PUBBLICITÁ

Editoriali

Poche idee e ben confuse

Redazione

Il mondo è cambiato, ma Confindustria e la Cgil non se ne sono accorte

PUBBLICITÁ

Quello tra il presidente di Confindustria Carlo Bonomi e il segretario della Cgil Maurizio Landini è il classico dialogo tra sordi. Non si tratta solo della normale dialettica tra rappresentanti di organizzazioni in conflitto, ma di una sostanziale indifferenza al carattere particolare della situazione che attraversa il sistema produttivo.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Quello tra il presidente di Confindustria Carlo Bonomi e il segretario della Cgil Maurizio Landini è il classico dialogo tra sordi. Non si tratta solo della normale dialettica tra rappresentanti di organizzazioni in conflitto, ma di una sostanziale indifferenza al carattere particolare della situazione che attraversa il sistema produttivo.

PUBBLICITÁ

 

Bonomi è più abile, elenca le inadempienze del governo, o meglio “la politica”, che va in vacanza invece di usare agosto per fare i compiti a casa. Chiede un negoziato a tutto tondo che affronti il problema colossale di un milione di posti di lavoro in pericolo o già perduti. Le premesse sono valide ma la ricetta si riassume in una richiesta di fiducia e di sostegno alle imprese di tipo strutturale e non solo emergenziale. Come si deve fare? Non si sa, anche se, ci viene detto, Confindustria lavorerà anche in agosto a un piano di rinascita. Bene ma in sostanza si tratta anche qui di un rinvio.

 

PUBBLICITÁ

Landini per parte sua insiste sul rinnovo dei contratti, nelle forme tradizionali, che Confindustria non vuole stipulare perché chiede una modifica profonda del sistema negoziale. Sono temi importanti per le parti interessate, ma sono gli stessi che venivano agitati prima della crisi sanitaria e di quella economica che ne è seguita, o meglio della straordinaria accentuazione di una crisi che era già in atto.

 

Inserire le questioni aperte leggendole alla luce della nuova fase sarebbe possibile solo se tutti si rendessero conto che è inutile e persino controproducente riproporre le antiche questioni come se non fosse accaduto niente.

 

Le parti sociali, se si limitano a sfilare negli stati generali o nei meeting ripetendo le stesse cose che dicevano sei mesi o sei anni prima, finiranno per fare solo da tappezzeria, invece di esercitare un ruolo di stimolo, magari anche aspro e urticante, ma volto a dare soluzioni nuove perché adeguate a una situazione nuova e peggiore.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Se non entreranno concretamente in questa logica rischieranno l’irrilevanza, che già sembrava la loro sorte prima della pandemia, perché non sono in grado di dire come le categorie che dovrebbero rappresentare possano dare un contributo costruttivo al superamento della crisi.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