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Perché Del Vecchio è ancora il campione della finanza italiana

Stefano Cingolani

Attorno al patron di Luxottica ruota un nuovo centro di gravità nel quale s’incrociano le banche con le assicurazioni, e s’intrecciano le sorti e gli impieghi del risparmio degli italiani

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La vittoria in terra di Francia corona un periodo, cominciato nel novembre 2019, in cui Leonardo Del Vecchio si è aggiudicato senza ombra di dubbio il titolo di campione della finanza italiana. Dopo uno spigoloso scontro di potere al vertice della Essilux, ha imposto alla guida Francesco Milleri l’uomo al quale aveva affidato la Luxottica. Il manager francese Paul du Saillant che viene dai ranghi della Essilor, farà da vice. Del Vecchio, di gran lunga primo azionista con il 32,3%, resta presidente, ma senza deleghe operative, mentre esce di scena il suo avversario, Hubert Sagnières, artefice del matrimonio celebrato nel 2018, il quale ha incrociato i ferri con l’uomo più ricco d’Italia. Che cosa diranno adesso gli onorevoli membri del Copasir e tutti coloro i quali davano per scontato che i francesi si sarebbero mangiati anche uno dei gioielli della imprenditoria italiana? Gli stessi convinti che Del Vecchio fosse diventato il cavallo di Troia di poteri forti transalpini, tra Montecarlo dove vive e Lussemburgo dove risiede la sua cassaforte. 

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La vittoria in terra di Francia corona un periodo, cominciato nel novembre 2019, in cui Leonardo Del Vecchio si è aggiudicato senza ombra di dubbio il titolo di campione della finanza italiana. Dopo uno spigoloso scontro di potere al vertice della Essilux, ha imposto alla guida Francesco Milleri l’uomo al quale aveva affidato la Luxottica. Il manager francese Paul du Saillant che viene dai ranghi della Essilor, farà da vice. Del Vecchio, di gran lunga primo azionista con il 32,3%, resta presidente, ma senza deleghe operative, mentre esce di scena il suo avversario, Hubert Sagnières, artefice del matrimonio celebrato nel 2018, il quale ha incrociato i ferri con l’uomo più ricco d’Italia. Che cosa diranno adesso gli onorevoli membri del Copasir e tutti coloro i quali davano per scontato che i francesi si sarebbero mangiati anche uno dei gioielli della imprenditoria italiana? Gli stessi convinti che Del Vecchio fosse diventato il cavallo di Troia di poteri forti transalpini, tra Montecarlo dove vive e Lussemburgo dove risiede la sua cassaforte. 

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Sistemata la vicenda Essilux, torna sotto i riflettori la partita che si sta giocando nella banca fondata da Enrico Cuccia. Il 7 ottobre la Delfin (acronimo per Del Vecchio finanziaria) è salita al 10,162% di Mediobanca rispetto al 9,889% precedente. E può  crescere ancora, fino al 19,9%, con il viatico della Bce. "L'investimento ha carattere finanziario e di lungo termine, con la volontà di garantire stabilità e sostenere la crescita dell'emittente", spiega un comunicato. Non c’è nessuna intenzione di “acquisire il controllo o, comunque, esercitare un'influenza dominante sulla gestione" dell’istituto. E' quanto precisa la holding nella dichiarazione alla Consob. "Eventuali ulteriori incrementi della partecipazione saranno, pertanto, valutati tempo per tempo sulla base, principalmente, del rendimento dell'investimento, delle condizioni di mercato e delle opportunità di acquisto”. Un anno prima Del Vecchio aveva annunciato che il suo obiettivo era dare “un azionariato stabile” a Mediobanca e alle Assicurazioni Generali delle quali possiede il 4,84% subito dopo Francesco Gaetano Caltagirone e poco più dei Benetton, mentre Mediobanca è di gran lunga l’azionista di riferimento con il 12,97%. Quel progetto è ancora attuale?

 

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Quando l’ex orfano cresciuto nel collegio milanese dei Martinitt è entrato con le sue truppe di carta moneta in piazzetta Cuccia, tutti (compresi noi del Foglio) hanno reagito con un misto di meraviglia e incredulità. Ma come, un riverito nonno dell’imprenditoria italiana, un capitano coraggioso, un campione della economia reale, di quel modello che cresce a nord est, tra Milano e Belluno (Agordo nel suo caso), alla bell’età di 85 anni si abbandona al risiko? Si è cercata un po’ ovunque una risposta. C’è la motivazione psicologica: la rivincita sull’aristocrazia del capitale perché Leonardo Del Vecchio faceva l’operaio quando Enrico Cuccia accoglieva nella sua tavola rotonda i cavalieri del capitale. C’è il rimando letterario: in fondo Goethe ha pubblicato il Faust quando aveva 82 anni. C’è la spiegazione storica: chi è Del Vecchio se non il campione del terzo capitalismo, quello emerso dalle ceneri del primo, il capitalismo delle grandi famiglie e del secondo, il capitalismo di stato? Ma c’è anche la propaganda sovranista: è l’attacco della plutocrazia europea al sancta sanctorum nazionale. Insomma, ne abbiamo viste, sentite e lette di tutti i colori. Forse la vera ragione è nella natura dei “giochi dello scambio” narrati dallo storico Fernand Braudel, pronti a rimescolare anche i pianeti che ancora formano la Galassia del nord, come un tempo veniva chiamata.

