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l'intervista

Ripartire dal lavoro. Appunti per l'agenda Draghi

Maria Carla Sicilia

L'incontro con sindacati e imprese rimette l'occupazione al centro dell'azione del prossimo governo, ma non c'è più tempo da perdere. "Occorre subito un sistema informativo e un patto con le parti sociali, il blocco dei licenziamenti è un errore senza politiche attive". Parla Maurizio Del Conte 

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Di fronte alle richieste di sindacati e imprese, ascoltati oggi a Montecitorio, toccherà al nuovo governo guidato da Mario Draghi trovare un punto di sintesi e avviare un percorso di riforme per rilanciare l'occupazione. Di certo, dopo un anno di paralisi dovuta al blocco dei licenziamenti e all’ampliamento della cassa integrazione, c’è solo che non è più possibile rimandare il problema, che tra gli effetti della crisi pandemica e le debolezze strutturali continua diventare sempre più grande. “Aver congelato il mercato del lavoro è un problema serissimo, perché alle transizioni normali che si sarebbero prodotte in un anno si sommano quelle determinate dal crollo del Pil”, dice al Foglio Maurizio del Conte, docente di Diritto del lavoro all’università Bocconi e già presidente di Anpal. Il quadro che si presenterà alla fine del blocco dei licenziamenti è una potenziale bomba che va disinnescata, dopo un 2020 che si chiuso con una contrazione dell’8,9 per cento del pil e 450mila posti di lavoro persi. La scadenza è fissata a fine marzo. Fino ad allora nell’agenda Draghi dovrà trovare spazio una programmazione di interventi finalizzati ad avviare un’enorme operazione di ricostruzione delle competenze di tutti quei lavoratori in cassa integrazione che restano legati a imprese con poche prospettive di ripresa. Per dirla con le parole di Draghi, quelle imprese zombie che rischiano di diventare solo rami secchi.

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Di fronte alle richieste di sindacati e imprese, ascoltati oggi a Montecitorio, toccherà al nuovo governo guidato da Mario Draghi trovare un punto di sintesi e avviare un percorso di riforme per rilanciare l'occupazione. Di certo, dopo un anno di paralisi dovuta al blocco dei licenziamenti e all’ampliamento della cassa integrazione, c’è solo che non è più possibile rimandare il problema, che tra gli effetti della crisi pandemica e le debolezze strutturali continua diventare sempre più grande. “Aver congelato il mercato del lavoro è un problema serissimo, perché alle transizioni normali che si sarebbero prodotte in un anno si sommano quelle determinate dal crollo del Pil”, dice al Foglio Maurizio del Conte, docente di Diritto del lavoro all’università Bocconi e già presidente di Anpal. Il quadro che si presenterà alla fine del blocco dei licenziamenti è una potenziale bomba che va disinnescata, dopo un 2020 che si chiuso con una contrazione dell’8,9 per cento del pil e 450mila posti di lavoro persi. La scadenza è fissata a fine marzo. Fino ad allora nell’agenda Draghi dovrà trovare spazio una programmazione di interventi finalizzati ad avviare un’enorme operazione di ricostruzione delle competenze di tutti quei lavoratori in cassa integrazione che restano legati a imprese con poche prospettive di ripresa. Per dirla con le parole di Draghi, quelle imprese zombie che rischiano di diventare solo rami secchi.

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“Una nuova proroga del blocco è ragionevole solo se si decide subito di fare tutto ciò che non è stato fatto in questo ultimo anno in termini di politiche attive – mette in chiaro del Conte – altrimenti è un fallimento, una resa ad affrontare il problema”. Un modo per cambiare paradigma e spostare il baricentro sulle politiche attive è quello di avviare un grande patto con le parti sociali, che secondo Del Conte possono diventare promotori del cambiamento. Averli coinvolti in questa fase di consultazioni può essere un buon inizio in questa direzione. “Bisogna condividere un percorso con le parti sociali per accompagnare i lavoratori nella transizione. Il punto è che in Italia le crisi vengono affrontate con lo scopo di salvare l’equipaggio che affonda e che non vuol lasciare la nave”, dice Del Conte. Un patto di responsabilità dovrebbe invece cambiare prospettiva: “Serve un forte coinvolgimento del sindacato, che deve farsi promotore di percorsi di uscita accompagnati mentre le imprese che crescono devono impegnarsi ad aprire le loro porte a tutti quei lavoratori travolti dalla crisi. E serve mettere in campo tutte le forze che ci sono, comprese le migliaia di agenzie per il lavoro, che devono essere chiamate a intervenire su questa missione, soprattutto se vogliamo essere rapidi nell’intervento”. I settori che dimostrano dinamismo e prospettive di crescita ci sono, continua Del Conte. Si pensi al digitale, alla logistica, al medicale, alla chimica e al green. “Non è un’economia che sarà ferma, quella del dopo crisi. Sarà vivace, ma bisogna sapere come indirizzare le persone”.

 

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Un punto di partenza sono le risorse messe a disposizione dal Next generation Eu. Nel piano di ripresa e resilienza compilato dal governo Conte sono poco più di 3 miliardi quelle destinate alle politiche attive. Ma la partita, con il nuovo esecutivo, è di nuovo aperta. “Quel documento andrebbe radicalmente cambiato – continua del Del Conte – Il primo passo da fare è adottare un approccio di sistema, di lungo periodo, che sappia ricostruire i servizi per il lavoro sul modello europeo, declinato con successo in paesi come Germania, Francia e Olanda”. Ma avviare una riforma strutturale richiede anni e di fronte all’urgenza del momento diventa indispensabile fissare delle priorità. Non solo dunque una revisione della governance e un rafforzamento dei servizi sul territorio, ma anche dotarsi di strumenti per individuare risposte da dare ai lavoratori che sono tagliati fuori dal mercato: “Occorre realizzare immediatamente un sistema informativo che connetta i dati delle imprese ai centri per l’impiego”, dice Del Conte. “Solo così possiamo avere un quadro reale del mercato del lavoro, anticipare i movimenti e analizzare le tendenze, orientando e formando chi cerca lavoro”. Si può fare presto e bene? “Sì, se il governo dà subito un segnale concreto usando le risorse a disposizione e vincolandole a questo scopo. Serve un piano di spesa tracciato su poche linee di intervento che siano da guida per le regioni, senza cadere nell’errore di distribuire in ugual misura i soldi ma indirizzando la spesa dove serve di più”. L’occasione, come in altri settori inclusi nel Recovery è di quelle che non si verificano molto spesso. Ci sono le risorse e c’è la necessità di voltare pagina per uscire dalla crisi, incidendo anche sulle debolezze strutturali che finora hanno penalizzato il sistema italiano. “Un intervento sull’emergenza può diventare l’occasione per disegnare progetto di lungo periodo”, conclude Del Conte. “Abbiamo un’occasione da non sprecare: dotare il paese di un’infrastruttura che permetta di fare un salto in termini di competitività che hanno fatto gli altri paesi europei”.

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