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L’“uomo della pioggia” Orcel alla prova del dossier Monte Paschi

Stefano Cingolani

Formazione italo-francese, la svolta con Santander e quella banca che ha gettato un'ombra sulla sua brillante carriera

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Due romani, cinquantenni, considerati tra i più brillanti banchieri della loro generazione, siedono al vertice delle due principali banche italiane e saranno protagonisti di una sfida che può solo far del bene al sistema creditizio. Carlo Messina che ha portato Intesa Sanpaolo al primo posto e Andrea Orcel che guiderà Unicredit, l’unica banca italiana considerata sistemica su scala europea, si sono incrociati più volte (tra l’altro in occasione della fusione tra Intesa e Sanpaolo), ma sono diversissimi per origine, per esperienza professionale, per vocazione. Messina, 58 anni compiuti, ha studiato dai gesuiti, si è laureato alla Luiss, si è fatto le ossa alla Bnl prima di entrare in Intesa dove è salito passo passo fino in cima. Orcel, 58 anni da compiere, ha frequentato il Lycée Chateaubriand (la madre è italo-francese), si è laureato alla Sapienza e si è specializzato in Francia (alla Insed di Fontainbleau). A 25 anni è stato assunto da Goldman Sachs per poi passare alla Merrill Lynch. Dal 2012 ha guidato da Londra la banca d’investimento della svizzera Ubs. Nel 2018 viene chiamato dal Banco Santander, ma non si prende con Ana Botìn che ha assunto l’eredità del padre Emilio e il matrimonio non viene consumato. Resta uno strascico giudiziario da 112 milioni di euro.

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Due romani, cinquantenni, considerati tra i più brillanti banchieri della loro generazione, siedono al vertice delle due principali banche italiane e saranno protagonisti di una sfida che può solo far del bene al sistema creditizio. Carlo Messina che ha portato Intesa Sanpaolo al primo posto e Andrea Orcel che guiderà Unicredit, l’unica banca italiana considerata sistemica su scala europea, si sono incrociati più volte (tra l’altro in occasione della fusione tra Intesa e Sanpaolo), ma sono diversissimi per origine, per esperienza professionale, per vocazione. Messina, 58 anni compiuti, ha studiato dai gesuiti, si è laureato alla Luiss, si è fatto le ossa alla Bnl prima di entrare in Intesa dove è salito passo passo fino in cima. Orcel, 58 anni da compiere, ha frequentato il Lycée Chateaubriand (la madre è italo-francese), si è laureato alla Sapienza e si è specializzato in Francia (alla Insed di Fontainbleau). A 25 anni è stato assunto da Goldman Sachs per poi passare alla Merrill Lynch. Dal 2012 ha guidato da Londra la banca d’investimento della svizzera Ubs. Nel 2018 viene chiamato dal Banco Santander, ma non si prende con Ana Botìn che ha assunto l’eredità del padre Emilio e il matrimonio non viene consumato. Resta uno strascico giudiziario da 112 milioni di euro.

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Mentre Messina consolidava un profilo da “banchiere di sistema” con ancor più profonde radici italiane, Orcel si rendeva protagonista sulla scena internazionale come “uomo della pioggia”, colui che nel gergo degli affari procura i migliori guadagni. Anche per questo, in fondo, è stato scelto dal comitato nomine della Unicredit e dai principali azionisti. Messina-Orcel, era dai tempi della diarchia Bazoli-Geronzi che, pur tenendo conto delle differenze, non si assisteva a un simile confronto. Il cognome Orcel è di origine franco-normanna e di qui arriva in Sicilia dove è nato suo padre (a Giovanni Orcel, sindacalista ucciso dalla mafia nel 1920, è dedicata la Camera del lavoro di Palermo). La Francia, dunque, come retroterra, l’alta finanza europea come professione, l’Italia come approdo maturo, a coronamento di un desiderio. Quando nel 2015 Laura Noonan giornalista del Financial Times gli chiede se vorrebbe guidare una grande banca, Orcel non ci pensa un secondo a rispondere: “Certo che lo voglio”.

 

L’occasione del Santander sembrava ghiotta, il rilancio di Unicredit è ancora più impegnativo. Uccello mattutino (si alza alle cinque), jogging-dipendente, sapientemente palestrato, moglie portoghese e una figlia di dieci anni, Allegra, che gli ha addolcito le abitudini lavorative e quel ruvido approccio nascosto dietro la romanità. Nei colloqui dei giorni scorsi con i vertici della banca, Orcel ha chiesto una fase di riflessione per passare in rassegna l’intera struttura, i mercati di riferimento (oltre l’Italia, la Germania, l’Austria, l’Europa orientale), il livello di digitalizzazione e i prodotti che si sono ristretti e inariditi negli anni scorsi, in particolare in Italia. Ma non c’è dubbio che il dossier più complicato riguardi il Monte dei Paschi di Siena. Orcel vuole muoversi con estrema prudenza anche perché conosce bene la banca che ha gettato un’ombra sulla sua brillante carriera.

 

Nel 2007 ha lavorato all’acquisizione della olandese Abn Amro da parte del Santander, della Royal Bank of Scotland e della belga Fortis, mentre la crisi dei mutui subprime travolgeva l’intera finanza mondiale. La banca spagnola si salvò vendendo l’Antonveneta al Monte dei Paschi per 9 miliardi di euro, le altre due fallirono. Orcel riconobbe gli errori e chiese pubblicamente scusa. Quanto a Mps fu proprio Merrill Lynch a occuparsi delle munizioni per comprare l’Antonveneta. Con tutto il pasticcio che ne seguì e del quale si pagano ancora i costi. Orcel, dunque, starà attento a non farsi incastrare in un labirinto che per ora è soprattutto politico. E’ l’avviso del suo sponsor Leonardo Del Vecchio, azionista di Unicredit e cliente di lunga data, fin da quando l’allora Credito Italiano, guidato da Lucio Rondelli, lo convinse a quotare Luxottica a Wall Street.

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Orcel non cade certo dalle nuvole, dagli anni ’90 in poi ha contribuito a trasformare il sistema creditizio italiano, in particolare la banca che ora dovrà guidare. Ha seguito le fusioni che dal Credito italiano hanno dato vita a Unicredit, e poi gli acquisti della bavarese Hypovereinsbank, della banca croata Zagrebacka, della polacca Pekao, di Pioneer, ha lavorato all’aumento di capitale di 13 miliardi lanciato del 2017 da Jean Pierre Mustier. Nel 2010 gli era stato proposto di sostituire Alessandro Profumo, ma ha rinunciato per perseguire i suoi progetti internazionali. Decisiva sarà l’intesa con Pier Carlo Padoan, l’ex ministro dell’Economia nominato presidente di Unicredit, che entrerà formalmente in carica con la prossima assemblea, ma sta già lavorando alacremente come membro del consiglio di amministrazione. Anche lui conosce bene il Montepaschi che ha nazionalizzato “temporaneamente” e conosce perfettamente la politica italiana. Insieme dovranno far recuperare a Unicredit il terreno perduto, nell’interesse non solo degli azionisti, ma dei clienti.

 

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