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Ecco cosa chiedono le imprese alla politica per superare il caro energia

Annalisa Chirico

Per molti la situazione è ormai insostenibile: c’è il rischio che si fermino i cantieri, che chiudano le attività. Price cap, un fondo comune europeo, rigassificatori, accelerazione del Pnrr sono alcune delle proposte. Parlano i rappresentanti dei settori produttivi: dal turismo alla manifattura, fino ai produttori alimentari 

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Caro energia, inflazione, aumento dei costi delle materie prime: le aziende italiane non sanno più come andare avanti. E per questo più d’uno ritiene che una revisione del Pnrr, alla luce dei costi lievitati, sia una via obbligata. “Facciamo appello a tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione – dice al Foglio la presidente di Ance Federica Brancaccio – perché si lavori immediatamente a un decreto contro il caro energia che possa ridare fiato a famiglie e imprese. Non abbiamo tempo da perdere: la situazione è ormai insostenibile e le soluzioni vanno attuate immediatamente, indipendentemente dai tempi necessari per la formazione del nuovo governo. Ogni settimana che passa significa maggiore sofferenza economica e sociale che dobbiamo contrastare con ogni mezzo. Per le imprese di costruzioni poi si tratta dell’ennesima stangata dopo che già da due anni affrontiamo il peso del caro materie prime con prezzi ormai alle stelle. Occorre dare subito attuazione alle misure di adeguamento varate a maggio di cui le imprese stanno ancora aspettando il pagamento. Il rischio è che, in assenza di liquidità, le imprese vadano in sofferenza e si fermino i cantieri in corso, oltre 23 mila, con gravi ripercussioni occupazionali dirette e su tutta la filiera delle costruzioni.

 
Una volta affrontata l’emergenza, occorre però porre le basi per una solida e lungimirante politica energetica che manca nel nostro paese da diversi decenni. Non dobbiamo avere la memoria corta: le gravi difficoltà che oggigiorno attraversiamo sono anche conseguenza di scelte miopi e della mancanza di investimenti infrastrutturali adeguati. Bisogna avere il coraggio di assumere decisioni che consentano al nostro paese una maggiore autonomia energetica. Dire solo dei no non può essere la soluzione”. 

  

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Per il presidente di Confindustria Ceramica Giovanni Savorani, “gli incontrollati aumenti del costo del gas, oggi su multipli di sei/otto volte le quotazioni pre-crisi, determinano una situazione di emergenza per le imprese ceramiche, con effetti devastanti sui costi aziendali e sulle prospettive di competitività internazionale. Il settore esporta l’85 percento nel mondo e compete con concorrenti che non si trovano ad affrontare una analoga emergenza. Tale situazione ha determinato richieste di cassa integrazione per circa diecimila dipendenti, con prospettive molto pesanti per l’imminente inverno in mancanza dei necessari interventi a livello Ue e nazionale”. Quali consigli al governo che sarà guidato dalla premier in pectore Giorgia Meloni? “E’ indispensabile che il prossimo esecutivo dia corso all’attuazione, in tempi rapidi, della ‘gas release’, procedura già prevista dalla normativa di emergenza. E’ necessaria l’adozione di un decreto del ministero dell’Economia che dovrebbe fissare il prezzo di cessione a un livello sufficientemente basso per offrire un effettivo contributo alla sostenibilità delle attività industriali gasivore che si impegneranno nell’acquisto. Indispensabile anche il decreto interministeriale sulle procedure di assegnazione. Giudichiamo positivamente, invece, l’estensione del credito di imposta con una aliquota incrementata al 40 percento fino a novembre 2022. Appare necessaria l’estensione del periodo di fruizione e la conferma della misura almeno a tutto il primo semestre 2023. Il crescente rischio di razionamenti all’uso del gas metano richiede, essendo già ottobre, la pronta emanazione delle condizioni per l’adesione, da parte delle imprese industriali, a procedure di contenimento volontario, programmato e remunerato dei consumi, che devono tener conto dell’attuale contesto e che si affianchino all’interrompibilità di punta. I prezzi raggiunti dal gas stanno determinando un gravissimo squilibrio finanziario per le imprese e una oggettiva crisi di liquidità che, per evitare una pericolosa catena di insoluti, rende necessari interventi di ‘moratoria sui mutui’ e strumenti di garanzia con intervento della Sace, sul modello di quanto già fatto in occasione dell’emergenza Covid. E’ necessario intervenire anche a livello europeo, dove appare improcrastinabile la rapida introduzione di un meccanismo di ‘price cap’ per fermare l’attuale volatilità dei prezzi e l’introduzione di strumenti di vigilanza e di regolazione sulla piattaforma olandese Ttf, se questa deve restare il riferimento per l’indicizzazione dei contratti”.

