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L'altra Italia a Kyiv

Energia e acciaio: la ricostruzione dell'Ucraina può essere un affare

Stefano Cingolani

Ci sono due processi: uno riguarda l'emergenza, l'altro, più di lungo periodo, è la rimozione delle macerie da cui far nascere un paese nuovo. Qui l'Italia può essere protagonista

Nel giugno scorso il memorandum of understanding con il governo di Volodymyr Zelens'kyj, ieri l’inaugurazione della sede della Confindustria a Kyiv (il presidente Carlo Bonomi ha tagliato il nastro insieme al ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso). L’impegno degli imprenditori privati per l’Ucraina non ha solo un contenuto mercantile, ma è un gesto politico chiaro anche per mettere fine a tentennamenti, ammiccamenti, freddezze, prudenze, insomma una varietà di atteggiamenti che, subito dopo l’invasione russa, aveva suscitato interrogativi e polemiche. “La ricostruzione dell'Ucraina ha una portata ed un significato che vanno ben oltre i soli interessi economici poiché si tratta di sostenere un paese che ha visto ledere la propria sovranità territoriale e di creare basi solide per concretizzare il processo di adesione all'Unione Europea”, ha detto ieri Bonomi. Urso è giunto a Kyiv il giorno dopo il voto espresso a larga maggioranza dal Senato al nuovo decreto che autorizza l’invio di armi e equipaggiamento nel 2023, con l’annuncio del sesto pacchetto in preparazione e la predisposizione delle misure di soccorso umanitario anche nel campo delle infrastrutture energetiche ed elettriche annunciate sempre ieri da Palazzo Chigi. 

 

Ci sono due tipi di ricostruzione, una riguarda l’emergenza, l’altra, più di lungo periodo, è la rimozione delle macerie dalle quali far emergere un paese nuovo, sempre più integrato in Europa e nell’Occidente. Le imprese italiane vogliono agire sia nel breve sia nel più lungo periodo. A cominciare dagli aiuti di base (cibo, medicinali, assistenza sanitaria) e dalle reti che consentono di vivere. L’Enel è già impegnata insieme alla controllata spagnola Endesa nella fornitura di apparecchiature e nel ripristino dei collegamenti. L’Ucraina prima dell’invasione era sincronizzata con il sistema russo, in appena un giorno e mezzo i tecnici sono riusciti a staccarsi e a sincronizzarsi con il sistema europeo, ciò rende più facile intervenire ed importare energia in particolare dalla Polonia. Per le ferrovie c’è un accordo con la tedesca Deutsche Bahn. E’ chiaro che i bombardamenti sistematici rendono tutto più difficile. Il prossimo mese il governo ucraino dovrebbe presentare alla comunità internazionale un piano per mettere a fuoco le priorità e invitare le imprese a intervenire sotto l’ombrello della Unione europea. Ci sarà da superare molte difficoltà, basti pensare alla copertura dei rischi o alle certificazioni tecniche (i prodotti italiani hanno il marchio CE) e ciò richiede di accelerare le procedure burocratiche.

 

L’Italia prima dell’invasione russa aveva un interscambio di quattro miliardi di euro che coinvolgeva ben 300 imprese. La ricostruzione quando sarà raggiunta una “pace onorevole”, amplierà il ventaglio ad ogni settore, dall’edilizia, ai macchinari dove l’Italia può vantare una posizione leader su scala internazionale. Molte organizzazioni imprenditoriali si stanno muovendo e l’accelerazione di Bonomi risponde anche a questa pressione dal basso. L’Unioncamere del Veneto, ad esempio, ha raccolto da mesi idee e proposte. Marco Toson, console onorario dell’Ucraina per il Nord Est, 22 anni di esperienza nel paese e cinque da presidente di Confindustria Ucraina, cita la riorganizzazione nel settore del mobile, un comparto di 270 imprese con esportazioni per un valore di 1 miliardo e 100 milioni, oggi ridotti a 50. Hanno bisogno di ricollocarsi e trovare nuovi mercati, sono state portate anche al salone milanese e si sta lavorando a fusioni con aziende italiane. Lo stesso sta avvenendo nella moda e nelle costruzioni (basti pensare che a Leopoli oggi bisogna rifare già mezzo milione di abitazioni). Ma Kyiv chiede anche un impegno in un settore strategico come l’aerospaziale dove l’Italia ha una lunga tradizione ed è tra i paesi leader europei, mentre l’Ucraina può contare su eccellenti ingegneri e ricercatori. 

 

Per l’Italia l’acciaio è un settore fondamentale, l’Avostal di Mariupol riforniva gran parte delle imprese soprattutto nel nord, ricostruirla sarà una sfida notevole. Altrettanto importante è mettere in sicurezza le quattro centrali nucleari che generano la metà dell’energia elettrica, di fabbricazione sovietica. Qui è quasi naturale guardare alla Francia, ma l’Enel gestisce attraverso Endesa quattro centrali in Spagna, direttamente un impianto in Slovenia e ne sta costruendo un secondo, mentre finanzia l’ampliamento della centrale in Slovacchia. L’intero sistema industriale italiano, insomma, può essere protagonista nella costruzione di una nuova Ucraina.

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