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vita oltre il pnrr

Il caro energia pesa sugli agricoltori 36 miliardi. Un appello di Coldiretti

Annalisa Chirico

"Con l'aumento dei costi energetici dobbiamo puntare su innovazione, biometano e biogas". Parla Ettore Prandini

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Noi, come Coldiretti e Filiera Italia, siamo pronti a presentare al governo progetti immediatamente esecutivi, non vogliamo perdere un centesimo delle risorse stanziate dal Pnrr”, parla così al Foglio il presidente di Coldiretti Ettore Prandini che sprona le istituzioni ad “aprire i bandi il prima possibile, non c’è tempo da perdere”. E’ tutto un fermento di iniziative dalle parti di Palazzo Rospigliosi dove si staglia la maestosa sede della prima organizzazione di rappresentanza dell’agricoltura italiana. “Le nostre parole d’ordine sono qualità e innovazione. E’ nostro compito creare valore, oltre che quantità. E’ urgente ridurre i costi energetici, puntare su energie pulite, nucleare di quarta generazione e cisgenetica. Soltanto così saremo in grado di tutelare la biodiversità italiana, non vogliamo diventare un paese standardizzato”. 

Il Pnrr destina 6,8 miliardi al settore primario: quali le vostre priorità? “Il focus centrale è la logistica che oggi penalizza fortemente la competitività delle nostre aziende. Serve un piano di carattere strategico: dare poco a tutti non serve, la logica a spezzatino è dannosa”. 1,2 miliardi andranno ai contratti di filiera. “Per troppo tempo il settore produttivo e quello della trasformazione e commercializzazione si sono considerati avversari recandosi danno a vicenda. Alla singola impresa agricola va riconosciuto un compenso giusto attraverso la stipula di contratti pluriennali che fungano anche da stimolo a innovare e a investire, per esempio, in un minore utilizzo di prodotti fitosanitari”. 

Quanto pesa sugli agricoltori l’aumento dei costi energetici? “L’impatto è enorme. Il dato della settimana in corso riporta un aumento, rispetto al 2019, di 36 miliardi sull’intero settore produttivo italiano, in buona parte sul comparto agroalimentare”. Voi, con il Consorzio italiano biogas, avete lanciato un progetto per immettere nella rete 6,5 miliardi di metri cubi di biometano agricolo entro il 2030. Ci riuscirete? “Con Cib procediamo spediti, anche grazie al contributo del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Le rinnovabili non possono soddisfare da sole l’intero fabbisogno energetico italiano, a ciò si aggiunge l’esigenza di renderci meno dipendenti dall’import di gas liquido. E’ triste dirlo ma, con l’aumento dei costi energetici e l’impossibilità di scaricarli sul consumatore finale, dobbiamo farcene carico noi. Di questo passo non andremo avanti, perciò dobbiamo puntare su innovazione, biometano e biogas, idrogeno verde, cisgenetica”. Ma voi non eravate contrari agli Ogm? “La cisgenetica non è Ogm. E’ una tecnica di modificazione genetica che non mischia i dna di piante diverse ma interviene esclusivamente sul dna della medesima pianta per renderla più resistente a parassiti e siccità. Esistono centri di ricerca avanzati, come la Siga in Veneto, che vanno sostenuti. Gli Ogm sono il passato, le biotecnologie sostenibili come il genome editing sono il futuro”. 

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Il Pnrr destina 1,5 miliardi all’agrisolare: sull’agrivoltaico siete soddisfatti dell’accordo raggiunto? “I pannelli sospesi a circa tre metri e mezzo dal suolo saldano una sinergia importante tra agricoltura ed economia circolare. Gli attuali tetti al numero di impianti consentiti su base annuale andrebbero superati: se ci sono imprenditori disposti a investire, incentiviamoli. Abbiamo raggiunto invece una buona mediazione con il ministro Cingolani sui limiti allo spazio installabile, mai superiore al 10 percento della superficie totale. In generale, vogliamo investire di più in geolocalizzazione, agricoltura di precisione, sensoristica, tracciabilità (con blockchain e Qr code). Abbiamo già ridotto drasticamente l’impiego di fitosanitari e vogliamo sviluppare la chimica verde per realizzare prodotti alternativi che mettano al sicuro la capacità produttiva. Dobbiamo puntare all’autosufficienza, anche sui bacini di accumulo idrici. In Italia tratteniamo soltanto il dieci percento dell’acqua piovana, la gestione idrica sembra guidata dal principio dello spreco: è tollerabile?”. Ma nord e sud si muovono a velocità differenziate. “L’agricoltura è un’opportunità per rafforzare la crescita nel meridione dove, negli ultimi anni, anche grazie ai giovani imprenditori, si sono compiuti progressi, per esempio nel vitivinicolo in Sicilia e in Puglia dove prima il vino era venduto in cisterna, adesso in bottiglia. Insieme alla quantità dobbiamo creare valore. Oltre il 60 percento del prodotto complessivo nazionale è realizzato in quattro regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna). I modelli vincenti vanno replicati nel resto del paese”.

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