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“Con ogni probabilità il prezzo del gas e dell’energia elettrica non scenderà sensibilmente nei prossimi mesi”, dice al Foglio il presidente di Federacciai Tonino Gozzi. “Il tema è come finanziare gli interventi a favore di famiglie e imprese che serviranno il prossimo anno per alleviare il costo dell’energia. Senza un fondo europeo comune, sulla falsariga del Recovery Fund, si creeranno inevitabilmente divari tra paese e paese con la fine del mercato unico”. Ma l’idea, avanzata dai commissari Ue Breton e Gentiloni, di un meccanismo simile a Sure contro il caro energia, è stata bocciata da diversi paesi membri. “Io ritengo che sia necessario battersi, com’è accaduto ai tempi della pandemia, per un fondo comune e un prezzo dell’energia uguale in tutta Europa. Era l’intuizione del price cap. A livello nazionale, il governo Draghi ha stanziato risorse per 65 miliardi in un anno contro i duecento della Germania in tre anni. E’ riuscito a finanziare gli interventi con l’extragettito e senza scostamenti perché l’economia italiana cresceva. Oggi l’economia sta rallentando e senza risorse europee sarà sempre più complicato sostenere famiglie e imprese”. Su quali azioni punterebbe? “Dobbiamo andare avanti con i rigassificatori. Bisogna procedere con la ‘gas release’ per aumentare la produzione nazionale: il decreto attuativo è sempre bloccato al Mite. Quanto al decreto sulla ‘power release’, il Gse ne ha chiesto la riscrittura in diverse parti. Potevano pensarci prima senza sprecare altro tempo. Nei prossimi mesi il caro energia potrebbe causare fermate prolungate degli stabilimenti. I settori industriali sarebbero anche disposti a fermate parziali volontarie per risparmiare gas ed evitare i razionamenti a condizione di definire gli indennizzi previsti, in questo caso, dalla direttiva europea”. 

  
Tenace sostenitore del “price cap” è il presidente di Coldiretti Ettore Prandini: “Con i rincari energetici che stanno facendo esplodere le bollette di famiglie e imprese, occorre innanzitutto mettere un tetto al prezzo di tutto il gas che entra in Europa, non solo a quello proveniente dalla Russia. Abbiamo già chiesto al governo di dare risposte ai bisogni delle nostre imprese ma queste risposte devono venire anche dall’Europa perché non è accettabile che prevalgano gli egoismi in un momento di gravissima crisi. Con la beffa che le nostre aziende si trovino a subire, oltre all’aumento dei costi, anche la concorrenza sleale da parte di paesi come l’Olanda o la Germania, che ha annunciato un piano nazionale di sostegno al proprio sistema economico”. Un bazooka da 200 miliardi ma Berlino ha un pil che è quasi il doppio di quello nazionale e non ha un debito pubblico di 2.800 miliardi. E’ vero, abbiamo economie diverse e per questo l’Italia ha bisogno di una strategia a tutto campo. Occorre lavorare per l’autosufficienza energetica, incentivando l’installazione dei pannelli fotovoltaici sui tetti per stimolare la produzione di energia rinnovabile nelle aziende agricole, superando a livello europeo il limite dell’autoconsumo come barriera agli investimenti agevolati. Ma è importante anche supportare la produzione di biogas e biometano, arrivando ad immettere nella rete fino a 6,5 miliardi di metri cubi di gas ‘verde’ da qui al 2030, e potenziare la capacità estrattiva nazionale che nel nostro paese si è ridotta dei tre quarti negli ultimi decenni. Possiamo fare anche a meno dei fertilizzanti prodotti proprio a partire dal gas, puntando su quelli organici e, in particolare, sul digestato, facendo chiarezza sulla possibilità di utilizzo ed eliminando la soglia dei 170 chilogrammi di azoto per ettaro all’anno”. 

