PUBBLICITÁ

Lo stato in banca

Paolo Cirino Pomicino

Osservare le grandi democrazie europee e capire perché l’Italia ha bisogno di banche più pubbliche

PUBBLICITÁ

Al direttore - Quando si parla di aggregazioni bancarie la prima cosa da fare è valutare il contesto nazionale in cui ci troviamo, i suoi protagonisti e il ruolo del paese nel quadro internazionale degli intermediari bancari. Ad oggi le grandi democrazie europee, Germania, Francia, Spagna, hanno tutte una presenza pubblica nel sistema bancario nazionale fatta eccezione per l’Italia che durante i governi di centro sinistra degli anni novanta svendette ogni banca pubblica per risanare i conti pubblici. Le banche furono vendute e il debito in 25 anni si è triplicato in valore assoluto. Ad essere più precisi, alla vigilia del varo del bail-in iniziato dal governo Monti, la presenza pubblica in Germania, in Francia e finanche in Gran Bretagna si accentuò mentre noi fummo i primi della classe e rimanemmo su quel terreno completamente nudi. Ma perché oggi è ancora utile una presenza pubblica nel sistema bancario italiano?

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Al direttore - Quando si parla di aggregazioni bancarie la prima cosa da fare è valutare il contesto nazionale in cui ci troviamo, i suoi protagonisti e il ruolo del paese nel quadro internazionale degli intermediari bancari. Ad oggi le grandi democrazie europee, Germania, Francia, Spagna, hanno tutte una presenza pubblica nel sistema bancario nazionale fatta eccezione per l’Italia che durante i governi di centro sinistra degli anni novanta svendette ogni banca pubblica per risanare i conti pubblici. Le banche furono vendute e il debito in 25 anni si è triplicato in valore assoluto. Ad essere più precisi, alla vigilia del varo del bail-in iniziato dal governo Monti, la presenza pubblica in Germania, in Francia e finanche in Gran Bretagna si accentuò mentre noi fummo i primi della classe e rimanemmo su quel terreno completamente nudi. Ma perché oggi è ancora utile una presenza pubblica nel sistema bancario italiano?

PUBBLICITÁ

 

In un mondo globalizzato un paese che non avesse presenze pubbliche nel mercato finanziario combatterebbe la propria battaglia nella competizione mondiale con un braccio legato dietro la schiena. E che questa sia l’esigenza lo dimostrano tutte le maggiori democrazie europee compresa la Gran Bretagna la cui city è il centro del mercato finanziario internazionale. Oggi è questo il contesto internazionale e l’Italia è l’unica grande democrazia europea che non ha alcuna presenza pubblica nel sistema bancario esclusa quella in Mps avvenuta per necessità. Inoltre se c’è una presenza italiana forte in quel settore lo dobbiamo a Intesa Sanpaolo visto che Unicredit ha di fatto espulso alcune fondazioni italiane dalla compagine azionaria con il maxi aumento di capitale di 13 miliardi. Il governo italiano qualche tempo fa si è impegnato con la commissione europea a vendere la propria quota del 68 per cento detenuta in Mps.

PUBBLICITÁ

 

Tale impegno va assolutamente ridiscusso perché, come abbiamo già detto, l’Italia non può essere da meno delle altre grandi democrazie europee. La fusione di cui si parla tra MPS ed Unicredit potrebbe, ad esempio, consentire la permanenza dello Stato, direttamente o attraverso Cassa depositi e prestiti, con una quota di minoranza tentando, così, di cominciare a riallinearsi a Francia, Germania e alla stessa Gran Bretagna. Questo nostro ragionamento nasce da una preoccupazione crescente per come l’Italia si sta riposizionando nel contesto internazionale. Al di là di ogni sciocca polemica, il nostro ruolo internazionale si è totalmente ridotto sia in Europa dove legittimamente la guida è affidata all’asse Franco-tedesco (fino al 1992 l’asse era a tre insieme all’Italia) sia nel mediterraneo nel quale l’Italia ha perso qualunque protagonismo pur essendo stata sino agli inizi degli anni novanta un punto di riferimento nel nord Africa con particolare riguardo alla Libia.

 

Questa marginalizzazione politica dell’Italia sul piano internazionale è, come sempre capita, accompagnata da crescenti acquisizioni straniere delle nostre eccellenze senza alcuna reciprocità. Un esempio per tutti. Mentre i francesi dilagano nei nostri settori agro-alimentare, distributivo, energetico e in parte nel sistema bancario, la nostra Fincantieri trova infinite difficoltà a portare a termine l’acquisizione della maggioranza dei cantieri francesi dell’Atlantico mentre nel passato non fu consentito ad Agnelli nemmeno di comprare l’acqua minerale Perrier. E sul piano politico per la prima volta siamo andati con le nostre navi militari nel mediterraneo orientale per contenere flussi migratori e dare un segnale anche ad Erdogan solo perché accompagnati dai francesi. Il tema è molto serio e non si può far finta di niente perché ne va del futuro del paese e del suo destino che non può essere quello di una colonia gestita in tal modo da una politica in parte inadeguata ed in parte connivente.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