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La svolta sulla banda larga è un credito di imposta

Sergio Boccadutri e Carlo Stagnaro

Si risparmierebbe tempo e si eviterebbero gli eventuali ricorsi. Un’idea per una vera rivoluzione

“E’ necessario giungere, nel più breve tempo possibile, a una soluzione idonea a consentire una rapida e completa copertura di rete”, ha detto il ministro per la transizione digitale, Vittorio Colao. "L’obiettivo di fondo degli interventi previsti è quello di garantire la massima efficienza degli investimenti nello sviluppo di tutte le infrastrutture di rete beneficiarie, nel rispetto delle regole del mercato e della promozione della concorrenza”. Un contributo importante è arrivato dall’Antitrust, che nella segnalazione sulla legge per la concorrenza ha sia bocciato l’idea della rete unica sia indicato che anche le cosiddette aree grigie dovrebbero beneficiare di un aiuto pubblico.

 

Ma qual è lo “stato dell’arte” del piano BUL per le aree bianche? A oggi è raggiunto circa il 19 per cento delle unità immobiliari previste. Il piano procede dunque a rilento, sebbene negli ultimi due anni le cose siano nettamente migliorate. Inoltre, la domanda di connettività rimane bassa: rispondendo alla deputata Enza Bruno Bossio, Infratel ha comunicato che al 15 marzo 2021 i clienti attivi erano 21.503, meno del 2 per cento dei potenziali clienti Ftth. Ciò aiuta a cogliere i limiti del modello finora perseguito. Ci sono altri due dati su cui Colao e Giancarlo Giorgetti dovrebbero riflettere: mentre il numero di case da connettere è sceso da 9,5 a 8 milioni grazie agli investimenti “a mercato” degli altri operatori, Open Fiber – che avrebbe dovuto focalizzarsi proprio sulle aree bianche – ha invece raggiunto 7 milioni di abitazioni nelle aree nere. Le attivazioni sono state circa 1,1 milioni, pari al 15 per cento. Connettere capillarmente il Paese serve anche per distribuire punti di accesso per l’erogazione di servizi 5G: occorre chiedersi come migliorare l’azione pubblica disegnando meglio gli strumenti di policy, non giocando con le architetture societarie delle imprese.

 

Una prima domanda riguarda l’apparente disinteresse delle famiglie nelle aree bianche, nonostante i voucher che avrebbero dovuto abbattere ogni residua barriera. E’ un fenomeno da tenere sotto osservazione: infatti gli obiettivi europei non sono solo di copertura, ma anche relativi al livello di adesione a servizi di connettività a banda ultralarga. Analogamente, andrebbe verificato quante tra le unità immobiliari connesse siano quelle per le quali la fibra arriva in prossimità, spesso anche a 20/30 metri dall’abitazione. In questo caso a carico di chi è il costo dell’effettivo allacciamento? Tale opera sembra esclusa dalle gare del Piano BUL, pertanto il costo ricade sull’operatore a cui l’utente richiede l’abbonamento. Da qui il potenziale uso distorto del voucher: come prevede anche il decreto Mise, il voucher dovrebbe garantire uno sconto sul canone di connessione a internet in banda ultralarga per almeno 12 mesi e non la copertura di altri costi. Inoltre, il collegamento fisico rappresenta una condizione abilitante dal lato dell’offerta e pertanto non dovrebbe essere “coperto” dal voucher. Questo “baco” produce il paradosso di un costo di attivazione maggiore nelle aree bianche rispetto a quelle nere o grigie: si parla di 150 euro contro 40 euro, cosa che potrebbe appunto penalizzare la sottoscrizione di abbonamenti.

 

Poi c’è la burocrazia. Il tracciato per l’allacciamento fisico, spesso, va realizzato su aree pubbliche (per esempio una strada), ma per poche decine di metri e per un intervento di qualche ora (si tratta in genere di piccolissimi scavi di 12 cm di profondità) è necessario attendere un’autorizzazione per diversi mesi. Su questo la segnalazione dell’Antitrust avrebbe potuto essere più incisiva. Il Pnrr dovrebbe individuare due misure e un metodo, lasciando perdere il volo pindarico della rete unica e il ruolo di Tim. Insieme alla copertura delle aree grigie, andrebbe inclusa la realizzazione dei “verticali” nei condomini, come suggerito da Antonio Nicita. Inoltre, il metodo da adottare è quello del credito di imposta. Nel caso delle aree grigie, lo si potrebbe destinare a progetti di coinvestimento redatti ai sensi del Codice europeo delle comunicazioni e quindi approvati dall’Agcom, in modo da garantire comunque la concorrenza tra operatori e tecnologie e la non discriminazione nell’accesso alla rete. Si risparmierebbe tempo, si eviterebbero le gare e gli eventuali ricorsi, mantenendosi nel solco delle regole europee, e probabilmente raggiungendo gli obiettivi di diffusione della rete anche prima del 2026, come chiesto da Colao. Allo stesso modo un credito di imposta, che consenta di recuperare tutto il costo, potrebbe essere riconosciuto al primo operatore che interviene su un condominio su richiesta di un utente, posto che l’infrastruttura rimarrebbe di proprietà dei condomini e chiunque altro potrebbe utilizzarla per offrire i propri servizi.

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