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Editoriali

Italia, ricordati del debito

Redazione

Non bastano il Pnrr e nuove regole, serve più crescita e quindi riforme

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Nel 2020, il debito mondiale è cresciuto di 24 trilioni di dollari, secondo il global debit monitor dell’Institute of international finance, toccando il 355 per cento del pil globale. L’incremento rispetto al 2019 è stato del 35 per cento, ben più che durante la grande crisi finanziaria del 2008 (quando aumentò “solo” del 10 per cento). Metà di questo peso è finito sulle spalle dei governi, il resto se lo spartiscono imprese (5,4 trilioni di dollari), banche (3,9 trilioni) e famiglie (2,6 trilioni). Partendo da questi dati, un’analisi di Alessandro Tentori, economista e capo degli investimenti di Axa Im, spiega cosa rischiano i paesi più indebitati e con una bassa crescita come l’Italia. Pur tenendo conto del momento particolare in cui nessuno critica più gli stati per il deficit troppo alto, ci si domanda cosa accadrà nel lungo periodo. La dinamica del debito pubblico italiano, è il ragionamento di Tentori, dipende da tre fattori: crescita potenziale, costo del finanziamento e inflazione.

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Nel 2020, il debito mondiale è cresciuto di 24 trilioni di dollari, secondo il global debit monitor dell’Institute of international finance, toccando il 355 per cento del pil globale. L’incremento rispetto al 2019 è stato del 35 per cento, ben più che durante la grande crisi finanziaria del 2008 (quando aumentò “solo” del 10 per cento). Metà di questo peso è finito sulle spalle dei governi, il resto se lo spartiscono imprese (5,4 trilioni di dollari), banche (3,9 trilioni) e famiglie (2,6 trilioni). Partendo da questi dati, un’analisi di Alessandro Tentori, economista e capo degli investimenti di Axa Im, spiega cosa rischiano i paesi più indebitati e con una bassa crescita come l’Italia. Pur tenendo conto del momento particolare in cui nessuno critica più gli stati per il deficit troppo alto, ci si domanda cosa accadrà nel lungo periodo. La dinamica del debito pubblico italiano, è il ragionamento di Tentori, dipende da tre fattori: crescita potenziale, costo del finanziamento e inflazione.

 

Nello scenario migliore, grazie anche al Pnrr, la crescita potenziale potrebbe salire dallo 0,25 per cento degli ultimi vent’anni allo 0,5 per cento (media Ue: 1,25 per cento), il costo del debito ridursi dall’attuale 3,5 per cento all’1,3-1,4 per cento (media dei paesi membri) e il tasso di inflazione convergere verso il target della Bce. Ma tutto questo non è affatto scontato che accada e, comunque, l’Italia impiegherebbe più di 10 anni per riportare il debito (ora al 159 per cento del pil) al livello pre Covid. La conclusione è che il paese deve giocare la sua partita sul terreno delle riforme. A partire dal settore pubblico (giustizia, burocrazia, istruzione, fisco), per assicurare un rapido miglioramento del livello di efficienza del sistema complessivo stimolando, di conseguenza, la crescita anche sopra lo 0,5. Dunque, a prescindere da come andrà a finire il negoziato europeo sulle nuove regole di bilancio, l’Italia dovrà fare i compiti a casa, tanto più che è improbabile che venga cambiato radicalmente il Patto di stabilità, come peraltro è emerso dall’Eurogruppo.

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