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Il lockdown e il crollo dei consumi elettrici. Parla Marra (Acea)

Le aziende del settore energetico sono state duramente colpite dalla pandemia a livello economico, finanziario e commerciale. Ma l'approccio customer centric, l’innovazione e la trasformazione digitale possono essere ancore di salvezza

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Roma. L’emergenza sanitaria del coronavirus ha fatto abbastanza presto, la scorsa primavera, a trasformarsi con le disposizioni anti contagio, il lockdown e le attività ridotte, in emergenza economica e sociale. E presto il mondo dell’energia è apparso agli osservatori più attenti non solo come un settore toccato al pari degli altri dalla crisi, ma anche, attraverso il monitoraggio continuo dei consumi energetici, come un indicatore privilegiato per comprendere, grazie alla correlazione diretta tra consumi energetici e pil, l’impatto della pandemia sull’economia reale. O, in altre parole, come un termometro attendibile della febbre che ha colto il sistema economico del paese. Certo, per sapere con precisione quanti giri ha perso il motore di un’azienda o di un settore come quello manifatturiero bisogna aspettare i conti alla successiva scadenza di bilancio, ma per un’istantanea della situazione basta vedere l’andamento della bolletta elettrica. Perché meno consumi vuol dire luci spente in fabbrica e impianti fermi.

 

“Purtroppo a livello globale l’intensità di caduta dei consumi elettrici è stata simile a quella della Grande depressione e non lontana da quella della Seconda guerra mondiale. E sappiamo come questi eventi abbiano duramente impattato le economie del mondo e modificato i modelli di consumo del cliente”, ci dice Valerio Marra, responsabile della Direzione commerciale e trading di Acea e presidente di Acea Energia. Le aziende del settore energetico sono state duramente colpite sia nell’aspetto economico, sia in quello finanziario, sia infine in quello commerciale. La riduzione dei consumi determinata dal lockdown ha ridotto in misura significativa il fatturato, e a parità di costi di gestione il relativo margine.

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Ma non è tutto: l’obbligo assunto dai venditori di acquistare l’energia necessaria per i propri clienti a un determinato prezzo con ampio anticipo, con il calo dei consumi ha determinato per i venditori una posizione “lunga”. Ovvero: l’energia acquistata, non rivendibile ai clienti, è stata quindi venduta sul mercato Spot, a breve, e qui il prezzo di acquisto, essendoci un eccesso di offerta, è significativamente basso (dai 50 euro dei mesi di gennaio e febbraio si è scesi al di sotto dei 30 euro durante il periodo del lockdown). Sull’energia eccedente il differenziale di prezzo tra acquisto e rivendita sul mercato Spot rappresenta quindi per il venditore una perdita secca.

 

Non va meglio, per le aziende del settore, dal punto di vista finanziario. “Stiamo assistendo a un aumento significativo dei tassi di morosità legato al lockdown. Un fenomeno – spiega Marra – dovuto sia alle difficoltà di cassa in cui versano clienti e aziende, sia a fenomeni speculativi legati alla sospensione dei processi di gestione del credito imposti dalla autorità durante il periodo del lockdown. Questo aspetto finanziario impatta significativamente sulla posizione finanziaria netta delle società di vendita”. Sotto il profilo commerciale, poi, i canali distributivi tipici del mercato dell’energia, in particolare il mondo delle agenzie e della vendita porta a porta, soffrono il nuovo modello sociale che il Covid impone. E inoltre, la propensione all’acquisto dell’energia è calato, “probabilmente – ci dice ancora il presidente di Acea Energia – in ragione del fatto che a fronte di un significativo cambiamento delle abitudini il cliente ha ridefinito le proprie priorità sugli acquisti”.

 

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L’emergenza Covid, infine, ha costretto gli operatori elettrici, al pari di tutte le altre aziende, a ridisegnare i loro modelli di gestione dell’organizzazione e di relazione con i dipendenti. “In aziende di servizio come quelle energetiche, caratterizzate da un’attività di gestione del cliente rilevante, con punti di contatto diversificati e con interazioni elevate, la gestione del Covid è stata uno stress test particolarmente significativo”, conclude Valerio Marra. “E’ emerso chiaramente che elementi come il senso di appartenenza, la cultura aziendale, un approccio customer centric, nonché una predisposizione all’innovazione e alla trasformazione digitale hanno determinato capacità di risposta differenti e distintive”.

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