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Una terza via energetica contro i professionisti del no. Il caso Terna

La transizione si muove su due assi: l’elettrificazione dei consumi e la penetrazione delle fonti rinnovabili. Non di rado gli interventi devono scontare un'opposizione pregiudiziale: la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica è un buon esempio di come superarla

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La transizione energetica si muove su due assi: l’elettrificazione dei consumi e la penetrazione delle fonti rinnovabili. Questo richiede una profonda trasformazione del sistema energetico a tutti i livelli: la produzione e trasformazione di energia, le modalità per trasportarla e il modo in cui essa viene utilizzata per alimentare gli usi finali. In tale contesto, le reti elettriche acquisiscono un’importanza centrale e richiedono enormi investimenti in hardware (cavi, batterie e collegamenti transfrontalieri) e software (la gestione delle congestioni e la programmazione degli impianti di produzione per soddisfare i carichi domandati). Nel solo 2022, Terna – la società che, dal 2004, gestisce la rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica – ha ottenuto autorizzazioni per investimenti con un controvalore di oltre 2,5 miliardi di euro.

 

L’opera più importante è il ramo est del Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra la Sicilia e la Campania che da solo impegna circa 1,9 miliardi di euro. Una volta completato anche il ramo ovest (tra Sicilia e Sardegna), questo elettrodotto consentirà di migliorare la capacità di scambio elettrico tra Sicilia, Sardegna e Campania, rafforzando la sicurezza del sistema e dando uno sbocco all’energia rinnovabile prodotta sulle isole e che supera la capacità di trasporto delle infrastrutture esistenti. Oltre al Tyrrhenian Link, l’altra grande opera su cui Terna è impegnata è l’interconnessione Italia-Tunisia, per cui è stato formalmente avviato l’iter autorizzativo presso il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, che tra l’altro gode di un finanziamento europeo di oltre 300 milioni.

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Queste opere sono necessarie a rendere le nostre reti sempre più interconnesse. Ciò serve ad aumentarne la sicurezza e la resilienza contro i possibili eventi avversi, ma anche a utilizzare in modo più efficiente le fonti rinnovabili a seguirne lo sviluppo in modo tale da renderle effettivamente fruibile e di massimizzarne il contributo alla decarbonizzazione del paese. Le infrastrutture di rete hanno tuttavia una complessità politica che supera quelle tecniche. A causa delle loro estensione spesso di centinaia di chilometri, esse devono affrontare un percorso autorizzativo lungo e complesso. Da alcuni anni Terna punta su opere sottomarine o interrate, in modo da minimizzarne l’impatto ambientale e visivo e anzi utilizzandole come opportunità per dismettere le linee aeree pre-esistenti. Eppure, non di rado anche questi interventi devono scontare l’opposizione più o meno pregiudiziale degli onnipresenti comitati del no.

 

Come uscirne? Terna è riuscita a sviluppare un metodo di lavoro basato sulla collaborazione con le strutture dei ministeri e delle regioni coinvolte. Non di rado, gli enti chiamati a rilasciare i permessi mancano delle competenze o delle informazioni necessarie, e tendono pertanto a eccedere in sicurezza, allungando i tempi e rallentando la transizione. La stretta cooperazione che si è venuta a creare con l’operatore di rete ha consentito di minimizzare queste evenienze, anche attraverso la pronta messa a disposizione dei dati tecnici richiesti. Viene dunque da chiedersi se e come questa esperienza possa essere generalizzata, vista l’importanza del settore energetico e le difficoltà che molti progetti incontrano in fase autorizzativa. Basti pensare alle lungaggini per il via libera alle fonti rinnovabili. Rete e impianti devono svilupparsi di pari passo perché si tratta di opere complementari: rafforzare la capacità decisionale delle istituzioni e trovare forme di dialogo costante e specifico possono essere uno strumento cruciale per sbloccare gli investimenti.

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