Foto di Roberto Monaldo, via LaPresse 

Editoriali

Gli scogli del governo Meloni: Reddito di cittadinanza e delega fiscale

Redazione

I tavoli delle istituzioni che lavorano su Rdc e fisco stanno diffondendo le bozze delle modifiche. Ma per trasformarle in riforme serve più concretezza e meno propaganda

I sindacati, con qualche ragione, chiedono un tavolo per discutere delle modifiche al Reddito di cittadinanza. Beppe Grillo, con le sue ragioni un po’ più opportunistiche, approfitta di chi vuole abolire l’abolizione della povertà per tornare a strappare clic e titoli. Una cosa è certa, ha funzionato la mossa di chi, dall’interno del ministero del Lavoro, ha diffuso la bozza di riforma. Una scossa serviva per fare in modo che per la scadenza fissata al mese di settembre la revisione del nostro principale sussidio assistenziale possa diventare legge.

 

La separazione tra interventi di sostegno al reddito con misure di ultima istanza e incentivi alla ricerca attiva di lavoro sembra un punto fermo nello schema di riforma che dovrebbe portare alla nascita della Mia (Misura di inclusione attiva). Sarebbe bene che il dibattito ormai aperto porti anche a una maggiore nettezza nella distinzione dei due obiettivi. Per ora si sa che c’è una riduzione sostanziale dell’importo del sostegno quando si è in una labile condizione di “occupabilità” definita per decreto.

 

È un modo molto grezzo per separare assistenza da incentivo, ma è un primo tentativo. Che però il governo dovrà correggere perché se gli “occupabili” lo sono solo sulla carta la riforma può risolversi in un fallimento. Ha creato meno scompiglio la diffusione delle possibili linee guida della delega fiscale. Forse, per esperienza, se ne valuta con prudenza la realizzabilità, dopo che di deleghe in materia ne sono andate due a vuoto negli ultimi anni. Ma questa volta il fronte sembra compatto e, semmai, giocano contro coloro che, nella maggioranza, parlano della delega come tappa intermedia verso il sogno (molto discutibile) della ineffabile “flat tax”.

 

L’intermedio è meglio del risultato pieno. E poi scendere a tre aliquote, intervenire sulle spese fiscali per riportare l’Irpef al suo ruolo originario, abolire l’Irap, semplificare molti adempimenti, proseguire con la digitalizzazione delle fatture e dell’Iva, cambiare la giustizia fiscale, è roba sufficiente per dimenticarsi la propaganda flat.