 

Intanto, esce di scena una delle pedine sulle quali si reggeva il complottismo nazional-populista. Jean Pierre Mustier il francese amministratore della Unicredit, lascia con la prossima assemblea, ed è già cominciata la ricerca del sostituto che sarà, a quanto pare, italiano. Alla Unicredit si appoggia Del Vecchio anche in Lussemburgo dove sono domiciliate le tre società che custodiscono le partecipazioni in Mediobanca, cioè la Delfin, Aterno e Dfr Investment, alle quali la banca ha ceduto la propria quota in piazzetta Cuccia e ha concesso linee di credito. La Unicredit è fuori sia da Mediobanca sia da Generali, ma Del Vecchio potrebbe essere l’anello di congiunzione. Certamente l’unica banca italiana davvero internazionale, l’unica considerata sistemica dalla Bce, si rafforzerà in patria. Se prenderà il Monte dei Paschi di Siena, come vuole il governo, non avrà fiato né risorse per fare altro: assorbire Mps assorbirà ancor più energie di quelle spese per inglobare Capitalia. In caso contrario sarebbe possibile, anche se non facile, riannodare i fili spezzati dalla gestione Mustier. Nel frattempo, si sono creati due schieramenti che attraversano la borsa, i mass media, la politica. La Repubblica ha un occhio di riguardo per Mediobanca. Il Corriere della Sera è per Del Vecchio che ha buoni rapporti con l’editore Urbano Cairo anche attraverso lo stesso avvocato d’affari, Sergio Erede. Prudentissimo finora Il Messaggero di Caltagirone. Il governo attende, il Pd è tirato da una parte e dell’altra, la Lega lombarda difende la banca d’affari guidata da Alberto Nagel, quella veneta sta con l’uomo che ha fatto rifiorire il distretto bellunese degli occhiali.

 

Gli avversari di Del Vecchio giocano su debolezze e punti oscuri, tra i quali la successione. Il patron di Luxottica ha sei figli: Claudio, Marisa e Paola, nati dal primo matrimonio con Luciana Nervo; Luca e Clemente, con Sabina Grossi, ex manager del gruppo degli occhiali; Leonardo Maria, avuto con la seconda moglie Nicoletta Zampillo, dalla quale Del Vecchio si è separato nel 2000 per poi risposarla dieci anni dopo. Il 2014 è un anno di svolta. Esce da Luxottica l’amministratore delegato Andrea Guerra, sale Milleri mentre nella Delfin la signora Zampillo ottiene il 25%, quota che le spetta in base alla legittima. Cambiano così gli equilibri nella cassaforte prima divisa in parti uguali tra i figli. Nel frattempo cresce il giovane Leonardo Maria che ha 25 anni: anche in questo caso cade un altro tabù perché Del Vecchio aveva sempre detto che non voleva più nessun pargolo in azienda dopo la rottura con il primogenito Claudio vent’anni fa. Ora tra madre e figlio possono contare sul 37,5% della Delfin anche se lo statuto prevede che ogni decisione debba essere presa con una maggioranza dell’88%. “Nessuna dynasty né ingerenze sull’azienda - ha dichiarato Nicoletta Zampillo al Sole 24 Ore - Sono moglie e madre di famiglia”. Quanto al 25%, “io non ho chiesto nulla. C’è una legge che decide, non la moglie di Del Vecchio”.

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Molto ci si è interrogati sulla fulminea ascesa di Milleri, più di un braccio destro, un consigliere non proprio segreto. “Nel contratto sottoscritto con Essilor, data la mia età ho espressamente voluto che venisse specificato che lui sarà chiamato a sostituirmi nel caso io venissi a mancare”, ha dichiarato Del Vecchio. Classe 1959, nato in Umbria a Città di Castello, entra in affari con la Luxottica nel 2007 quando la sua società, che sviluppa software, viene chiamata a collaborare all’introduzione del sistema gestionale. Nel 2016 viene cooptato nel consiglio e un anno dopo è amministratore delegato. Milleri è amico di vecchia data di Nicoletta Zampillo che lo ha introdotto al marito. Diventato prima “il mio segretario”, come lo chiamava il patron, poi uomo ombra, impara fin nei minimi dettagli i meccanismi e i segreti nell’azienda della quale tiene una mappa sempre aggiornata. Ormai è ufficialmente l’erede operativo.

 

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Fugate alcune ombre e tolti di mezzo troppi detriti ideologici, resta aperta la domanda: che cosa vuol fare Del Vecchio? Il Corriere della Sera gli attribuisce un sogno della vecchiaia, un progetto che in molti hanno tentato (non ultimo Enrico Cuccia) e a nessuno è mai riuscito: costruire un grande polo della finanza, stringendo un legame ancor più forte tra Mediobanca e le Generali dove non è certo azionista passivo. Nel 2011, durante la presidenza di Cesare Geronzi, si dimise in dissenso con il vertice. Recentemente ha sollevato obiezioni, attraverso Romolo Bardin, il suo rappresentante in consiglio, sull’acquisto del 24,4% della Cattolica assicurazioni, chiedendo che la trasformazione in società per azioni della storica cooperativa fosse un pre requisito. Posizione appoggiata anche da Caltagirone che per il momento attende e vigila. Ma occorre capire meglio che cosa hanno davvero in mente Del Vecchio e chi lo consiglia (come advisor “a titolo personale” nella partita Mediobanca c’è Vittorio Grilli, ex ministro dell’economia e direttore generale del Tesoro, che oggi guida le operazioni europee di JP Morgan). Se l’obiettivo finale è un riallineamento degli equilibri nell’alta finanza, siamo solo all’inizio. I giochi si faranno di qui a primavera. Ma c’è chi vede già la galassia del Nord ruotare attorno a un nuovo centro di gravità nel quale s’incrociano le banche con le assicurazioni, e s’intrecciano le sorti e gli impieghi del risparmio degli italiani.

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