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Condannati all’inedia

Chicco Testa

I veti delle sovrintendenze e il totem dello “stato dei luoghi”. Fermo il programma energetico nazionale

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Il più stupefacente, probabilmente inarrivabile, è il parere redatto alcuni anni fa dalla Sovrintendenza dell’Umbria che per giustificare il rifiuto di un progetto che riguardava una località con struttura argillosa scriveva “anche tralasciando di richiamare la presenza nella Genesi, in connessione con la creazione dell’uomo (!), sappiamo per certo che già l’uomo di Neanderthal utilizzava l’argilla cotta nella brace (!!); inoltre è appena il caso di richiamare i titoli del più antico soprintendente di cui si abbia notizia, l’architetto egiziano vissuto all’inizio dell’Antico Regno, Imhotep, letteralmente il benvenuto” il quale a che cosa sovrintendeva? Alla fabbricazione dei vasi (!!!). Cioè siccome Dio ha creato l’uomo dall’argilla e i nostri antenati, come del resto ancor oggi noi contemporanei, la usavano per costruire utensili, i terreni argillosi, cioè buona parte dell’Italia, sono da considerare un bene culturale da proteggere.

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Il più stupefacente, probabilmente inarrivabile, è il parere redatto alcuni anni fa dalla Sovrintendenza dell’Umbria che per giustificare il rifiuto di un progetto che riguardava una località con struttura argillosa scriveva “anche tralasciando di richiamare la presenza nella Genesi, in connessione con la creazione dell’uomo (!), sappiamo per certo che già l’uomo di Neanderthal utilizzava l’argilla cotta nella brace (!!); inoltre è appena il caso di richiamare i titoli del più antico soprintendente di cui si abbia notizia, l’architetto egiziano vissuto all’inizio dell’Antico Regno, Imhotep, letteralmente il benvenuto” il quale a che cosa sovrintendeva? Alla fabbricazione dei vasi (!!!). Cioè siccome Dio ha creato l’uomo dall’argilla e i nostri antenati, come del resto ancor oggi noi contemporanei, la usavano per costruire utensili, i terreni argillosi, cioè buona parte dell’Italia, sono da considerare un bene culturale da proteggere.

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Esilarante? Comico? Certo, se non fosse che i pareri delle sovrintendenze sono vincolanti e quindi questa particolare burocrazia dello stato esercita un enorme potere di interdizione. Capita così che progetti di opere inseriti in programmi nazionali, approvati dai comuni interessati, riapprovati dagli organi regionali dopo iter faticosissimi, si trovano di fronte ai muri invalicabili dei dinieghi dei sovrintendenti. Che se fossero esercitati in modo parsimonioso e di fronte a veri rischi per il paesaggio italiano potrebbero avere un valore. Ma ormai persino le associazioni ambientaliste sono costrette a denunciare l’ostruzionismo senza costrutto dei funzionari delle sovrintendenze che accampano le motivazioni più fantasiose per opporsi. Non è raro trovare nei pareri frasi come “perché (la tale opera) modifica lo stato dei luoghi”. Motivazione per la quale non esiste rimedio se non la condanna all’inedia di un’intera nazione. Poche settimane fa un’azienda italiana si è vista rifiutare l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di energia rinnovabile progettato con tecnologie di assoluta avanguardia all’interno di una degradata area industriale perché espone l’area “al rischio di specializzazione industriale”. In un’area industriale?! Né mancano i riferimenti “ai processi storici di trasformazione di questo comparto durante il Bronzo Finale, la ristrutturazione del limes arcaico di Chiusi…” e via dottamente e inutilmente elencando. “La struttura in esame – è scritto ancora – altera in modo irreversibile le relazioni visive con il contesto paesaggistico di pertinenza”. Esiste in Italia un pezzo anche minuscolo di territorio dove non esista il rischio di una sopravvenienza storica o di alterarne la percezione visiva? E’ chiaro che con questi presupposti e all’interno di questa cultura nulla è più possibile fare in Italia, il cui territorio viene considerato da questi burocrati qualche cosa di immutabile persino nella sua “percezione visiva”.

 

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E’ evidente inoltre come tale potere si esercita nella più assoluta discrezionalità, priva di ogni legittimazione se non la maggiore o minore sensibilità e competenza dei funzionari , arbitri di scelte decisive per i territori interessati. Non esiste alcun criterio oggettivo per determinare l’importanza di un luogo, né è di casa in quelle strutture alcuna analisi costi-benefici. Funzionari impregnati di cultura umanistica e digiuni di conoscenze tecniche e industriali esercitano quindi un potere imperscrutabile e assolutamente non falsificabile nelle sue metafisiche argomentazioni. Rappresentano di fatto una casta, come quella dei magistrati, sottratta a ogni giudizio di merito. L’intero programma energetico nazionale per esempio non muove un passo in avanti, perché ormai persino tutte le tecnologie rinnovabili (solare, eolico, geotermia, idroelettrico, biomasse, impianti di riciclaggio) vengono respinte perché per l’appunto modificano lo stato dei luoghi. Stupisce il silenzio di Franceschini, non si capisce se dovuto a impotenza, a noncuranza o ai pressanti impegni del ministro affaccendato in ben altre questioni. O forse a condivisione. Ed è chiaro che se da quel ministero non vengono elaborate linee di comportamento omogenee e in grado di sbloccare ciò che lo stesso Franceschini approva come assolutamente necessario e urgente come membro del governo, il futuro è nelle mani di questa speciale categoria di burocrati. Il sottoscritto, impegnato tempo fa nella realizzazione di un’importante struttura di trasporto pubblico, ricevette una lettera dal sovrintendente in cui gli veniva fatto presente che le indicazioni fornite andavano eseguite “senza limiti di tempo o di costo”. Mi sembra un ottimo presupposto per incorniciare i programmi del Recovery fund . Senza limiti di tempo e di costo. L’esatto contrario di quel che ci vorrebbe.

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