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L'INCONTRO

Il governo getta acqua sulla benzina: sciopero “congelato”

Maria Carla Sicilia

Si apre il dialogo tra benzinai, aziende petrolifere e Palazzo Chigi. Si tratta per modificare il decreto Trasparenza: la riserva sull'agitazione del 25 e 26 gennaio sarà sciolta dopo la pubblicazione del testo. Ma il primo risultato è il tavolo tecnico convocato per il 17

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Una revoca ufficiale dello sciopero ancora non c’è, ma governo e benzinai hanno fatto pace. In fondo se i sindacati hanno proclamato lo stato di agitazione per il 25 e 26 gennaio è soprattutto per reagire alle accuse di speculazione di Giorgia Meloni e alcuni suoi ministri, oltre che per i contenuti del decreto Trasparenza sui prezzi dei carburanti. “Una campagna mediatica vergognosa”, l’avevano definita i gestori. Così la premier ha affidato l’opera di mediazione al sottosegretario Alfredo Mantovano: non era intenzione del governo gettare fango sulla categoria, è il senso della rassicurazione. Insieme a lui c’erano i ministri Giancarlo Giorgetti e Adolfo Urso, appena rientrato da Kyiv. “Le polemiche finiscono qui”, hanno detto i gestori. Dunque palla al centro: lo sciopero è stato “congelato” e un nuovo tavolo convocato per martedì. 

Per i benzinai già questo è un primo risultato e la categoria non nasconde la soddisfazione: “Apprezziamo il chiarimento con il governo che ripristina una verità inequivocabile: i gestori non hanno alcuna responsabilità per l’aumento dei prezzi”, hanno detto a margine dell’incontro i sindacati Faib, Fegica e Figisc/Anisa. Il confronto però inizia adesso e i nodi da sciogliere non sono banali. Intanto gli obblighi introdotti dal nuovo decreto che, assicurano dal governo, “dovrebbe essere pubblicato a stretto giro”. I temi principali sono due: ammorbidire controlli e sanzioni che il provvedimento inasprisce e ripensare all’obbligo di esporre il prezzo medio nazionale, un provvedimento inutile se non controproducente secondo gli addetti ai lavori. La differenza di prezzi tra gli impianti, hanno spiegato, è giustificata da troppi fattori – volumi commerciali, costi di trasporto e logistici – che cambiano anche nella stessa città, per cui una media ha senso solo su base locale. Senza contare che chi pratica prezzi più bassi della media nazionale potrebbe essere tentato di allinearsi al rialzo. Il governo finora ha dimostrato di essere pronto a rivedere le sue decisioni quando gli argomenti sono validi e questo decreto di cui ancora non esiste il testo ha già subìto una prima modifica. 

Solo due giorni dopo l’approvazione, il Cdm è intervenuto per specificare che se il prezzo del petrolio dovesse superare del 2 per cento il prezzo stabilito nel Def il governo sarebbe pronto a usare l’extragettito Iva per ridurre le accise. Un’operazione a saldi invariati che permette a Meloni di non rimangiarsi quanto detto finora dando però un segnale sui prezzi. Il meccanismo rispolverato da Giorgetti è contenuto in una norma del 2007 introdotta dall’allora ministro Pier Luigi Bersani e che anche Mario Draghi ha utilizzato per finanziare una parte degli sconti sulle accise. La riduzione che si ottiene tuttavia è di qualche centesimo, poca roba rispetto allo sconto di 30 centesimi finanziato da Draghi con gli incassi della tasse sugli extra profitti, ma può tornare utile per contrastare eventuali rialzi di assestamento per l’embargo europeo al diesel russo che partirà dal 5 febbraio. 

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Quando il decreto verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale si capiranno diversi dettagli, compresi quelli che interessano ai benzinai per decidere se confermare lo sciopero. Martedì a Palazzo Chigi si terrà un nuovo incontro. Come ieri, al tavolo ci saranno tutti i rappresentanti della filiera, comprese le imprese della logistica e della raffinazione. L’obiettivo è affrontare anche i problemi strutturali del settore, dal contrasto alle frodi fiscali alla ristrutturazione della rete, composta da più di 21.700 impianti. Il clima conciliante di oggi sembra promettere bene, disinnescare l’agitazione è nell’interesse di tutti.
 

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