La mossa della Bce

Qualcosa non torna. Lo scudo anti spread c'è già, ma nessuno lo vuole usare

Giampaolo Galli

Per funzionare lo strumento della Banca centrale europea dovrebbe avere portata illimitata. Questo però  è già previsto dall’Omt (Outright Monetary Transaction), introdotto dall'Eurotower nell’estate del 2012. Il problema è che  l’Omt può essere attivato solo se un paese si è rivolto al Mes

La domanda da un milione di dollari che circola nei mercati finanziari riguarda il famoso scudo anti spread più volte annunciato dalla presidente della Banca centrale europea, ma mai reso esplicito. La questione è di importanza vitale per l’euro: se basta l’annuncio di un aumento relativamente modesto dei tassi di interesse Bce, rispetto agli attuali livelli pari a zero o negativi, per mettere in difficoltà un paese come l’Italia, non si capisce come la Bce possa adempiere al suo mandato istituzionale che è quello di mantenere la stabilità dei prezzi. E’ stato detto che verranno reinvestiti in modo flessibile i titoli che sono stati acquistati negli ultimi due anni per far fronte alla pandemia (in gergo Pepp), ma molti hanno fatto osservare che ciò non sarebbe sufficiente per far fronte a eventuali attacchi speculativi contro i titoli di stato italiani. Soprattutto, se lo scudo si limitasse a questo, il mercato saprebbe che esso ha un limite (stimabile in circa 20 miliardi al mese) e quel limite verrebbe rapidamente messo alla prova.
 

Perché uno scudo anti spread sia efficace bisogna che l’impegno della Bce sia in linea di principio illimitato. E qui si arriva al nodo della questione. L’intervento illimitato è già previsto dall’Omt (Outright Monetary Transaction), lo strumento introdotto dalla Bce nell’estate del 2012 e che diede sostanza e credibilità alle famose parole di Draghi, whatever it takes.  Il problema è che  l’Omt può essere attivato solo se un paese si è rivolto al Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e ha messo in atto un programma di risanamento. L’idea, assai diffusa in Italia,  che il passaggio attraverso il Mes sia un prodotto dell’eccesso di rigorismo nordico è sbagliata; si tratta piuttosto di un principio di responsabilità democratica. Un intervento illimitato a  favore di un paese equivale infatti ad un trasferimento di risorse reali, ossia in qualche misura a un regalo da parte degli altri paesi. In pratica, a fronte di massicci finanziamenti a favore di un paese, la Bce dovrebbe tagliare i finanziamenti agli altri paesi, il che ovviamente avrebbe l’effetto di aumentarne i tassi di interesse. In sostanza, si eguaglierebbero i tassi di interesse nell’Eurozona, ma al costo di una socializzatone del rischio del paese in difficoltà. Trasferimenti di risorse reali fra paesi sono ovviamente possibili (il Pnrr ne è un esempio),  ma non possono essere fatti da un organismo tecnico che non ha legittimità democratica. Occorre l’autorizzazione dei governi, i quali, in democrazia, sono responsabili di fronte ai parlamenti nazionali e, in ultima analisi, agli elettori. Il Mes, pur con molti limiti, ha questa caratteristica perché nel Consiglio d’amministrazione sono rappresentati i governi dei paesi dell’eurozona, ma,  come noto, è caduto in disgrazia e nessuno, almeno in Italia, ha intenzione di utilizzarlo. 


Di qui il dilemma della Bce: per creare un nuovo strumento dovrebbe annunciare interventi illimitati, ma con una condizionalità molto più leggera di quella adottata in passato e, forse, senza il placet dei governi. Né è immaginabile che la Bce preveda interventi illimitati a favore di un paese, senza tagliare i finanziamenti agli altri paesi: se così facesse, sarebbe illimitata anche la creazione di moneta nell’intera Eurozona e verrebbe meno l’àncora che evita un’inflazione fuori controllo.  Inoltre, se così facesse, chiederebbe ai contribuenti di tutta l’Eurozona di contribuire a finanziare il debito italiano attraverso la tassa da inflazione. Per evitare questo esito, sia l’Omt sia, a quanto  risulta dalle dichiarazioni di questi giorni, il nuovo scudo anti spread prevedono che l’intervento a favore di un paese sia “sterilizzato”, ossia non abbia effetti sulla creazione totale di moneta nell’Eurozona. Per capire le difficoltà della Bce, occorre tenere conto di due altre considerazioni. La prima  è che i principi che delimitano l’azione della Bce, affinché essa non travalichi il suo mandato, sono scolpiti in numerose sentenze della Corte di Giustizia dell’Eu e anche della Corte costituzionale tedesca. La seconda considerazione è che la Bce è sostanzialmente impotente nel caso, che non riguarda l’Italia di oggi fin che c’è Draghi (dopo non si sa), in cui il debito di un paese è insostenibile. Il bazooka, posto che di bazooka si tratti, può evitare crisi che non sono pienamente giustificate dai fondamentali dell’economia e che talvolta possono autoalimentarsi e trasformarsi in insolvenza. Se invece non si intravede una combinazione di risanamento della finanza pubblica e crescita dell’economia tale da almeno stabilizzare il rapporto debito/pil, talché questo cresce senza limiti in tutti gli scenari plausibili, il bazooka è impotente. Checché ne dicano i residui sovranisti nostrani, la Bce non ha la bacchetta magica e non può trasformare un rospo in un principe.

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