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Più poveri e più uguali: la scomoda verità che Oxfam non dice

Luciano Capone e Carlo Stagnaro

Il consueto rapporto della Ong non evidenzia quando la disuguaglianza scende e la condanna per i motivi sbagliati quando sale

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Quest’anno il rapporto Oxfam sulle disuguaglianze cambia tutta la metodologia perché nulla cambi nel messaggio. E il messaggio è: le disuguaglianze crescono a dismisura per colpa del neoliberismo, del patriarcato e della supremazia bianca. Il modo in cui viene confezionato è molto diverso rispetto al passato. Il documento poggia su due apparenze empiriche: che i mille individui più ricchi del pianeta ci hanno messo appena nove mesi a ricuperare le ricchezze perse a causa del Covid-19; e che la maggioranza dei 295 economisti coinvolti in un sondaggio è convinta che dalla pandemia usciremo più diseguali in termini di reddito (87 per cento dei rispondenti) e di genere (56 per cento).

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Quest’anno il rapporto Oxfam sulle disuguaglianze cambia tutta la metodologia perché nulla cambi nel messaggio. E il messaggio è: le disuguaglianze crescono a dismisura per colpa del neoliberismo, del patriarcato e della supremazia bianca. Il modo in cui viene confezionato è molto diverso rispetto al passato. Il documento poggia su due apparenze empiriche: che i mille individui più ricchi del pianeta ci hanno messo appena nove mesi a ricuperare le ricchezze perse a causa del Covid-19; e che la maggioranza dei 295 economisti coinvolti in un sondaggio è convinta che dalla pandemia usciremo più diseguali in termini di reddito (87 per cento dei rispondenti) e di genere (56 per cento).

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I temi sollevati nel rapporto sono seri e complessi. E’ molto probabile che il coronavirus allarghi i divari all’interno dei paesi, colpendo con maggiore severità le donne e le fasce più povere e meno istruite della popolazione. Come uscirne – come stimolare la ripresa e renderla inclusiva – è la domanda che i governi di tutto il mondo si stanno ponendo (per stare all’Italia, per esempio, il cashback è la risposta sbagliata perché beneficeranno di questi 5 miliardi soprattutto i più abbienti). La risposta di Oxfam, invece, è la stessa di Re Giovanni Senzaterra nel film di Walt Disney: tasse, tasse, tasse. E’ una legittima opinione politica dalla quale non serve essere neoliberisti per dissentire, all’indomani di una recessione tanto diffusa e virulenta.

   
Ci interessa, però, mettere a fuoco alcuni aspetti. Primo: per dire che i mille miliardari hanno ricuperato interamente il valore delle loro perdite, Oxfam chiama in causa la stima sul loro patrimonio prodotta da Forbes in tempo reale. Si tratta di un dato virtuale, a meno che non vendano le azioni che hanno in portafoglio. Secondo: chi ha tratto veramente vantaggio dalla pandemia sono gli azionisti delle imprese tecnologiche. Ma il loro arricchimento esprime solo una piccola frazione dell’immenso valore sociale che hanno creato: immaginate il lockdown senza internet, senza Amazon, senza home delivery, senza Netflix, senza Zoom. Terzo: a dispetto della narrazione di Oxfam, un recente studio del premio Nobel per l’economia Angus Deaton mostra che “c’è una diffusa convinzione che la pandemia di Covid-19 abbia fatto crescere le disuguaglianze globali, riducendo i redditi pro capite nei paesi poveri più che in quelli ricchi. Questa supposizione è ragionevole, ma è falsa” (Il Foglio, 21 gennaio). Quarto: per rilanciare i suoi allarmismi, Oxfam è costretta ad ammettere – seppure tra le righe – di aver sistematicamente esagerato la rappresentazione della realtà nel passato. Oxfam riconosce che la disuguaglianza, nel corso del Novecento, si è drasticamente ridotta. Le cose sono cambiate solo negli anni Ottanta: a quel punto essa “è cresciuta rapidamente in alcuni [paesi], come gli Usa e il Regno Unito. Ma altre nazioni ricche, come gran parte dell’Europa e il Giappone, non hanno visto simili aumenti”. In un vero paradosso, Oxfam spiega poi che le disparità “sono cresciute decisamente nell’ex Urss dopo la Guerra fredda e in Cina dopo le riforme di libero mercato dagli anni Ottanta in poi”. Insomma: quella che proprio Deaton chiama la “Grande fuga dalla povertà”, cioè il più grandioso fenomeno sociale di riduzione della povertà nella storia dell’umanità, viene qui descritto alla stregua di un disastro perché, mentre centinaia di milioni di contadini cinesi si lasciavano la fame alle spalle, Jack Ma ha fatto i soldi.

 
Questo ci porta all’ultimo aspetto: perché, dopo tanti anni, Oxfam ha improvvisamente cambiato metodologia? Non lo sappiamo. Nel passato l’abbiamo criticata, ma vale la pena interrogarsi su quali risultati avrebbe restituito oggi. Per confrontare la ricchezza dei paperoni con quella dei povericristi, Oxfam nel passato usava il “Global Wealth Report” di Credit Suisse. Ecco cosa si legge nella premessa dell’edizione di quest’anno: “Non c’è evidenza che la pandemia abbia favorito i gruppi sociali più ricchi a scapito di quelli più poveri o viceversa. Sebbene sia troppo presto per fare bilancio, gli ultimi dati indicano che la disuguaglianza di ricchezza è diminuita almeno in un paese, cioè gli Stati Uniti”.

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Dunque: perché, dopo aver sistematicamente ignorato le obiezioni sull’uso troppo disinvolto dei dati Credit Suisse, proprio nel 2021 Oxfam sceglie un’altra strada? Ah, saperlo. 
  

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