Foto Piero Cruciatti / LaPresse

Piani Generali, per uscire dalla crisi

Mariarosaria Marchesano

Il Leone festeggia 190 anni e lancia il piano post Covid con un occhio alle aggregazioni

Un fondo antipandemico da 3,5 miliardi di euro che investirà direttamente nella ripresa e nell’economia reale in Italia e in Europa. Così il gruppo Generali festeggia i suoi 190 anni sotto la guida del francese Philippe Donnet, il quale, durante la presentazione alla stampa di ieri, ha sottolineato il “carattere internazionale” del piano e la sua vocazione per la sostenibilità. “Vogliamo essere protagonisti della ripresa lasciando un segno concreto per il futuro, con un sostegno rilevante ai settori più innovativi, sostenibili e strategici per la rinascita dell’economia europea e per favorire l'inclusione di chi è stato maggiormente colpito dalla crisi”, ha detto Donnet affiancato dal presidente Gabriele Galateri di Genola, il quale ha espresso apprezzamento per la nascita del governo Draghi perché il numero di persone di qualità che sono state messe insieme “è davvero unico nella storia del nostro paese, almeno in quella che io conosco”.

 

Fenice 190 (questo il nome del progetto) è, dunque, un fondo europeo per uscire dalla crisi che con capitale proprio – eventualmente anche con la partecipazione di investitori terzi – punta a sostenere lo sviluppo di infrastrutture, iniziative digitali e piccole e medie imprese (1 miliardo già stanziato per 10 iniziative e altri 2,5 miliardi nei prossimi cinque anni). E per Donnet, che neanche un mese fa ha ridisegnato a sorpresa la prima linea manageriale della compagnia triestina, rappresenta la risposta al mutato scenario economico che sta chiedendo ad assicurazioni e banche di rendere più efficaci le strategie di investimento in un contesto di tassi d’interesse che restano bassi. Donnet ha cercato di trasmettere un’idea di futuro della compagnia triestina (“siamo sia assicuratori sia innovatori sociali”) che va al di là del business tradizionale e che punta a consolidare la crescita dimensionale su scala internazionale.

 

  

 

“Il comparto assicurativo è stato molto resiliente durante la pandemia, anche se alcune piccole e medie imprese si stanno trovando sotto pressione, essendo i gruppi internazionali più forti. Ritengo che ci saranno aggregazioni nell’industria assicurativa europea e cercheremo di giocare un ruolo proattivo in questi processi”, ha detto. Il Leone punta così a giocare un ruolo da protagonista in Europa sia nella ripresa economica che sarà trainata dal Recovery fund sia nelle future aggregazioni nel settore assicurativo che si renderanno necessarie proprio per effetto della crisi pandemica. Le sue mosse saranno seguite con attenzione dal mercato in una fase in cui un nuovo orizzonte si sta aprendo con la scalata di Leonardo Del Vecchio a Mediobanca che è la principale azionista del Leone con circa il 13 per cento del capitale. Del Vecchio stesso è poi grande socio di Trieste con il 4,8 per cento, poco dietro a Francesco Gaetano Caltagirone (5,65 per cento) e poco più avanti del gruppo Benetton (3,98 per cento).

 

Un incrocio di partecipazioni in evoluzione che negli ultimi mesi ha innescato alcuni rumor su possibili stravolgimenti di scenario ma che finora, però, non ha portato a grandi novità. Quello che conta, alla fine, sono i risultati e il consensus degli analisti stima per Generali un utile netto 2020 pari a 1,74 miliardi, in flessione rispetto al 2019 per effetto della pandemia, ma pur sempre un risultato riguardevole se si considera anche la solidità patrimoniale e la storia di dividendi in continua crescita negli ultimi 10 anni. A pensarci, chiusa la partita di Cattolica – investimento che a Generali tornerà utile per consolidarsi nel ramo danni e poco cambierà se nel capitale della compagnia veronese entrerà o meno la cordata capeggiata da Banca Finint – l’unico fronte davvero aperto per i soci è proprio quello della distribuzione degli utili. Dei 4,5-5 miliardi previsti per il periodo 2019-2021 mancano all’appello all’incirca 4 miliardi a causa dello stop arrivato dalle autorità di vigilanza europee e italiane (Ivass) in seguito allo scoppio del Covid. Divieto che in altri casi (per esempio la tedesca Allianz) è stato superato, ma che vige ancora per Trieste.