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Redazionale

Qual è l’effetto Pnrr sul futuro di Fs

Il piano industriale decennale del gruppo prevede investimenti per 10-15 miliardi di euro ogni anno. In vista anche la riorganizzazione delle controllate statali in quattro poli, tra cui quello delle infrastrutture che riunirà rete ferroviaria, autostrade e Italferr

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In vista della presentazione del piano industriale del gruppo Fs previsto per il 16 maggio, vale la pena fare un bilancio del trasporto ferroviario negli ultimi due anni e capire come il Pnrr può contribuire a rilanciare il settore riducendo le diseguaglianze territoriali. I treni non si sono mai fermati durante la pandemia, anzi.  Se c’è un’immagine che è rimasta impressa nella memoria collettiva è l’assalto alla stazione di Milano al primo lockdown di marzo 2020. Da quel momento i treni hanno continuato a far viaggiare le persone (di meno) e le merci (di più) secondo una nuova dinamica della domanda che ha risentito dell’impatto del virus sul turismo e sul lavoro (smart working). C’è stato in questo settore un tale cambiamento strutturale da interrompere la crescita che andava avanti da diversi anni.

 

Mentre il virus si espandeva a livello globale, i trasporti ferroviari hanno continuato a funzionare tra restrizioni, autocertificazioni, mascherine e green pass, ma diversamente, per esempio, dai supermercati non hanno potuto beneficiare del nuovo ciclo economico che molti osservatori hanno paragonato a tempi di guerra. In questo contesto il gruppo Fs è riuscito ad assicurare il servizio in assenza di una domanda adeguata a remunerare gli investimenti e a coprire i costi operativi. Costi che, però, in quel periodo, sono addirittura cresciuti per effetto dei processi di sanificazione e sicurezza, come quello di dotare treni e stazioni di tutti i dispositivi di controllo e prevenzione contro la diffusione del virus.

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In condizioni normali, laddove, la domanda è scarsa, sono lo Stato e le Regioni ad accollarsi parte dell’onere affinché il diritto sia assicurato con intercity e treni regionali attraverso contratti di servizio e il versamento dei corrispettivi che colmano il gap tra costi e ricavi da vendita di biglietti e abbonamenti (calmierati per rendere il servizio accessibile). La pandemia ha però elevato quel gap tra costi e ricavi su tutti i treni, e così anche quelli cosiddetti “a mercato”, come le Frecce, non solo non hanno generato profitti ma in certi momenti addirittura perdite.

 

Appare, quindi, almeno pretestuosa la polemica di chi sostiene che senza il ristoro dello stato Fs non sarebbe tornata all’utile (nel 2021 i ricavi operativi sono stati pari a 12,2 miliardi con profitti netti per 193 milioni). Situazioni analoghe si sono verificate in tanti altri paesi senza suscitare stupore o indignazione ed è questa la ragione per cui il Recovery plan ha rilanciato gli investimenti ferroviari in tutta Europa. Peraltro, i ristori per la pandemia hanno interessato molteplici settori e non poteva che essere così anche per quello della mobilità, che non si è mai fermato anche quando limiti di domanda (lockdown) e limiti di offerta (contingentamento dei posti sui treni per motivi sanitari) hanno prima quasi azzerato e poi ridotto i ricavi.

 

Il punto, semmai, è un altro e cioè che finalmente si torna a parlare di investimenti e riforme grazie alla visione di Next generation Eu e alle ingenti risorse previste dal Pnrr, che potranno contribuire a ridurre il gap tra nord e sud nel rispetto di princìpi di coesione territoriale e senso di appartenenza ad un’unica comunità che anche il presidente Sergio Mattarella ha auspicato. La sfida che ha davanti il gruppo Fs sotto la guida di Luigi Ferraris è creare i presupposti organizzativi per il rilancio delle attività e fare in modo di non sprecare l’opportunità delle risorse europee.

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Una delle novità più attese del nuovo piano industriale decennale, che prevede investimenti per circa 10-15 miliardi all’anno, è, infatti, la riorganizzazione delle società controllate. Saranno accorpate in quattro distinti poli, omogenei per missioni. Per esempio, in quello delle infrastrutture confluiranno e lavoreranno in maniera più sinergica Rfi (cioè la rete ferroviaria), Anas (la rete stradale) e Italferr (società d’ingegneria), con l’obiettivo di ottenere economie di scala, migliore pianificazione sul territorio e integrazione più efficace tra strada e ferrovia

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