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Opzioni per il rilancio dopo la pandemia

Sergio Silvestrini*

Chiare strategie sulla transizione green e sulle infrastrutture: quello che la manovra, troppo frammentata, non ha

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Sembra un lontano ricordo quando il silenzio assordante delle nostre città veniva rotto dalle note dell’inno d’Italia cantato dai balconi. Un piccolo gesto che esprimeva l’orgoglio ritrovato di un popolo, il sentimento di condivisione e unità davanti a un nemico terribile. Nei giorni del lockdown nazionale, abbiamo ricostruito un pezzo di patrimonio morale e politico che a distanza di pochi mesi rischiamo di disperdere. Servono interventi coerenti, robusti, tempestivi per rimarginare le profonde ferite provocate dal virus ma è necessario un contesto fatto di fiducia, collaborazione tra le istituzioni e tra queste e i cittadini come ha sottolineato il presidente della Repubblica che ha colto i pericoli dello sfilacciamento politico e istituzionale. Un clima avvelenato da contrasti e sovrapposizioni di interessi, ruoli e funzioni che alimentano incertezza e confusione nei cittadini e nelle imprese.

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Sembra un lontano ricordo quando il silenzio assordante delle nostre città veniva rotto dalle note dell’inno d’Italia cantato dai balconi. Un piccolo gesto che esprimeva l’orgoglio ritrovato di un popolo, il sentimento di condivisione e unità davanti a un nemico terribile. Nei giorni del lockdown nazionale, abbiamo ricostruito un pezzo di patrimonio morale e politico che a distanza di pochi mesi rischiamo di disperdere. Servono interventi coerenti, robusti, tempestivi per rimarginare le profonde ferite provocate dal virus ma è necessario un contesto fatto di fiducia, collaborazione tra le istituzioni e tra queste e i cittadini come ha sottolineato il presidente della Repubblica che ha colto i pericoli dello sfilacciamento politico e istituzionale. Un clima avvelenato da contrasti e sovrapposizioni di interessi, ruoli e funzioni che alimentano incertezza e confusione nei cittadini e nelle imprese.

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Mettere mano alla Costituzione è una necessità, rivedendo l’infausta riforma del Titolo V che presuppone un rapporto di conflittualità e di competizione tra i diversi livelli di governo. Nell’attesa, stato centrale ed enti decentrati hanno l’obbligo di recuperare codici di comportamento ispirati al principio della sussidiarietà e dell’interesse generale. E magari prendendo esempio dal sistema delle imprese che hanno dimostrato di essere all’altezza della sfida. E’ opinione consolidata che le imprese non siano un vettore di contagio e sono altrettanto evidenti la loro caparbietà, il loro atteggiamento proattivo davanti a una crisi globale la cui chiave di soluzione è nel trovare il difficile equilibrio tra due diritti scolpiti nella Costituzione: salute e lavoro. 

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La legge di Bilancio appena presentata in Parlamento e la gestione dell’emergenza sanitaria devono infondere certezze sulla capacità di sconfiggere la pandemia e nel disegnare un futuro migliore per un paese che sta scivolando di nuovo nel senso di smarrimento e insicurezza. Servono due direttrici chiare e univoche, una strategia per contenere il virus e politiche di stimolo sul fronte della domanda aggregata. Sul piano dell’economia, in quest’annus horribilis la propensione al risparmio delle famiglie è raddoppiata per effetto dell’incertezza. Come canalizzare queste ingenti risorse verso gli investimenti? Ma anche le imprese risparmiano come segnala la Banca d’Italia sempre a causa dei timori sul futuro. E’ evidente che gli investimenti pubblici debbano svolgere un ruolo cruciale per rimettere in moto l’economia. In questo momento gli interventi di ristoro devono essere affiancati da una accelerazione delle misure per il rilancio, favorita da una architettura istituzionale europea in profonda evoluzione di cui i cardini sono il Recovery fund e la sospensione del Patto di stabilità. Non c’è più spazio per la politica dei due tempi, ma occorre anche coerenza normativa e politica. Alcuni rigurgiti di azzardo sovranista e i tentennamenti comunitari sulla necessaria cancellazione di misure concepite per un’altra epoca come quella sul default sono lì a ricordarci che la strada non è affatto priva di ostacoli e trappole in nome di un vago e insignificante nazionalismo precauzionale e di un formale rigorismo finanziario verso il quale la stessa Bce mostra una sostanziale insofferenza. Per l’Italia è vitale imprimere una accelerazione alla predisposizione dei progetti per l’utilizzo delle risorse europee ma nella legge di Bilancio appena approdata in Parlamento l’unico riferimento è l’istituzione di un Fondo di rotazione per anticipare le risorse attese.

 

In questa prospettiva non sorprende che nella manovra per il 2021 sia quasi impossibile scorgere un chiaro indirizzo per il necessario rilancio dell’Italia. Riaffiora il vecchio vizio di frammentare l’entità della manovra da 38 miliardi in troppi rivoli. Tanti capitoli di spesa, nuovi fondi e missioni di scarsa rilevanza e modestissimo effetto moltiplicatore sulla crescita economica. Non si colgono chiare strategie su temi cruciali come il sostegno alla transizione green delle imprese e del paese, al potenziamento della rete infrastrutturale, materiale e immateriale. La grave congiuntura economica e il contesto sociale hanno imposto la conferma di misure per contrastare gli effetti del virus. Risorse necessarie per mantenere in vita il nostro tessuto produttivo, salvaguardare l’occupazione. L’erogazione dei contributi a fondo perduto, tuttavia, dovrebbe prevedere nuovi meccanismi e criteri rispetto a quelli dei vari decreti ristori che hanno evidenziato di essere inadeguati. L’allargamento delle restrizioni su base territoriale rende superflua la distinzione tra attività chiuse per ordinanza e quelle che pur restando aperte scontano un forte calo del proprio giro d’affari.

 

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Superare i codici Ateco e adottare l’andamento del fatturato come parametro per l’accesso ai contributi dovrebbe essere lo schema di riferimento. Per le imprese, e in particolare per le più piccole, rimane il nodo cruciale della liquidità. Su questo terreno la proroga della moratoria e il potenziamento del Fondo di garanzia vanno nella giusta direzione. Tuttavia sul tema del credito gravano minacciose nubi di carattere normativo a livello europeo. Alcune regole costruite per prevenire difficoltà patrimoniali delle banche presentano un sostanziale impatto negativo sui flussi di credito a favore di famiglie e imprese. Le disposizioni già in vigore sul calendar provisioning che riguardano la valutazione del merito creditizio e le nuove norme restrittive sul default in vigore dal prossimo 1° gennaio rappresentano quel profilo di rigidità dell’architettura comunitaria che è stata causa di molti disastri. Sui tavoli europei il governo deve attivarsi per assicurare la massima flessibilità di norme concepite per un’epoca spazzata via dalla pandemia e che non tornerà più. 

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*Sergio Silvestrini è segretario generale della Cna

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