editoriali
Nel nome della riforma fiscale
Un nuovo governo può dare un senso alla legislatura se abbassa le tasse
It’s the economy, stupid. Ce lo raccontiamo sempre dopo le elezioni, ci si pensa poco prima. E c’è il bignamino di questa regola, che la semplifica ulteriormente, riducendola a “sono le tasse, stupidi”, come indicazione per presentarsi con qualche prospettiva davanti agli elettori e, in questo strano frangente italiano, anche come strategia per tenere insieme una composita maggioranza. Perché la riforma fiscale è lì e basta uno sforzo ragionevolmente possibile per realizzarla e intestarsela.
It’s the economy, stupid. Ce lo raccontiamo sempre dopo le elezioni, ci si pensa poco prima. E c’è il bignamino di questa regola, che la semplifica ulteriormente, riducendola a “sono le tasse, stupidi”, come indicazione per presentarsi con qualche prospettiva davanti agli elettori e, in questo strano frangente italiano, anche come strategia per tenere insieme una composita maggioranza. Perché la riforma fiscale è lì e basta uno sforzo ragionevolmente possibile per realizzarla e intestarsela.
Il fisco non è materia di ossessioni grilline né di loro veti furenti (non è la Tav, per dire), anzi, nel loro qualunquismo originario i 5 stelle sono tendenzialmente favorevoli a una minore pressione fiscale e i loro miti internettiani porterebbero anche ad apprezzare la semplificazione delle procedure. Il Pd ha idee un po’ più mature e strumenti per intervenire sul fisco come non si fa in modo organico dal 1973, Leu e Iv (se i renziani rientrano) hanno da dire e da dare soluzioni innovative senza che nessuno si arrabbi troppo.
Ne ha parlato il ministro Roberto Gualtieri e si sa che un tecnico di grandissimo valore come il direttore dell’agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, è pronto, anzi non vede l’ora, di mettersi al lavoro. Ieri in un velocissimo Consiglio dei ministri è stato prorogato di un altro mese l’invio delle cartelle esattoriali bloccate. E’ chiaro che questi sono micro rinvii di poca utilità se non dovessero sfociare in un ridisegno delle regole fiscali, approfittando perché dal male della pandemia e dell’economia bloccata e sussidiata emerga un bene per il fisco e per il dinamismo produttivo. Si può dare alle imposte sul reddito un senso, una corretta progressività, e renderle meno pesanti. E servono esattamente un paio d’anni, cioè il resto della legislatura.