Gli uffici della Fiat in via Nizza, a Torino (foto LaPresse)

Il lento addio della Fiat a Torino, città ormai condannata alla decadenza

Manuel Orazi

La famiglia Elkann vende la palazzina direzionale in via Nizza, che fu ufficio di Gianni Agnelli e Marchionne. Sicuri che evaporare totalmente dall'ambiente urbano non sia una fesseria?

Il lento svuotamento e ora la messa in vendita ufficiale della storica Palazzina degli Uffici Fiat in via Nizza è l’ultimo atto di uno stillicidio continuo che vede da tempo il distacco della Fabbrica Italiana Automobili Torino proprio dalla città che le ha dato il nome. Recentemente assorbita nel gruppo Stellantis, le tracce della Fiat nel capoluogo piemontese sono davvero poche: ha fatto poco notizia la flebile protesta di Chiara Appendino per la decisione di produrre le batterie per le macchine elettriche a Termoli invece che a Grugliasco, che forse chiuderà definitivamente, mentre Mirafiori resta lì come un grande pachiderma urbano in attesa di un destino che non appare roseo. 

 

La pista di collaudo, al Lingotto (foto Unsplash)

 

Il Lingotto era già stato dismesso nel 1981, primo grande atto di rigenerazione urbana italiana imposta dalla Fiat alla città, oggetto di un concorso internazionale a inviti vinto dallo studio di Renzo Piano (e un giovane Mario Cucinella come capoprogetto) che ha portato negli anni il complesso a ospitare più funzioni, centro commerciale, sede universitaria, uffici, e centro congressi dove Walter Veltroni si candidò a segretario del Pd appena nato (2007) nonché sede del Salone del libro e della Pinacoteca Agnelli – ultimo lascito dell’Avvocato alla sua città. Il Lingotto però è stata soprattutto la fabbrica di automobili più amata da Le Corbusier perché con la sua pista di collaudo sul tetto e la rampa tutta curve per salirvi con la Balilla incarnava la modernità stessa, cemento armato e velocità. La sua teoria del machinisme trovava lì uno dei suoi punti d’appoggio più solidi e la mostra tuttora in corso alla Pinacoteca Agnelli lo testimonia. 

 

Lingotto (foto Unsplash)

Ciononostante la famiglia Elkann non solo ha deciso che presto il tetto del Lingotto diventerà un giardino verde, quasi a vergognarsi del passato automobilistico, ma per di più vende la palazzina direzionale che fu ufficio del fondatore Giovanni Agnelli e poi di Vittorio Valletta, di Gianni Agnelli, Cesare Romiti fino a Sergio Marchionne. Il progettista della palazzina era lo stesso del Lingotto, l’ingegnere Giacomo Matté Trucco, classicista e modernista allo stesso tempo proprio come Le Corbusier che aveva paragonato il Partenone a una Delage nel suo libro capitale Vers une architecture del 1923, stesso anno dell’inaugurazione del Lingotto. Come può il marchio torinese fondamentale privarsi di un edificio così importante per la storia d’Italia? Non sarà una colossale fesseria anche a livello di marketing evaporare totalmente dall’orizzonte urbano? 

 

La Pinacoteca Agnelli, al Lingotto di Torino (foto Unsplash)

 

"La decadenza di Torino è ormai piuttosto evidente"

 

Secondo Filippo De Pieri, professore di storia dell’architettura al Politecnico di Torino, la zona di via Nizza che culmina con l’area del Lingotto è una grande città lineare che la nuova metropolitana ha consolidato e in posizione privilegiata per chi in auto vuole raggiungere la pianura padana, cioè più o meno tutti: “La decadenza della città è piuttosto evidente, solo lo smart working ha reso possibile trovare posto sul Frecciarossa per e da Milano, il disimpegno della Fiat è evidente, in città resta praticamente solo la Lavazza che di recente ha costruito la sua nuova sede operativa su progetto di Cino Zucchi, architetto milanese”. Ricominciamo con la solita solfa che tutto nasce a Torino (la moda, la Rai, l’Einaudi) e tutto prima o poi se ne va a Milano? “No, però è vero che lo svuotamento industriale della città lascia molte preoccupazioni per l’intera regione. Sulla stessa area di via Nizza incombe peraltro la nuova sede della Regione Piemonte, il grattacielo di Massimiliano Fuksas oggetto di molte controversie, ma che finalmente dovrebbe essere completato entro il prossimo anno e che porterebbe nuova linfa a questa città lineare. Il Lingotto invece è allineato alla ferrovia e non a via Nizza come il resto degli edifici, compresa la palazzina, che in ogni caso sono ancora legati alla storia della Fiat. Molta parte del patrimonio edilizio qui è costituito da quartieri Ina-casa chiamati ancora ‘case Fiat’ e abitato da un ceto medio basso sempre più impoverito".

 

"La lunghissima riqualificazione del Lingotto– ricordo memorabili spettacoli di Luca Ronconi e concerti di musica elettronica al suo interno quando era ancora vuoto – ha almeno attratto negli anni nuove attività come il primo Eataly di Oscar Farinetti, ora c’è anche la sua estensione Green Pea (supermarket ecosostenibile) e la nuova scuola Enrico Fermi di Bdr Bureau, frutto di un concorso organizzato dalla Fondazione Agnelli, tutto insomma parla di questo lungo legame, reciderlo con un colpo di forbice fa male e soprattutto, viste le dimensioni del gruppo Stellantis, sembra davvero insensato. Fra l’altro Le Corbusier, nella sua foga modernista di macchinizzazione dell’architettura, oltre che al Lingotto si era ispirato al sistema di produzione in serie della Citroën, che fa parte del gruppo, venderanno anche la loro sede storica a Parigi?”.

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