(Foto de Il Foglio) 

Il nuovo mecenatismo

L'ex consigliera di Macron, Claudia Ferrazzi : "La cultura nell'industria migliora la qualità del lavoro"

Marianna Rizzini

L'ex vice amministratrice generale del Louvre supera la polemica Franceschini - Bonomi: "Non dobbiamo aver paura di parlare di 'uso' della cultura". E incentiva il supporto tra pubblico e privato, sull'esempio della Biennale

C’è la polemica sul mecenatismo tra il ministro della Cultura Dario Franceschini e il presidente degli industriali Carlo Bonomi – con Franceschini che lancia un j’accuse (“vorrei che arrivasse il momento in cui un’impresa, soprattutto una grande impresa che esporta nel mondo, si vergognasse se non destina una parte dei propri utili al patrimonio culturale del paese”) e Bonomi che replica: “Le parole di Franceschini sono l’ennesima riprova del sentimento anti-industriale che c’è nel paese”. Ma c’è anche chi, non da oggi, lavora tra impresa e cultura senza contrapposizioni, con l’obiettivo di dare all’una il meglio dell’altra e viceversa. Ed è quello che fa Claudia Ferrazzi, ex consigliera di Macron per la cultura, ex vice amministratrice generale del Louvre e fondatrice di Viarte, start-up con cui porta la cultura nelle aziende. Ferrazzi, che siede anche nel board della Biennale di Venezia, invita a superare le linee di confine rigide tra mondi: “Lo posso dire visto il mio lavoro: mettere gli artisti e le opere d’arte (patrimoniali e non) al centro della vita imprenditoriale permette da un lato di migliorare la qualità del lavoro e della vita delle persone nelle aziende, ma anche di creare le premesse per un allargamento dell’audience, e proprio in un momento in cui si rischia la diminuzione dello stesso in tutti i settori culturali, dal cinema in giù. E penso sia molto importante, ora, puntare sull’uso della cultura. Dico proprio ‘uso’ non a caso, visto che l’obiettivo dovrebbe essere quello di vivere meglio insieme e visto che la cultura deve elevare, portare verso l’alto, aiutare a coinvolgere: in questo deve essere “utile”. Non dobbiamo dunque avere paura di accostare il termine ‘uso’ alla cultura. E’ il contrario”.

 

Anche la contrapposizione tra pubblico e privato, per quanto riguarda le sovvenzioni alla cultura, dice Ferrazzi, è fuorviante: “Abbiamo una molteplicità di attori culturali che emergono, anche grazie ai dispositivi di sostegno del mecenatismo come l’Art Bonus, e di fronte a questa realtà in espansione credo che l’operatore culturale debba essere una sorta di direttore d’orchestra, capace di mettere attorno allo stesso tavolo un’industria, un artista, un ente locale, un imprenditore privato, in modo che un progetto prenda corpo grazie alla sinergia tra proposte e ruoli diversi. L’esempio della Biennale e del suo potenziale ruolo per Venezia ne è un bell’esempio. L’artista e il patrimonio vengono ‘usati’ nell’impresa per il loro potere narrativo, per la loro forza nel creare un’immagine e nel creare una comunità. E se un creativo in un team aiuta ad aumentare la produttività, il contatto con un’opera d’arte migliorare l’empatia, la capacità a gestire la complessità e il lavoro di squadra. Tra l’altro il contesto è molto cambiato negli ultimi anni, e il modello dell’impresa che fa donazioni pure, senza garanzia di partecipazione e senza avere un pubblico sensibile, ora è fortemente in crisi. Oggi si cerca la partecipazione, sia a livello imprenditoriale sia di pubblico”. 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.