 

Restando tra campi e colline, in particolare nei meravigliosi paesaggi delle Langhe-Roero e Monferrato, annoverati come patrimonio Unesco dell’umanità e da sempre sinonimo di pregiate produzioni enogastronomiche, dai vini ai tartufi passando per nocciole e castagne, si fa sentire anche Roberta Ceretto, presidente delle omonime cantine e terza generazione di una delle famiglie storiche del Barolo: “Sicuramente da parte degli imprenditori c’è timore perché le bollette salgono e tutto sale. Anche la benzina che per chi fa il nostro lavoro e vede le merci viaggiare su strada sta incidendo moltissimo e sta facendo lievitare i prezzi delle merci a livelli non sostenibili. Tornando alle bollette, posso raccontare la nostra esperienza, sia in azienda che nei ristoranti di nostra proprietà ad Alba: il costo dell’energia, a settembre, ha raggiunto la stessa cifra dell’anno scorso a fine anno. Quindi, al netto di quattro mesi ancora da pagare, ci aspettiamo una non bella sorpresa. L’attività di un ristorante è altamente energivora e non esistono soluzioni, anche una cantina consuma. Quali soluzioni adottare? Da qualche anno, ci siamo attrezzati con software che tracciano i consumi in ogni area e cercano di monitorare e distribuire l’energia nei luoghi e nei momenti più critici. Abbiamo installato i pannelli solari in ogni zona possibile e la Relanghe (azienda che lavora e produce nocciole) usa i gusci delle nocciole per alimentarsi energeticamente. Un imprenditore può con alcune accortezze provare a intervenire sul quotidiano e sugli sprechi ma le bollette salgono e a gennaio saremo tutti molto più arrabbiati”. 

 

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Per il presidente di Federalimentare Ivano Vacondio, “la questione energetica è europea e non nazionale. Il governo ha messo in campo tutti gli aiuti possibili, chiaramente rispetto alle disponibilità economiche che abbiamo. Forse non sono sufficienti, ma la portata del problema deve essere trattata a livello europeo. La cosa fondamentale che l’Europa deve fare, allora, è slegare il prezzo del gas dal prezzo dell’energia elettrica”. Il famoso “decoupling”. “Questa è una misura urgente a supporto delle imprese che ne hanno più bisogno, per impedire che il prezzo del gas, ormai alle stelle, condizioni quello di tutta l’elettricità prodotta.  In secondo luogo, abbiamo bisogno di un nuovo Recovery Fund che aiuti economicamente i paesi europei, soprattutto quelli che risentono maggiormente di questa situazione. Se l’Ue non troverà un accordo su queste misure, urgenti e fondamentali, che servono per aiutare gli stati membri, c’è il rischio che pian piano l’Europa si sgretoli, e questo va assolutamente evitato. Infine, sulla questione del tetto del gas, posso dire che è teoricamente condivisibile ma sul piano fattuale mi sembra una proposta difficilissima da realizzare”. 

