Editoriali
Autostrade, cattivo metodo e pericoloso precedente
A questo punto meglio la via della revoca della concessione e la sua definizione nei tribunali
Dopo circa due anni si va, inevitabilmente, verso una decisione conclusiva sulla concessione di Autostrade. Ciò che davvero dovrebbe preoccupare della gestione di questo dossier non sarà tanto l’esito, qualunque esso sia, quanto il metodo con cui il governo ha proceduto.
Dopo circa due anni si va, inevitabilmente, verso una decisione conclusiva sulla concessione di Autostrade. Ciò che davvero dovrebbe preoccupare della gestione di questo dossier non sarà tanto l’esito, qualunque esso sia, quanto il metodo con cui il governo ha proceduto.
Poche ore dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, importanti ministri e lo stesso premier annunciarono l’imminente revoca della concessione ad Aspi, questo ovviamente ancor prima di aver avviato l’iter amministrativo che avrebbe dovuto verificare la grave inadempienza del concessionario. Nei mesi successivi il ministero delle Infrastrutture ha nominato una commissione di giuristi per studiare il caso e la task force, pur segnalando le gravi inadempienze dell’azienda controllata dai Benetton, ha rilevato che la revoca della concessione comporta un alto rischio di soccombere in un contenzioso. A questo punto, il governo ha cambiato il quadro normativo della concessione inserendo per decreto una norma che riduce del 70 per cento (da 23 a 7 miliardi) il costo dell’indennizzo statale in caso di revoca.
Questa modifica unilaterale ha condotto al taglio del rating di Atlantia/Aspi, facendolo scivolare a livello spazzatura e impedendo così al gruppo di finanziarsi sul mercato. Così, dopo aver legato le mani alla controparte per via legislativa e messo la pistola amministrativa della revoca sul tavolo, il governo ha impostato una trattativa. Tra le condizioni della resa, oltre a un risarcimento miliardario e alla riduzione delle tariffe, lo stato pretende anche l’uscita di scena del principale azionista (Benetton).
Quello del governo che decide e ridefinisce l’assetto proprietario delle aziende (quotate e no), sotto la minaccia del potere politico-statale, è un precedente molto pericoloso, che in genere si vede in regimi poco democratici. Un segnale pessimo per gli investitori. A questo punto, se il governo ritiene Aspi inadempiente e inadeguata a gestire la rete autostradale, è preferibile la via della revoca della concessione e della sua definizione nei tribunali. E’ un metodo più lineare e trasparente, rispettoso sia dello stato di diritto sia delle regole del mercato.