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Il buon metodo Boeri

Luciano Capone

Che sia tecnico o politico, il prossimo ministro del Lavoro dovrà fare scelte cruciali: riforma degli ammortizzatori, Rdc, quota 100, sblocco dei licenziamenti, politiche attive. Le idee dell'economista della Bocconi indicano una strada per "adattarsi alla nuova realtà, invece di cercare di preservare lo status quo”, come dice Draghi
 

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Un ruolo cruciale nel governo Draghi lo avrà il ministro del Lavoro. Tra i nomi di tecnici che circolano c’è Tito Boeri, mentre tra i politici si fa strada quello di Teresa Bellanova. Tra i tecnici, il profilo dell’economista della Bocconi è adeguato per due ragioni: dal punto di vista scientifico è un riconosciuto esperto del mercato del lavoro e da quello professionale, da ex capo dell’Inps, ha una conoscenza diretta dell’apparato burocratico-amministrativo che dovrebbe guidare. Inoltre, dal punto di vista delle idee, Boeri ha negli anni e anche negli ultimi mesi della pandemia manifestato preoccupazioni e soluzioni simili a quelle espresse da Draghi. E se pure la scelta del ministro del Lavoro dovesse essere politica, il modello Boeri merita di essere studiato.

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Un ruolo cruciale nel governo Draghi lo avrà il ministro del Lavoro. Tra i nomi di tecnici che circolano c’è Tito Boeri, mentre tra i politici si fa strada quello di Teresa Bellanova. Tra i tecnici, il profilo dell’economista della Bocconi è adeguato per due ragioni: dal punto di vista scientifico è un riconosciuto esperto del mercato del lavoro e da quello professionale, da ex capo dell’Inps, ha una conoscenza diretta dell’apparato burocratico-amministrativo che dovrebbe guidare. Inoltre, dal punto di vista delle idee, Boeri ha negli anni e anche negli ultimi mesi della pandemia manifestato preoccupazioni e soluzioni simili a quelle espresse da Draghi. E se pure la scelta del ministro del Lavoro dovesse essere politica, il modello Boeri merita di essere studiato.

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Draghi e Boeri condividono l’idea che, dopo una prima fase di sostegni per tamponare i danni della pandemia e dei lockdown cercando di conservare la capacità produttiva pre crisi, sia necessario andare verso uno scongelamento dell’economia. Per dirla con le parole dell’ex presidente della Bce contenute nel rapporto sull’economia post Covid realizzato per il G30, bisogna “adattarsi alla nuova realtà, invece di cercare di preservare lo status quo”. E pertanto i governi devono incoraggiare le trasformazioni delle imprese e agevolare gli spostamenti dei lavoratori tra aziende e settori in un processo che sarà di distruzione creatrice. Questo è ciò che è necessario e auspicabile, ma che nel concreto vuol dire fare scelte difficili e contestate. Una delle prime iniziative del nuovo governo dovrà essere una riforma degli ammortizzatori sociali. Ciò che la pandemia ha mostrato è l’esigenza di una trasformazione del welfare in senso universalistico, ad esempio estendendo la protezione agli autonomi che sono stati tra i più colpiti dalla crisi. In questo contesto si discuterà del Reddito di cittadinanza (Rdc), che sicuramente non verrà abolito, ma sarà indirizzato verso il contrasto alla povertà. Sul Rdc Boeri ha sempre avuto le idee chiare, ha manifestato sin dall’inizio la necessità di correttivi che ormai tutti condividono (riequilibrare la scala di equivalenza a favore delle famiglie numerose, introdurre controlli preventivi incrociando le banche dati patrimoniali, sviluppare le politiche attive che al momento non esistono). La riforma degli ammortizzatori sociali è propedeutica al superamento del blocco dei licenziamenti, una misura unica tra i paesi Ocse di cui i sindacati hanno chiesto la proroga. Da tempo Boeri ha espresso l’idea che il divieto dei licenziamenti non possa essere generalizzato ed esteso all’infinito, perché sarebbe insostenibile e controproducente per il mercato del lavoro.

 

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Per accompagnare i lavoratori verso nuovi settori sono invece necessari un sostegno economico, un percorso formativo e strumenti fiscali (come l’Earned income tax credit) per integrare il salario dei lavoratori a basso reddito. Si tratta di una misura che incentiva la partecipazione al lavoro, che in Italia è bassa al Sud e tra le donne, e facilita l’emersione del nero (l’opposto dei meccanismi perversi del Rdc). Inoltre renderebbe sostenibile il passaggio verso nuove occupazioni che offrono salari più bassi rispetto ai posti di lavoro persi. Si potrà discutere anche di salario minimo orario, su cui Boeri è favorevole, ma a livelli compatibili con l’economia, soprattutto differenziati in base alla produttività dei territori. Lo stesso si può dire dello scalone post quota 100: nessun regalo erga omnes, ma la libertà di andare in pensione dopo i 64 anni al prezzo però di un taglio attuariale dell’assegno. Queste le idee di Boeri. Ma anche se non dovesse essere lui il ministro del Lavoro di Draghi, sarà necessario pensare a un metodo diverso: il passaggio dai sussidi generalizzati agli aiuti selettivi.

 

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