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Anche il turismo non se la passa meglio. Dopo la batosta delle chiusure Covid, arriva la stangata del caro energia. Per il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca “nel momento in cui il settore stava tirando un sospiro di sollievo dopo l’incubo pandemia, ci siamo ritrovati a fare i conti con un problema decisamente più grande delle nostre possibilità, o meglio, delle nostre tasche: i rincari insostenibili dei costi energetici. L’estate 2022 ha registrato una performance superiore alle aspettative, il che racconta quanto la dimensione della vacanza sia diventata vitale per tutti. Non appena sono state allentate le restrizioni dovute al pericolo del contagio, è esplosa un’esigenza irrefrenabile di partire, ritrovare la natura e le bellezze paesaggistiche in generale, insomma di programmare viaggi. Purtroppo, non saremo in grado di godere dei frutti di questa iniziale ripresa, considerando inoltre che la liquidità del momento servirà per pagare le spese del passato. In tempi di bilancio, rispetto ai profitti pesano di più i costi energetici, e di questo problema, a nostro avviso, dovrà farsi carico l’Europa. Le bollette sono aumentate del 600 percento rispetto al 2019. Una cifra da incubo, soprattutto per imprese energivore come le nostre. Attualmente noi albergatori ci ritroviamo a dover scegliere se pagare le bollette o gli stipendi ai nostri dipendenti. Per far fronte a tutto questo, chi ha un’impresa nel recettivo è costretto a chiedere aiuto alle banche, e con i tassi in aumento ci si infila in una spirale da cui è difficile uscire. Come si può sopravvivere? Le strutture saranno costrette a programmare la chiusura nella stagione invernale per poi riaprire in estate.  Di fronte a tale scenario, è necessario intervenire senza se e senza ma. L’Europa, che in tempo di Covid ha fornito sostegni economici, dovrà farlo anche ora per alleviare l’oppressione dai rincari energetici”.

 

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Dalla Trinacria si fa sentire Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia e amministratore dell’azienda Donnafugata: “Il tetto al prezzo del gas è in assoluto la misura più importante e urgente. Il caro energia ha fatto lievitare i costi di produzione per tutte le aziende, e di conseguenza il livello generale dei prezzi dei prodotti finiti, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie. Un circolo vizioso che bisogna interrompere. Quello dell’agroalimentare è uno dei settori più esposti. Il nuovo governo dovrà impegnarsi con tutte le proprie forze, in sede europea, perché si arrivi presto all’introduzione del price cap sul gas; certo, superare la resistenza dei paesi che stanno incassando extraprofitti dal caro energia non sarà facile, ma la posta in gioco è troppo alta per lasciare che gli egoismi nazionali permangano. La risposta comunitaria alla pandemia – corale ed efficace – ci ha dimostrato perfettamente come ‘nessuno si salvi da solo’. Occorre adesso la stessa solidarietà europea per dar vita ad un piano straordinario, un nuovo Next Generation per superare la crisi energetica. Bisogna farlo per le imprese, per le famiglie e per far fronte comune rispetto alla crisi internazionale che infiamma il nostro continente e per la quale non vediamo una via d’uscita all’orizzonte”.

 

Per il presidente del Consorzio italiano biogas Piero Gattoni “non c’è più tempo da perdere e bisogna intervenire in tempi brevi perché la situazione crescente del caro energia rischia di aggravare sempre di più i costi delle nostre aziende agricole e industriali. Di fronte a questa emergenza che colpisce imprese e famiglie serve, prima di ogni cosa, una risposta europea che sostenga il sistema produttivo: misure comuni, coraggiose e condivise a livello europeo, non più rinviabili. Per rispondere ai forti rincari energetici, causati in gran parte dalle manipolazioni dovute alla guerra in Ucraina, l’Europa deve intraprendere un sistema che permetta una determinazione più trasparente dei prezzi, senza necessariamente introdurre tetti artificiosi al valore delle rinnovabili, per non scoraggiare il mercato a investire negli ambiziosi obiettivi del Green Deal. Le misure a livello europeo vanno quindi accompagnate con un’azione decisa per accelerare la capacità di rinnovabili all’interno del mix energetico. Lo sviluppo del biometano può garantire la produzione di oltre quattro miliardi di metri cubi di biometano al 2026, pari a circa il 30 percento dell’obiettivo del governo di sostituzione delle forniture di gas naturale importato dalla Russia che permetterebbe di ridurre l’utilizzo dei gas a effetto serra di oltre l’80 percento. Soluzioni, quindi, che permetterebbero non solo di intervenire sui costi energetici, ma anche verso i costi complessivi di produzione grazie, ad esempio, alla netta riduzione dell’uso di fertilizzanti chimici sostituiti con il digestato, un ottimo fertilizzante naturale. In questo contesto, occorre continuare a promuovere ogni azione normativa volta a velocizzare la messa a terra di progetti per la produzione di energia rinnovabile, evitare un sistema regolatorio rigido e lento che troppo spesso ha bloccato gli investimenti”.

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