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balzo storico

La Bce, per frenare l'inflazione da offerta, può solo far ridurre la domanda

Stefano Cingolani

Christine Lagarde ha annunciato il rialzo del tasso di riferimento di 75 punti base. Così, quello principale diventa l'1,25 per cento. Al momento prevale l’incertezza: ogni previsione può essere smentita, anche quelle sull’inflazione. I rischi più grandi sono la guerra in Ucraina e la crisi del gas, ormai strettamente connesse

Christine Lagarde ha imboccato una strada in salita. Il consiglio direttivo della Bce ha deciso di rialzare il tasso di riferimento di 75 punti base dopo che il 26 luglio lo aveva aumentato di mezzo punto portandolo a zero, là dove era sceso nel 2014. Il tasso principale diventa così l’1,25 per cento.

 

 La scelta era ormai scontata, anzi alcuni prevedevano persino 100 punti base; in ogni caso è il balzo maggiore dal 1999, durante il rodaggio dell’euro entrato in circolazione il primo gennaio 2001. Non si tratta di una strategia graduale come raccomandato da molti, a cominciare dalla Banca d’Italia. Il dado è tratto, ma le borse non sono convinte e l’euro non si è rafforzato (un cambio debole è esso stesso veicolo di inflazione). Dopo una breve fiammata, gli entusiasmi si sono spenti quando la presidente della Bce ha detto che siamo solo all’inizio, l’arrampicata sulla curva monetaria sarà lunga e aspra, quanto “dipende dai dati”. Prevale l’incertezza, ogni previsione può essere smentita, anche quelle sull’inflazione (8,1 per cento nel 2022; 5,5  nel 2023 e  2,3 nel 2024), e sulla crescita (+3,1 per cento quest’anno, in rallentamento a +0,9 nel 2023 e  +1,9 nel 2024).

Rimasta spiazzata dai rincari di agosto, con un prezzo del gas lontano dal trovare un punto di equilibrio (prima è sceso poi è risalito sopra quota 200 euro per megawattora), mentre molteplici colli di bottiglia bloccano la produzione e Vladimir Putin conduce una guerra economica parallela al conflitto militare, la Bce non può che seguire le sue consorelle. La Federal Reserve è andata molto più avanti e vuole portare i tassi al 3,4 per cento entro fine anno, tuttavia la congiuntura americana è ben diversa da quella europea. In Europa i prezzi reagiscono a uno choc dal lato dell’offerta, in Nord America prevale la spinta della domanda interna, i rincari delle materie prime incidono, sia chiaro, ma di rimbalzo.

La Bce ha aperto il manuale e ha applicato la ricetta canonica: ridurre la domanda per bilanciare la riduzione dal lato dell’offerta. L’obiettivo è spegnere l’inflazione frenando anche la crescita. A compensare l’effetto negativo di una politica monetaria via via più restrittiva (non siamo ancora a una vera stretta perché i tassi reali restano negativi) ci sono i governi i quali decidono di sostenere i redditi e gli stessi bilanci delle imprese. Christine Lagarde in conferenza stampa ha detto che le misure cuscinetto debbono essere “temporanee” e rivolte alle famiglie e alle imprese più in difficoltà.

Intanto la Germania presenta un pacchetto dq 65 miliardi di euro tassando in parte gli extraprofitti: sono destinati a pensionati, studenti, assegni familiari, sussidi per i trasporti. La KfW (equivalente della Cdp) apre una linea di credito garantita dallo stato per assicurare liquidità alle aziende energetiche. E il governo a luglio ha salvato la società energetica Uniper. Difficile considerare temporanei e ristretti questi provvedimenti. La Francia ha stanziato 20 miliardi di euro che comprendono sgravi fiscali per le imprese. La Spagna ha tagliato l’Iva sul gas e l’energia elettrica, portandola ad appena il 5 per cento. L’Italia deve varare un terzo intervento mentre in Parlamento sono stati bloccati 17 miliardi di euro di aiuti per una impuntatura del M5S sul superbonus. 

Sempre il vecchio manuale raccomanda una divisione del lavoro: la banca centrale controlla e reprime se necessario l’inflazione, il governo usa la politica fiscale per scongiurare una recessione. Ma l’Unione europea non ha una politica fiscale comune, ogni governo va avanti per la propria strada e rende più incerta la politica monetaria. Il Next generation Eu dovrebbe sostenere la domanda per investimenti, ma finora è stato utilizzato molto poco e comunque viene minato esso stesso dai costi in aumento delle materie prime e dalle restrizioni dell’offerta. 

I rischi più grandi, ha detto madame Lagarde, sono la guerra in Ucraina e la crisi del gas, ormai strettamente connesse. Entrambe sfuggono al banchiere centrale, il quale può fare solo da guardiano a una stabilità inesistente per ragioni non monetarie. Resta l’impegno a intervenire per contrastare “dinamiche di mercato ingiustificate e disordinate”, scrive il comunicato della Bce. Però lo scudo anti spread (Transmission protection mechanism - Tpi) occorre meritarselo perché richiede una valutazione sulla sostenibilità. Molti, anche all’interno del direttivo della Bce, non condividono la tesi che bisogna perseguire un tasso d’interesse “normale” (neutro o naturale che dir si voglia), poco fondata in una situazione nient’affatto normale e suggeriscono un approccio più cauto e meno dottrinario. La banca centrale grande regista dell’economia al tempo di Draghi, si ritrova ora ridimensionata dagli eventi, con il rischio di finire nella palude della stagflazione.

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