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La tassa sugli extraprofitti è a rischio ricorso, ma non è un problema di questo governo

Alberto Chiumento

La norma da cui il governo punta a finanziare parte delle misure contro il caro energia è “disegnata male” ed è probabile che "risulti incostituzionale”, dice il professore di diritto tributario Dario Stevanato 

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Una tassa “disegnata male” che “ricorre a una base imponibile atipica che non valuta né gli utili né il sovra reddito. E’ piuttosto un aggregato lordo, estremamente grossolano, che risulta scorretto e finisce per colpire anche altri soggetti. Il rischio che la norma risulti incostituzionale è alto”. Nonostante il tentativo del governo di evitare una Robin tax due, già dichiarata incostituzionale nel 2015, la recente tassa sugli extraprofitti che molte società energetiche dovranno pagare entro il 30 giugno per finanziare parte delle misure contro il caro bollette presenta più di una criticità, spiega al Foglio Dario Stevanato, professore ordinario di diritto tributario all’università di Trieste e avvocato. Non basta il carattere “straordinario”e l’introduzione di maggiori controlli per mettere al sicuro la norma da eventuali ricorsi. La base imponibile è data dall’incremento oltre i 5 milioni di euro del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, al netto dell’Iva, tra l’1 ottobre 2021 e il 31 marzo 2022 e tra l’1 ottobre 2020 e il 31 marzo 2021: su questa eccedenza dovrà essere pagato il 10 per cento.

 

“Bisogna ammettere che stiamo parlando di contesti fiscali e aziendali molto tecnici. Isolare gli extraprofitti dovuti all’aumento delle materie prime è difficile, ma si doveva fare molto meglio. Ad esempio, si sarebbe dovuto ragionare sugli utili aziendali prodotti piuttosto che sul saldo. Anche utilizzare la redditività media delle aziende del settore avrebbe permesso calcoli più precisi: i bilanci aziendali consentono questi conti. Definire in modo così arbitrario la base imponibile di una tassa è azzardato”, nota Stevanato.

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C’è anche un aspetto più banale su cui il decreto poteva fare meglio. E’ poco sensato utilizzare come riferimento di base il periodo tra ottobre 2020 e marzo 2021. In quel momento il prezzo del petrolio, pur in rapida risalita, partiva da un livello ancora molto basso (intorno ai 40 dollari) per via della mobilità fortemente limitata. Sarebbe stato più equo un confronto con i livelli pre pandemici. “In generale, il modo in cui ha agito il governo in questa situazione mi sorprende perché si espone a molte critiche, pur avendo l’esempio recente della Robin Tax  del 2008.” La causa però potrebbe essere la fretta di trovare una copertura economica per abbassare il prezzo della benzina. “Questa è l’unica giustificazione. Il governo, conoscendo il gettito di cui aveva bisogno, lo ha rapidamente individuato in questo settore e in questa tassa. Altri tipi di interventi sarebbero più difficili e avrebbero richiesto più tempo. Temo però che non basti per rendere la norma razionale. La Corte Costituzionale in molti casi ha detto che il carattere straordinario e temporaneo può salvare la norma dalla incostituzionalità, ma non è detto che ciò accada”. Le aziende dovranno versare il contributo entro fine giugno. L’eventuale ricorso alla Corte, che Stevanato giudica probabile, ha tempi lunghi, circa due anni. Le conseguenze politiche, quindi, non ricadrebbero su questo governo, ma sul prossimo.

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