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Fisco, lavoro e credito: come evitare una nuova tempesta perfetta

Nicola Rossi

È necessario oggi evitare che bolla fiscale, bolla occupazionale e bolla creditizia si sovrappongano e scoppino all’unisono determinando l’uscita dal mercato di un numero significativo di imprese e la sparizione di posti di lavoro

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Il piano vaccinale è una priorità assoluta. E così anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Da rivedere, a dir poco, e completare. Ma non sono le uniche priorità. Ce n’è una terza che più che una priorità è forse un’emergenza nell’emergenza. A partire dal primo marzo prossimo verranno a scadenza, uno dopo l’altro, mese dopo mese, i tanti rinvii delle scadenze fiscali che hanno costellato il 2020 e che ora ci presentano il conto. A partire dal primo aprile prossimo si spalancano le porte dei licenziamenti. Infine, a partire dal primo luglio prossimo le imprese tornano a vedersi addebitate le rate dei finanziamenti oggetto nell’ultimo anno di una moratoria. Non ci vuol molto per pensare che è necessario oggi evitare che bolla fiscale, bolla occupazionale e bolla creditizia si sovrappongano e scoppino all’unisono determinando l’uscita dal mercato di un numero significativo di imprese e la sparizione di un numero altrettanto significativo di posti di lavoro. Una situazione che sarebbe ulteriormente appesantita dall’entrata in vigore – in data primo settembre 2021 – della assai più che imperfetta riforma del Diritto fallimentare approvata nel 2019.

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Il piano vaccinale è una priorità assoluta. E così anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Da rivedere, a dir poco, e completare. Ma non sono le uniche priorità. Ce n’è una terza che più che una priorità è forse un’emergenza nell’emergenza. A partire dal primo marzo prossimo verranno a scadenza, uno dopo l’altro, mese dopo mese, i tanti rinvii delle scadenze fiscali che hanno costellato il 2020 e che ora ci presentano il conto. A partire dal primo aprile prossimo si spalancano le porte dei licenziamenti. Infine, a partire dal primo luglio prossimo le imprese tornano a vedersi addebitate le rate dei finanziamenti oggetto nell’ultimo anno di una moratoria. Non ci vuol molto per pensare che è necessario oggi evitare che bolla fiscale, bolla occupazionale e bolla creditizia si sovrappongano e scoppino all’unisono determinando l’uscita dal mercato di un numero significativo di imprese e la sparizione di un numero altrettanto significativo di posti di lavoro. Una situazione che sarebbe ulteriormente appesantita dall’entrata in vigore – in data primo settembre 2021 – della assai più che imperfetta riforma del Diritto fallimentare approvata nel 2019.

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È abbastanza evidente che un rientro graduale dai provvedimenti straordinari del 2020 è la prima indicazione che è in questo quadro possibile dare. Ma è altrettanto evidente che non è con ulteriori rinvii che si pone rimedio ai rinvii del passato (così come l’eccesso di debito non si cura con nuovo debito). E quindi, per evitare che il sommarsi delle tre bolle dia origine a una nuova tempesta perfetta è opportuno sommare la gradualità con la strutturalità degli interventi. Alcuni esempi potranno chiarire il punto.

 
In campo occupazionale, si potrà pure procedere a una proroga selettiva del blocco dei licenziamenti, ma quel che ci attendiamo dal nuovo ministro del Lavoro è che, senza indugio, avanzi una proposta di riforma degli ammortizzatori sociali che ne renda non categoriale l’utilizzo e che si concentri sul lavoratore assai più che sul lavoro. Ce ne sarà bisogno comunque da aprile in poi, perché quale che sia la portata degli interventi prossimi venturi non poche imprese saranno costrette a cessare l’attività. Ce ne sarà bisogno anche per cominciare a svuotare il “magazzino” di tavoli di crisi da tempo inutilmente giacenti presso il ministero dello Sviluppo economico. Si tratta in molti casi di crisi che non ammettono soluzioni razionali (e che certo non si troveranno negli uffici di un ministero). 

 
In campo creditizio, il governatore della Banca d’Italia – in audizione davanti alla Commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario – ha chiarito sia la portata del fenomeno che sta maturando (fra i 60 e i 100 miliardi di nuovi crediti deteriorati), sia la natura dei provvedimenti auspicabili per contenerne l’impatto. A partire dalla quotidiana attività che l’Autorità di vigilanza svolge per far sì che gli istituti di credito non abbassino la guardia, per passare poi a un’estensione delle operazioni di cartolarizzazione di posizioni in sofferenza assistite dalla garanzia pubblica, per finire con interventi in materia di giustizia civile e di modalità di ristrutturazione d’impresa. A quest’ultimo proposito sarebbe altamente auspicabile che il Parlamento torni sui suoi passi e modifichi in profondità la riforma fallimentare del 2019. Come si è già avuto modo di segnalare su queste colonne, dietro al paravento della commendevole intenzione di cercare una soluzione alla crisi, la riforma mette sotto stretta sorveglianza l’impresa, per evitare non tanto l’esito del fallimento, quanto piuttosto temute frodi. Non è questo l’early warning disegnato dal Diritto europeo. Non è certo così che si dà all’imprenditore una “seconda occasione”.

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Infine, la bolla fiscale. In questo caso nuovi rinvii non sono possibili ma non è nemmeno possibile mantenere in vita procedure di definizione dei rapporti fra lo stato e i contribuenti che hanno da tempo mostrato la corda (come altro definire un tasso di riscossione pari al 13 per cento?). Procedure che stanno per dare vita ai 50 milioni di cartelle che minacciosamente aleggiano sul futuro prossimo degli italiani. E allora, in tempi molto brevi, forse è il caso di fermarsi, di effettuare una ricognizione della complessiva situazione debitoria di tutti i contribuenti in arretrato alla data del 31 dicembre 2021 (al netto delle sanzioni e degli interessi minori e, presumibilmente, anche degli importi di minore dimensione) e di proporre loro un sostenibile piano di rientro decennale.  Nessun condono ma semplicemente una diversa modalità di recuperare il credito da parte della Pubblica amministrazione, tanto più comprensibile in quanto coincidente con un’ampia riforma fiscale e un’incisiva lotta all’evasione.

  
Disinnescare le mine che abbiamo davanti è possibile. Dar loro un calcio per allontanarle è solo autolesionistico. Sostituirle con altre mine lo è ancor di più.
 

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