Qualcuno guarda e basta

Superbonus e fiducia, arrivano gli anni ruggenti dell'immobiliare?

Michele Masneri

Salgono soprattutto le vendite nelle zone semicentrali, ma qualcuno vuole davvero andare a vivere in campagna

Chi l’ha detto che i banchieri, soprattutto centrali, sono tristi? Ecco che una ricerca di Bankitalia su come cambiano gli usi immobiliari degli italiani dopo la pandemia si intitola “Living on my own”, con citazione di Freddie Mercury, e traduzione in italiano tipo “Vado a vivere da solo”, altro grande culto  (a proposito, tanti auguri Jerry Calà, buon settantesimo compleanno): ma al di là dei riferimenti alti o bassi e delle playlist e cinematografie, la Banca d’Italia insieme a Immobiliare.it registra quello di cui empiricamente ci eravamo accorti anche da noi: e cioè che oggi, dopo la pandemia, comprarsi casa è l’equivalente dell’andare fuori a cena, per i ricchi.

 

E così se le nostre città sono oramai distese di tavolini dove gozzovigliamo su strisce bianche e blu alla faccia dei poveri possessori di auto, festeggiando a tavola la ritrovata libertà (ma anche il ritorno di quegli orari micidiali, cena alle nove, fine-cena mai, ritorno all’una di notte col bruciore di stomaco che si era scordato nei beati anni del castigo covidico), i siti di case vanno in tilt, è tutto un brulichio di vendite e acquisti. “Tutto un vendesi e affittasi”, come cantava un altro Poeta: ma soprattutto compravendite. Non fai a tempo a salvare una ricerca (tutti noi abbiamo delle ricerche immobiliari salvate. E’ inutile che facciamo finta), che subito i tuoi preferiti non sono più attivi. Non fai a tempo a chiamare l’agenzia che l’immobile è stato venduto. “Avrei qualcosa d’altro in zona!”. “No! Volevo quello!”.

 

A piacere – aveva ragione Boeri! Torna Boeri, tutto è perdonato! - sono soprattutto le case in campagna e in zone semicentrali. Più 11 per cento. E poi naturalmente con terrazzi e balconi, per non dover mai più rimanere bloccati in quattro nel bilocale mentre il papà fa zoom, il piccino la Dad e la moglie tik tok, o viceversa.

 

E i poveri centri storici?  Sono ormai spopolati e regno del gabbiano ormai padronale, che ha perso ogni timidezza e plana su apericene e coni gelato, affamato e incattivito dai mesi di dieta. A Roma e Milano poi, si sa, chi compra casa oggi è posto davanti a un innovativo dilemma: si trova davanti a planimetrie che vedono la scomparsa del salone e della cucina e invece il fiorire di bagni, anche sei, mettiamo, in cinquanta metri quadri, e denotano dunque che lì sorgeva un b&b. E lì, veramente autobiografia del Paese, testimonianza di quel  reddito di cittadinanza immobiliare della nostra generazione, quaranta e cinquantenni nati nei Settanta dunque con grandi aspettative, mandati in giro per il mondo a studiare le lingue e poi ritornati qui a dimenticarle. E i più fortunati di noi, alla fine, mettevano da parte le aspettative e a frutto le suddette lingue conversando con turisti nei check in e check out, lasciando marmellatine, e sfruttando la mansarda lasciata dalla pòra nonna, arredandola Ikea con pezzi di imitazione danese, rendendola appetibile online grazie a famigerati grandangoli e filtri. Per fortuna adesso i turisti adesso stanno tornando, i micidiali torpedoni a due piani hanno ricominciato a incagliarsi nel traffico tipo grandi navi.

 

Ma intanto, chi sono questi italiani che comprano forsennatamente casa? Saranno segreti plutocrati, quelli a cui Letta vuole imporre la crudele patrimoniale? O non piuttosto semplici mitomani? Nomisma, con pragmatismo prodiano, mette in guardia. In una sua  ricerca il think tank bolognese  denuncia una "miopia familiare" per cui da una parte gli italiani hanno più soldi in tasca (dopo un certo numero di delivery, e lievito, e bottiglie di vino, e acquisti compulsivi su Amazon, ci si stufa, e così si è risparmiato molto in questi mesi); dall'altra ripongono una fiducia bestiale e forse esagerata nel futuro. Per Nomisma è "sorprendente" il dato di tutti questi che vogliono comprare casa: 12,8 per cento contro 9,5 per cento dell’anno scorso. Ci sono tre tipologie:  gli "equipaggiati" pari a 1 milione di soggetti (3,9 per cento) che se la possono veramente permettere. Gli "incauti" pari a 1,8 milioni (7 per cento) che dovrebbero stare un po’  attenti. E infine gli "sprovveduti" ossia 504 mila (1,9 per cento) che sono saldamente convinti di cambiare casa anche se palesemente non se la possono permettere. Dei 3,3 milioni che vogliono comprare, solo 804 mila sono "credibili".

 

E sarà l’attrazione del leggendario Superbonus, animale divino protettore del mattone, creatura mezzo ponteggio e mezzo Spid, che secondo le leggende permetterebbe di ristrutturare casa gratis (ma nessuno che conosciamo è mai riuscito a superare le burocrazie necessarie per ottenerlo); o invece tutta questa fiducia nel “rimbalzo”? Secondo l’Istat infatti gli italiani ci credono di brutto. “Il miglioramento è trainato dalle aspettative”, spiega Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo, patriottico, certo, e come non potrebbe, con quel cognome. E però,  “mentre i giudizi sulla situazione economica dell’Italia hanno toccato un nuovo minimo storico, le attese sono salite ai massimi da giugno del 2018”.

 

Insomma siamo sempre lì tra realtà e negazione. Il limbo in cui da sempre alligna il voyeur immobiliare, il famoso “perditempo”, che una volta gli annunci, quando erano cartacei e non online, aborrivano. Oggi invece nel mondo di Instagram e dei social guardare è incoraggiato, guardare è già un po’ comprare. Così già molto tempo fa il ceo di Immobiliare.it, il sito che raccoglie i sogni più torbidi degli italiani (altro che Youporn), disse qui che dall’enorme massa di dati in loro possesso emergeva una scissione: il taglio più ricercato di appartamento in Italia è il trilocale, ma quello che in realtà si vende è il bilocale. E i voyeur immobiliari sono particolarmente giovani: il 47 per cento degli utenti con meno di 25 anni, si apprese, guarda gli annunci online “come fonte di svago”. Insomma eccoci qui, usciti forse dalla crisi gli italiani si buttano in un ballo del mattone però su TikTok, un po’ vero un po’ no. Un popolo assai fiducioso che sbircia il parquet, ma poi si fa il linoleum.  

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).