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La patrimoniale cassata

Luciano Capone

La Camera dichiara inammissibile la proposta Orfini-Fratoianni che prevedeva un'imposta progressiva sulla ricchezza a partire dai 500 mila euro. Si tratta della prima tassa senza coperture. Nel paese non mancano i problemi seri, il problema è non affrontarli seriamente

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Respinto “per carenza o inidoneità di compensazione”. Tra gli emendamenti dichiarati inammissibili alla legge di Bilancio c’è la patrimoniale proposta da Nicola Fratoianni di Leu e Matteo Orfini del Pd. In pratica, per quanto paradossale possa sembrare, la tassa è stata bocciata perché senza coperture. Accade perché la proposta – che introduce un’aliquota progressiva che va dallo 0,2 per cento a partire da 500 mila euro di ricchezza allo 0,5 per cento sopra il milione, fino al 2 per cento oltre i 50 milioni – prevede contestualmente l’abolizione dell’Imu e del bollo sui conti correnti. Dato che l’Imu fa raccogliere allo stato circa 20 miliardi e il bollo altri 5 miliardi, la proposta di Leu e Pd avrebbe dovuto produrre un gettito notevole: 18 miliardi, secondo il primo firmatario Fratoianni. Una somma di per sé non sufficiente ma che, come scrivevamo due giorni fa sul Foglio, appare comunque spropositata.

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Respinto “per carenza o inidoneità di compensazione”. Tra gli emendamenti dichiarati inammissibili alla legge di Bilancio c’è la patrimoniale proposta da Nicola Fratoianni di Leu e Matteo Orfini del Pd. In pratica, per quanto paradossale possa sembrare, la tassa è stata bocciata perché senza coperture. Accade perché la proposta – che introduce un’aliquota progressiva che va dallo 0,2 per cento a partire da 500 mila euro di ricchezza allo 0,5 per cento sopra il milione, fino al 2 per cento oltre i 50 milioni – prevede contestualmente l’abolizione dell’Imu e del bollo sui conti correnti. Dato che l’Imu fa raccogliere allo stato circa 20 miliardi e il bollo altri 5 miliardi, la proposta di Leu e Pd avrebbe dovuto produrre un gettito notevole: 18 miliardi, secondo il primo firmatario Fratoianni. Una somma di per sé non sufficiente ma che, come scrivevamo due giorni fa sul Foglio, appare comunque spropositata.

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Basta prendere come termine di paragone la patrimoniale spagnola, quella a cui i proponenti si ispirano: il governo socialista di Pedro Sánchez, su iniziativa della sinistra radicale di Podemos, ha alzato l’aliquota dell’1% sui patrimoni oltre i 10 milioni di euro. Il gettito stimato per questo incremento dal governo spagnolo è di 339 milioni di euro, quanto basta a coprire l’acquisto dei banchi scolastici con e senza rotelle (altro che abolizione dell’Imu). Complessivamente l’“Impuesto sobre el Patrimonio” vale poco più di 1 miliardo. Il giorno successivo, cioè ieri, la Camera ha preso atto che i conti non tornano e ha dichiarato l’emendamento inammissibile. “Prima ci accusavano di espropriare la ricchezza degli italiani, ora ci fanno l’accusa opposta: sono più i soldi che restituiamo agli italiani di quelli che chiediamo – ha dichiarato Orfini –. Non ci fermiamo qui, la battaglia continua”.

 

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Immaginare l’introduzione di un’imposta così complicata non attraverso una riforma fiscale, ma con un emendamento indica che si tratta solo di sventolare una bandiera ideologica. Le coperture mancanti dimostrano invece che la proposta non è seria. Dopo una settimana passata a parlare di cancellazione del debito (che non avverrà), ne abbiamo passato un’altra a parlare di patrimoniale (che non ci sarà). Eppure i problemi seri da affrontare non scarseggiano. Ciò che manca è la serietà per affrontarli. 

 

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