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QUESTIONE DI CONSENSO

Cashback di stato, scarso impatto sull’evasione a spese dell’equità

Sandro Brusco

A beneficiare di questo strumento saranno le famiglie più ricche, che non ne avevano bisogno. E non ci sarà alcun effetto sull’emersione del sommerso

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I principali punti critici del cosiddetto cashback sono già stati evidenziati. Tra gli altri, Tito Boeri ha segnalato l’assurdità di uno strumento che, nel mezzo della pandemia, incoraggia la spesa che richiede la presenza fisica rispetto a quella online. La natura regressiva dello strumento è stata messa in luce da Enrico d’Elia su lavoce.info, osservando che è “probabile che la misura accentuerà la sperequazione tra i redditi, favorendo le famiglie più ricche”. I sostenitori del provvedimento, in particolare della esclusione dell’e-commerce, sostengono che è giustificato dall’emersione del "nero" dovuto all’incentivo per i consumatori di richiedere il pagamento mediante strumenti tracciabili. Nessuna stima quantitativa è stata offerta di tali effetti sul gettito fiscale. Questo a fronte di costi ingenti per lo stato, che sono stimati intorno ai 5 miliardi. Il punto che sembra sfuggire quando si parla di “emersione del nero” è che l’intervento a un singolo punto della catena produttiva ha effetti limitati. Un piccolo negozio di frutta e verdura che vende almeno parte della propria merce solo in contanti può probabilmente essere indotto a tirare fuori dal cassetto il Pos, dietro l’insistenza dei clienti che aspirano a ottenere il cashback. Ma è solo parte delle tasse che andrebbero pagate.

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I principali punti critici del cosiddetto cashback sono già stati evidenziati. Tra gli altri, Tito Boeri ha segnalato l’assurdità di uno strumento che, nel mezzo della pandemia, incoraggia la spesa che richiede la presenza fisica rispetto a quella online. La natura regressiva dello strumento è stata messa in luce da Enrico d’Elia su lavoce.info, osservando che è “probabile che la misura accentuerà la sperequazione tra i redditi, favorendo le famiglie più ricche”. I sostenitori del provvedimento, in particolare della esclusione dell’e-commerce, sostengono che è giustificato dall’emersione del "nero" dovuto all’incentivo per i consumatori di richiedere il pagamento mediante strumenti tracciabili. Nessuna stima quantitativa è stata offerta di tali effetti sul gettito fiscale. Questo a fronte di costi ingenti per lo stato, che sono stimati intorno ai 5 miliardi. Il punto che sembra sfuggire quando si parla di “emersione del nero” è che l’intervento a un singolo punto della catena produttiva ha effetti limitati. Un piccolo negozio di frutta e verdura che vende almeno parte della propria merce solo in contanti può probabilmente essere indotto a tirare fuori dal cassetto il Pos, dietro l’insistenza dei clienti che aspirano a ottenere il cashback. Ma è solo parte delle tasse che andrebbero pagate.

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I dati Ocse mostrano l’importanza dei contributi previdenziali e delle imposta sul reddito nella struttura fiscale italiana. Il cashback non fa nulla per contrastare l’evasione contributiva che resterà intatta, dato che intatti restano gli incentivi. Se si vuole limitare seriamente l’evasione nel commercio bisogna fare l’esatto contrario di quanto prevede il cashback. Bisogna eliminare tutte le barriere e gli ostacoli al commercio online e all’espansione della grande distribuzione. Dato che le forme più moderne di distribuzione sono caratterizzate da un più alto livello di produttività, questo aiuterebbe tra l’altro ad aumentare la produttività totale dei fattori del paese. Uno sguardo ai dati Ocse dovrebbe anche servire a convincersi dell’importanza relativa del dibattito sull’elusione fiscale delle multinazionali, un punto spesso sollevato rispetto ad Amazon. La possibilità da parte delle multinazionali di effettuare arbitraggio fiscale tra varie giurisdizioni nazionali è un serio problema, che richieda considerazione e coordinamento internazionale. Va tuttavia tenuto in mente che imprese come Amazon, o della Gdo, anche quando non pagano (o pagano in misura limitata) imposte sugli utili, pagano comunque i contributi dei dipendenti. I dipendenti, a loro volta, pagano per intero le tasse sul reddito. Queste sono le voci principali, insieme alle imposte indirette, che possono invece venire evase con maggiore facilità da imprese commerciali più piccole e meno strutturate.

  

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Se domani, con un colpo di bacchetta magica, il governo fosse capace di spostare tutta l’attività commerciale sulla Gdo e sull’e-commerce ci sono pochi dubbi che il gettito tributario crescerebbe, per quanto grande possa essere l’elusione sui profitti societari. Ciò non implica affatto che la politica economica dovrebbe perseguire la chiusura dei piccoli negozi. Semplicemente, dovrebbe evitare misure come il cashback che scoraggiano l’e-commerce. Peraltro in questo caso il cashback tratta allo stesso modo la Gdo e i piccoli negozi, riducendo le inefficienze che causa. Lo fa però a spese dell’equità. Come spiega Enrico d’Elia “quasi il 73 per cento delle famiglie già spende tramite le carte più del plafond previsto dal provvedimento” per cui “la maggior parte potrebbe ricevere il massimo vantaggio anche senza intensificare l’uso delle carte”. Per queste famiglie, tipicamente non le più bisognose, si tratterà quindi di un regalo puro e semplice, senza alcun effetto sull’emersione del sommerso. Quello che probabilmente, dal punto di vista del governo, appare come largamente positivo è il calcolo elettorale. Sprecare soldi pubblici molto spesso funziona per aumentare i consensi, dato che i beneficiati sono molto più coscienti del regalo di coloro che la spesa la dovranno pagare. Da questo punto di vista il provvedimento è abbastanza usuale dell’andazzo della politica economica italiana.

  

Sandro Brusco, Stony Brook University

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