il vero guaio del pnrr

Mancano i lavoratori, non il lavoro

La differenza tra domanda e offerta è un guaio più serio dei licenziamenti che si sbloccano

Dopo 471 giorni di blocco dei licenziamenti – scadrà il 30 giugno e le nuove proroghe generalizzate chieste dal sindacato e sponsorizzate dal ministro del Lavoro Andrea Orlando dovrebbero, pare, essere limitate ai settori più in crisi come abbigliamento e tessile – il mercato del lavoro esce dalla bolla Covid che ha finora impedito di osservare una fotografia reale della disoccupazione. Non ne esce, però, con le premesse di rinnovamento come è invece accaduto in molti altri campi della vita pubblica sotto pandemia (il principale riguarda Palazzo Chigi).


Per esempio le imprese edili in grado di effettuare l’efficientamento energetico degli edifici utili anche all’erogazione del bonus pubblico del 110 per cento lamentano l’assenza di manodopera specializzata, principalmente termoidraulici, impiantisti, capicantiere senza i quali le ristrutturazioni falliscono l’obiettivo green e non si ottengono i rimborsi. Basta dire che il superbonus lanciato a luglio 2020 ha finora riguardato solo in minima parte (il 10 per cento delle domande) i condomini per i quali era stato pensato, mentre tra chi effettua gli interventi spiccano grandi gruppi, tipo l’Enel, e banche, per la garanzia pubblica, che preferiscono lavorare per committenti commerciali a elevato fatturato. Questo problema, scrive sul Corriere della Sera Alberto Brambilla (esperto già vicino alla Lega, poi su posizioni critiche contro Quota 100) minaccia l’intera attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: “I progetti per le nuove infrastrutture, quelli per le energie rinnovabili, i trasporti e la mobilità sostenibili previsti dal Pnrr non sono ancora partiti, eppure nel nostro paese oggi è difficile trovare un’impresa edile che sia disponibile anche a iniziare un piccolo lavoro”. Stessa cosa per il turismo, dove come ogni anno mancano cuochi, camerieri e bagnini, e i pochi iscritti alle scuole professionali, turistiche e alberghiere sono tutti prenotati.

Oltre a questo, come hanno evidenziato una settimana fa il presidente di Enit Giorgio Palmucci, il regional manager Italia di Booking.com Alberto Yates, il direttore generale di Federalberghi e il sindaco di Firenze Dario Nardella, mentre continua a crescere il peso delle agenzie online (Ota, online travel agency) le strutture piccole e medie stentano a soddisfare gli standard qualitativi e la velocità di connessione informatica richiesti. Eppure le grandi catene, dove il personale è già qualificato, potrebbero teoricamente fare a meno delle Ota, che per loro assicurano mediamente il 5 per cento di incremento della clientela, al contrario piccoli alberghi, b&b, stabilimenti dipendono dall’online per il 30 per cento che sale al 70 per gli ospiti stranieri. Al tutto si sono aggiunti incentivi fallimentari come il bonus vacanze e inviti di gusto provinciale al “turismo di prossimità” (un modo paludato per definire la gita fuori porta?) escogitate soprattutto nell’estate 2020.

Brambilla però indica un problema più generale, annoso, e per il quale i mesi di pandemia non sono certo stati impiegati al meglio. “L’Italia si trova all’ultimo posto con la Grecia nelle classifiche per occupazione totale: 58 per cento contro la media Ue del 68 e di oltre il 75 dei paesi del Nord Europa; per occupazione femminile: 49 per cento contro 63 Ue e 75 Nord Europa; e giovanile dove siamo addirittura alla metà della media e a distanza stellare rispetto ai paesi più virtuosi”. A peggiorare la situazione sono state, secondo l’esperto, non solo l’inesistenza di scuole professionali ma una politica del lavoro totalmente insufficiente negli ultimi quattro anni. Sono quelli nei quali Quota 100 si è sommata al Reddito di cittadinanza e successivamente al blocco dei licenziamenti (unico paese tra i 28 europei), alla cassa integrazione gratuita, alle nuove forme di sostegno, tipo Naspi, senza controllo effettivo né analisi di utilità per settori. Eppure secondo un’indagine Excelsior-Unioncamere sarebbero disponibili circa un milione di posti di lavoro, e 1,2- 2 milioni nel 2024 nel settore privato, e 720 mila nel pubblico. Il flop del primo timido tentativo effettuato con la “formula Brunetta”, il ministro della Pubblica amministrazione, il concorso per 2.800 tecnici nel sud al quale hanno partecipato due candidati su tre giudicando la selezione (40 domande in un’ora) troppo dura, è la dimostrazione e un segnale d’allarme.

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