenziale” di chi deve lavorare “lontano dalle proprie terre”. In questo contesto si fa fatica a considerare un dato oggettivo: è al nord che ci sono e aumentano gli studenti ed è quindi lì che servono i docenti (a meno che non si vogliano “deportare” gli alunni).

 

C’è quindi uno squilibrio tra domanda e offerta, che il piano di assunzioni del governo non sembra riuscire a riequilibrare. Il nord è poco ambito per un motivo: gli stipendi valgono meno. Per gli insegnanti i salari nominali sono uguali dappertutto, ma evidentemente i salari reali non lo sono perché mediamente al nord il costo della vita è più alto. Questo vuol dire che i laureati settentrionali preferiscono fare altre professioni e che i docenti meridionali preferiscono lavorare al sud. Basterebbe, insomma, un semplice incentivo economico: pagare di più dove c’è più domanda.

 

Quando i sindaci di Milano e Bergamo, Beppe Sala e Giorgio Gori, hanno posto il problema del legame tra costo del lavoro, produttività e costo della vita le loro posizioni sono state bollate dal Pd come “di destra”. Ma negare la realtà, o accusarla di essere “di destra”, non è mai servito a risolvere i problemi.

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